Punto cottura pasticcio enorme. Ma Lucini non può essere sempre l'ombrello per gli errori altrui
EDITORIALE - Bisogna dirlo chiaramente: quello del centro di cottura unico è un pasticcio imperdonabile e un fallimento (almeno temporaneo e specifico) pesante che va ascritto alla giunta di Como. Non è veramente possibile imporre a decine e...
Se si potesse sempre scaricare ogni responsabilità sui tecnici, sui funzionari e sui dirigenti addossando loro ogni responsabilità sempre e comunque, allora non servirebbe andare a votare. Si potrebbe comodamente rinunciare ad eleggere rappresentanti dei cittadini che poi o assumono direttamente incarichi nell'esecutivo o comunque, indirettamente e tramite le scelte del sindaco, vengono chiamati dall'esterno a farlo (altro grande tema di questa giunta, l'essere infarcita di assessori alieni dalla prova elettorale e dunque da qualsivoglia legame fiduciario e diretto con la popolazione). In sostanza, si potrebbe abiurare alla politica, cioè alla visione peculiare e particolare che una squadra (la giunta) e il suo capitano (il sindaco) - assieme al pubblico (il consiglio comunale) - devono infondere nelle scelte di governo.
Quindi, delle due l'una: o prendiamo per buona la tesi strisciante e propalata in più occasioni anche da alcuni assessori che questa amministrazione (dalle paratie ai lavori stradali, dalle questioni tributarie al centro cottura) è sostanzialmente guidata unicamente dal potere dei dirigenti, dalle loro scelte, dalle loro specifiche visioni, delle loro capacità più o meno elevate, ma allora il giudizio sull'utilità e l'incisività di questo esecutivo sarebbe necessariamente devastante; oppure usciamo da questa visione certamente non del tutto irrealistica ma probabilmente eccessiva, falsante la realtà e in taluni casi fors'anche di comodo, e assegniamo a sindaco e assessori il ruolo che devono avere - cioè decisori e artefici principali dell'attività comunale - distribuendo loro contemporaneamente, in un'ottica ovviamente collegiale ma poi calando i fatti sui singoli nomi e cognomi, meriti, responsabilità e colpe nelle singole vicende.
Ebbene, qui si propende assolutamente per la seconda tesi. E questo significa, tornando al flop del punto cottura, che non può essere sempre e solo il sindaco di Como, Mario Lucini, a dover per forza pagare per tutti, a dover mettere la faccia per tutti, a prendere per tutti gli schiaffi dell'opposizione, i "vaffa" dei cittadini e i sermoni giornalistici come questo. Certo, il sindaco - soprattutto questo sindaco - ha voluto più di altri mantenere mano libera nella formazione della sua squadra e l'ha ottenuto. Dunque, anche se di rimando, la responsabilità (nel bene e nel male) di chi oggi è nei posti di comando di Palazzo Cernezzi fa comunque capo a lui. Però Lucini è un primo cittadino, non una balia o una tata (pur se anch'egli, a volte, tende a immedesimarsi troppo in quei ruoli).
Ciò significa che se un assessore (tra l'altro vicesindaco) ha la delega alle Politiche scolastiche e porta in giunta l'accelerazione sul punto di cottura, allora lei - Silvia Magni - ieri sarebbe dovuta essere in Comune a spiegare lo stop, mettendoci volto e parole. Così come se un assessore ha la delega alle Opere pubbliche e a lei fa capo il dirigente che ha realizzato la stima sbagliata sui costi, sarebbe dovuta essere lei (Daniela Gerosa) a motivare le ragioni di un simile errore. E infine, anche la presenza dell'assessore che ha in mano le redini del Personale - ossia Savina Marelli - non sarebbe certamente stata inutile. Come sarebbe stato utile poter interloquire con i tecnici che per due mesi hanno preso parte con ruoli importanti alle serate pubbliche sul tema.
Invece no, esattamente come quando c'erano le mamme inferocite in consiglio comunale, è stato il sindaco a dover sbrogliare la matassa, ad affrontare a viso aperto mamme e papà nelle sale attigue a quella principale, a spiegare e prendersi ogni responsabilità. Così come in aula, durante il dibattito, è stato sempre e solo Lucini a garantire che giunta e maggioranza non venissero travolte da dubbi, incertezze, passi falsi e proteste. Insomma, un sindaco-ombrello - non solo su questa vicenda - che però, per concludere, così non fa del bene a nessuno. A sé stesso, autoriducendosi (non di rado ingiustamente) sempre più a unico parafulmine per ogni tema e danneggiando (almeno fino a che i risultati complessivi non saranno migliori) l'immagine spendibile per l'eventuale bis nel 2017; e poi alla sua giunta, a cui viene tolta via via ogni autorevolezza e ogni capacità di rappresentare attraverso i singoli componenti altrettanti spicchi effettivi di responsabilità e autonomia decisionale, con annessa credibilità, soprattutto nei momenti difficili (che sono sempre quelli che fanno la differenza tra un politico di razza e un taglianastri).
Manca una manciata di settimane alle elezioni 2017. Al netto della certezza che saranno le paratie a dire una parola definitiva su questo mandato, da quanto accaduto ieri il centrosinistra comasco - dentro e fuori il Palazzo - avrebbe moltissimo su cui riflettere. Non sarebbe male iniziare subito, visto come passa il tempo.