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Enzo, lo chef che scappa da Como e va in Cina: "Difficile adattarsi e lavorare in questa città"

La storia e la scelta: "Sono così i comaschi non sono certo io che devo cambiarli"

Vincenzo Mastromatteo è uno chef conosciuto anche a livello internazionale. Comasco di adozione, è nato a Cernusco sul Naviglio e arrivato a Como da adolescente. Aveva 11 anni e stava per finire le scuole medie. Como era comunque la città dei suoi nonni, emigrati dalla Puglia oltre 50 anni prima. Nonostante questo legame con il territorio non si è mai adattato ed è lui stesso a raccontarci il perché della sua decisione di lasciare Como per sempre e andare in Cina. È doveroso premettere che il discorso di Enzo è basato sulle sue esperienze personali e non vuole demonizzare l'intera categoria della ristorazione a Como e lui stesso ammette i suoi limiti. 

"Non mi sono mai adattato alle persone o alla città, capirai, vivevo a Brunate dove perfino i comaschi venivano tenuti alla larga perché non brunatesi. Ma alla fine ho imparato a sopportare questo atteggiamento. Fino al 2012 le mie esperienze lavorative sono state normali, prima al Bennet (da ragazzino) per poi passare in Esselunga e iniziare la carriera di cuoco e chef girando in qualche ristorante qua e là.

Ho perfino avuto l’ambizione di aprire qualcosa di mio in Svizzera, esperienza andata nemmeno troppo male, che è stata il gancio per andare in Cina. Poi ho lavorato in Italia cercando di ricostruirmi una vita con un divorzio alle spalle. Ho iniziato un nuovo lavoro a Como dove il rapporto con i miei responsabili non era proprio idilliaco, ma tralasciamo. A ferirmi soprattutto i pettegolezzi, le critiche velate da sorrisi non troppo sinceri, insomma la classica routine del comasco medio. Pazienza, ci poteva stare: sono così i comaschi non sono certo io che devo cambiarli."

Arriva poi, nel 2012 l'offerta di lavoro per la Cina che cambierà il corso della sua vita. In Cina è tutto diverso soprattutto, ci spiega Vincenzo, per i rapporti umani. Una cruda franchezza che piace allo chef che fa una bella carriera: da un ristorantino di italiani fino ad aprire due locali suoi, insegnare cucina a 750 ragazzi con tanto di plauso del Console italiano di Guangzhou, comparse in Tv, radio, giornali e persino gare culinarie sempre in televisione. 

"Lavoravo, ero felice e anche la vita fuori dal lavoro andava benissimo. Avevo una bella casa, mi ero innamorato della mia compagna e coltivavo amicizie internazionali. Poi sono nate Giulia e Martina in Cina e li ho iniziato a chiedermi se non era il caso di tornare a casa, a Como".

Un posto dove crescere le mie figlie

"Torno a Como, torno a casa, trovo un lavoro e con lui lo stesso ambiente che avevo lasciato 13 anni fa. Nel frattempo però il mio amor proprio è cambiato, assieme alla mia autostima e alla mia preparazione professionale, senza parlare del carattere".

"Ho trovato -continua Enzo- gli stessi ambienti di lavoro, le stesse persone che ti danno risposte di mxxda quando esponi delle problematiche o parli semplicemente di cose che potrebbero essere migliorate. Ho accettato anche un'offerta in centro Como perché consona alle mie richieste e mi sono messo di nuovo in gioco, ma sono stato "tradito" dalle persone a cui avevo dato tutto in termini di fedeltà, attaccamento all’azienda e ore lavorate.

Ho iniziato a farmi delle domande e a fare delle riflessioni. In primis il mondo del lavoro nel mio settore, la ristorazione, a Como fa schifo (sfido chiunque a dirle il contrario). Anche i trasporti a Como fanno schifo: bus in ritardo, bus in anticipo, corse saltate, bus che mancano, autisti che danno risposte da rissa.

I taxi lasciamo perdere, in estate sono un miraggio, eppure nessuno liberalizza le licenze perché non vuole far scioperare quelli già presenti".

La decisione di tornare in Cina

Enzo ha deciso quindi di partire e di tornare in Cina. Per lui gli stipendi che vengono pagati a Como, nonostante le condizioni di lavoro "disumane", non bastano più a mantenere una famiglia. "Oltre a prendere stipendi da terzo mondo vieni pure trattato come nel terzo mondo. 80/100 ore di lavoro a settimana e senza fiatare, se no te ne vai. Gente a cui importa solo apparire ed i risultati si vedono. Abbiamo il lago più bello del mondo ma il resto  non è all altezza. L’unica nota positiva è il sindaco Rapinese che sta lavorando per sistemare la città e gli faccio i miei auguri.

Visto tutto e fatte le mie valutazioni, Como non fa più per me. Non è il posto in cui voglio far crescere le mie figlie, 3 anni fa lo credevo: mi sbagliavo. Ho deciso di tornare in Cina perché ho vissuto in tutti e due i posti e mi sono reso conto che lì si sta meglio. Sotto ogni punto di vista. Come molti stranieri dicono (parlo di stranieri che non scappano dalle loro nazioni), Como è bella per fare le vacanze ma non per lavorarci e viverci. Con questo non voglio "distruggere" la città. Sto solo dicendo che non sono stato in grado di adattarmi ad un ambiente simile e che quindi me vado da dove sono venuto. È un peccato. Ma è la scelta giusta da fare per la mia felicità è quella della mia famiglia. Alla fine dopo due anni mi tocca tornare da dove sono arrivato (anche dietro consiglio di molti concittadini risentiti dalle mie osservazioni più che lecite) con l’amaro in bocca per quello che poteva essere e non è stato, ma con la felicità di un bambino che sa a cosa sta andando incontro.

Ci vedremo in estate quando torno per le ferie 2/3 giorni a salutare la famiglia che resta qui !".

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