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Cronaca

Nicola, l'Aurora e il tramonto con gli occhi da bambino dell'Umberto in scarp de tennis

Lui era lì, sul sagrato della chiesa di San Teodoro di Cantù, prima della cerimonia e dopo la cerimonia. Come un invitato qualunque, quello puntualissimo venuto pettinato alla buona dal paese di fianco. Un paese qualunque, non essenziale ai...

Lui era lì, sul sagrato della chiesa di San Teodoro di Cantù, prima della cerimonia e dopo la cerimonia. Come un invitato qualunque, quello puntualissimo venuto pettinato alla buona dal paese di fianco. Un paese qualunque, non essenziale ai destini del mondo. Giacca blu un po' troppo comoda, camicia azzurra botton-down, niente cravatta, pantalone grigio per due, scarpa sportiva e persino civettuola. Non di rado, solo. Senza codazzi, senza bodyguard attorno, senza assedio di famelici o scalcagnati reporter. Non c'erano notizie da cavare da quell'uomo, stamattina. Solo ricordi, al limite.

Il sigaro. Quello sì. Quello non è sparito mai. Sempre issato un po' incerto tra le labbra sottili, quasi a ridurre la sosta nuziale nella Casa del Signore a pausa eccessiva e compìta tra una boccata nebulosa e l'altra. Il braccio sinistro troppo composto lungo il corpo smagrito e il sorriso inclinato erano i bagliori più chiari della malattia che ha incessantemente stancato la carne di un uomo che - piaccia o no - ha cambiato forse per sempre la politica nel Nord Italia e non soltanto. Era questo l'Umberto Bossi che - diligente come un soldato, lunghissimi silenzi rotti solo da roche e spordiche saette vocali - ha seguito il giorno più bello di uno di quei giovani, Nicola, che oggi è cellula di salvinismo purissimo ma dentro ha le stimmate del Capo. Né Aurora, né alba politica senza di lui.

Impossibile nascondere, da cronista, il senso quasi di disagio quando attorno a Bossi non c'era nessuno. Visto personalmente arringare enormi folle comasche e padane come il leone che capovolge il rapporto coi domatori, veniva da avvicinarsi a quell'omino oggi così laterale in tutto. Magari per fare un'intervista così, nemmeno da pubblicare, solo per rimettere il vecchio condottiero al centro o rituffarsi un attimo negli anni della gioventù di entrambi. No, non rovinate tutto con pensieri inutili: non c'entrano nulla le idee politiche in senso stretto. Stamattina erano l'uomo in sé e il suo corpo da antico leader che catalizzavano i pensieri. Null'altro, se non forse la cronaca politica degli ultimi 20 anni di Belpaese (Padania inclusa).

L'uomo che avrebbe dovuto tagliare l'Italia, comandare l'avanzata delle falangi padane dalle valli bergamasche a Roma e compiere altre infinite e immaginifiche rivoluzioni politiche non ha forse realizzato granché di pratico. Eppure - sì, questo è un omaggio - rispetto a tanti tracotanti ventri inauguratori o a piccoli epigoni rottamatori più simili a sfasciacarrozze, l'Umberto sarà probabilmente nei libri di storia. Anche per dirne male, magari. Ma per dirne molto. Non capita a tutti.

E'vero: stamane non è bastato che l'Aurora baciasse Nicola per cancellare il Tramonto che avvolgeva Bossi. Eppure, quando l'omino in scarp de tennis ha riposto lo spadone e con gli occhi sorridenti di un bambino ha lanciato il riso agli sposi, un po' scomposto, gioioso pur senza alcuna centralità nella scena, la fragilità delle umane cose ha restituito una tale fierezza gentile all'anziano Umberto che il lento ma implacabile calar del sole sulla sua cima dovrà essergli per forza più dolce.

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