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Il Castello dell'Innominato, la rocca dei Promessi sposi

Il fascino eterno dei luoghi manzoniani

Il castello dell'Innominato, storicamente noto come rocca di Vercurago, è una fortificazione risalente al XIII secolo posizionata su un'altura al confine tra i comuni di Lecco e Vercurago, da dove si gode una bella vista sul fiume Adda, sul lago di Olginate, naturalmente su quello di Como. Secondo la tradizione popolare lo scrittore Alessandro Manzoni, nel suo romanzo I promessi sposi, si ispirò a questa rocca per ambientare la residenza dell'Innominato.

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Il castello sorge sul Tremasasso, un'altura di roccia calcarea alle pendici del monte Magnodeno abitata sin dalla prima età del ferro dalla cultura di Golasecca. Probabilmente di origine alto medievale, nel XIII secolo il castello fu di proprietà della famiglia dei Benaglio, vassalli dei Della Torre di Milano per poi entrare a far parte dei possedimenti della Repubblica di Venezia dopo la pace di Lodi. Con l'arrivo degli spagnoli in Lombardia il castello fu incorporato assieme alla Malanotte e a Somasca nel Ducato di Milano, mentre Vercurago rimase alla Repubblica di Venezia. Il castello fu distrutto più volte e dopo essere stato raso al suolo nel 1799 durante la campagna italiana di Suvorov e venne parzialmente ricostruito dai padri somaschi sul finire del XIX secolo. Nella torre del castello è ospitata la rappresentazione scultorea di un episodio della vita san Girolamo Emiliani, ultima di una serie di cappelle presenti nel complesso religioso del Sacro Monte di Somasca. 

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I promessi sposi

Secondo la tradizione popolare Alessandro Manzoni, nel suo romanzo storico I promessi sposi, prese ispirazione dalla rocca di Vercurago per ambientare la residenza dell'Innominato. Questa attribuzione, mai smentita dallo scrittore, risale almeno al 1830, anno in cui fu pubblicata una mappa della città di Lecco in cui si indicano, per prima volta in assoluto, i luoghi manzoniani tra cui «gli avanzi del castello dell'Innominato». La descrizione manzoniana del castello dell'Innominato fornisce secondo critico Ferdinando Ranalli «una confusa e arruffata immagine di quel castello», pertanto nonostante non ci sia diretta corrispondenza tra la descrizione e un castello reale, numerosi elementi di somiglianza permettono di ipotizzare che il Manzoni si sia ispirato proprio alla rocca di Vercurago per l'ambientazione dell'Innominato.

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La vicenda de I promessi sposi si svolge principalmente a Lecco, città in cui il Manzoni passò «gran parte dell'infanzia [...] e le vacanze autunnali della prima giovinezza». Secondo alcuni critici quali Domenico Bulferetti e Claudio Varese, il Manzoni basò l'ambientazione del suo romanzo su alcune sue narrazioni scritte durante gli anni che trascorse nei collegi di Merate e Lugano gestiti dai padri somaschi. In questo periodo infatti al Manzoni fu spesso assegnata la scrittura di temi descrittivi di vedute e paesaggi da lui osservati durante le vacanze autunnali. Nella permanenza al collegio inoltre i padri lo istruirono sulla vita di san Girolamo Emiliani, illustrandone i luoghi e quindi anche Somasca, di cui si trova una descrizione nel XVI capitolo dei Brani inediti dei Promessi Sposi.

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«Il castello dell'Innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti, ed è, non si saprebbe dir bene, se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la valle è la sola praticabile; un pendìo piuttosto erto, ma uguale e continuato; a prati in alto; nelle falde a campi, sparsi qua e là di casucce. Il fondo è un letto di ciottoloni, dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione: allora serviva di confine ai due stati. I gioghi opposti, che formano, per dir così, l’altra parete della valle, hanno anch’essi un po’ di falda coltivata; il resto è schegge e macigni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche cespuglio ne' fessi e sui ciglioni.»

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Così come «il castello dell'Innominato era a cavaliere a una valle angusta e uggiosa» anche la rocca di Vercurago si trova in posizione dominante rispetto alla valletta dove san Girolamo costruì i ripari per i suoi orfani. Guardando il Tremasasso dal lato opposto dell'Adda questo appare come «un poggio che sporge in fuori da un'aspra giogaia di monti», impressione avuta anche da altri autori precedenti al Manzoni. Per raggiungere la rocca da Chiuso era necessario percorre un «pendìo piuttosto erto, ma uguale e continuato» al fondo del quale si trovava il letto di un ruscello che scorreva in val Busa e segnava il confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia.

I padri somaschi e la conservazione del sito

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Il 26 ottobre 1628 il castello venne ceduto dalla famiglia Limonta di Vercurago ai Padri somaschi. Il castello venne definitivamente distrutto durante la guerra tra Napoleone e l'Austria. Nel 1802 Napoleone decide di unire i comuni di Somasca e Vercurago in un unico comune assegnando anche la rocca al mandamento di Bergamo e alla Diocesi di Bergamo. Tra l'Ottocento e il novecento il castello subì diversi rimaneggiamenti, venne costruita una croce ferrea, sul luogo di una preesistente croce cinquecentesca, dedicata nel 1976 al cappellano di guerra Giovanni Battista Pigato, appartenente all'ordine dei chierici regolari di Somasca e sepolto nel piccolo cimitero de "la Valletta". Dal 22 ottobre 2017 il castello ospita l’esposizione permanente “La Rocca dell’Innominato tra paesaggio, storia e letteratura”. Nel dicembre 2019 si sono svolti i lavori di restauro del complesso.

La struttura

Per giungere al castello dell'Innominato passando da "la Valletta" è necessario percorrere una scalinata di 150 gradini scavata nella roccia e realizzata dall'architetto don Antonio Piccinelli nel 1898 seguendo le tracce di una scala di origine medievale, è anche possibile aggirare il Sacro Monte di Somasca tramite una via più antica detta via di sass. Giunti nel prato all'ingresso del castello è presente un cippo di confine settecentesco anticamente utilizzato per la divisione tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano e che oggi funge da confine per i comuni di Vercurago e Lecco.

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L'ingresso è costituito dalla cappella di Sant'Ambrogio, un edificio di origine medievale ricostruito dall'architetto Antonio Piccinelli nel 1895, e da un muro parzialmente originale che sviluppa lungo il perimetro sinistro del castello e in cui si notano gli sfregi delle cannonate del 1799 lasciate dai cannoni russi. Sul muro di fondo si trova una la cappella di San Girolamo, undicesima delle cappelle del Sacro Monte di Somasca e realizzata all'interno di una torre ricostruita nel 1897 dal Piccinelli così come il muro perimetrale alto circa 1,10 m. All'interno del castello è presente un crocione in ferro risalente alla fine del XIX secolo dedicato dagli Alpini al cappellano di guerra Giovanni Battista Pigato.

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