Gelfini e Brunialti rileggono Closing Time all'Officina della Musica
Un pianoforte che ha visto tempi migliori, un contrabbasso, l'aria di un uomo vissuto di almeno 54 anni (invece ne aveva 30 di meno), canzoni che parlano di vecchie automobili, amori senza speranza per cameriere e vecchie fiamme, gelatai... scarpe vecchie e cartoline illustrate. Tom Waits si presentò così, 50 anni fa nel 1973, con Closing Time, un album che passò largamente inosservato (l'autore ne trovò una copia che si squagliava al sole del deserto abbandonata lungo i binari del treno, raccontò). Per celebrare l'inizio di una carriera unica e straordinaria, la pianista Alessandra Gelfini e il giornalista Alessio Brunialti, ripercorrono quelle prime canzoni di un grande della canzone d'autore americana.
Oggi, nonostante il suo mezzo secolo sulle spalle, Closing Time è un disco che non invecchia più. E non era certo facile, ci riescono solo i geni a infilare al debutto discografico (grazie ad Herb Cohen) uno dietro l’altro scuri gioielli notturni come Ol’55, Old Shoes, Martha, Rosie, intensi nelle loro interpretazioni e profondi nei loro testi. Tom Waits è sempre chino sul piano, alza i tacchi e abbandona il suo bicchiere di whiskey solo quando accende la luce per Ice Cream Man, ma è solo un attimo prima di svanire nelle tenebre fumose della notte trascinato dai fiati che soffiano leggeri sulla meravigliosa chiosa che dà il titolo a un album che profuma come un Barolo d'annata stappato in cantina.