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San Patrignano, la difesa d'ufficio dell'avvocato Maesani

"Non vidi catene né ceffoni pur sapendo che catene e ceffoni a Sampa c'erano stati e forse c'erano ancora"

La serie dedicata alla comunità di San Patrignano e al suo padre padrone Vincenzo Muccioli continua a far discutere. Comunque la si pensi è stata una delle esperienze più toccanti degli anni '80. Un decennio in cui il dramma dell'eroina e poi dell'aids erano esplosi in tutta Italia. SanPa, la docuserie trasmessa da Netflix ha inevitabilmente riportato alla luce tutti i problemi di allora. Inevitabilmente. come in ogni questione popolare, c'è chi difende Muccioli e il suo progetto e chi lo attacca per i suoi metodi non sempre trasparenti. Quello che appare evidente, al di là di ogni ragionevole dubbio, è l'assenza dello Stato. Da qui si è sviluppata una sorta di zona franca in cui Muccioli ha agito con i suoi metodi, giusti o sbagliati che fossero. Il documentario ha messo in luce anche il ruolo di Gian Marco Morati e di sua moglie Letizia Moratti, neo-assessore al Welfare lombardo, che della comunità di San Patrignano sono stati sostenitori e finanziatori. 

Sulla questione è intrevenuta ieri, pubblicando un lungo post sulla sua pagina Facebook, Patrizia Maesani, avvocato ed ex consigliere comunale, ma soprattutto donna da sempre impegnata nel sociale a Como. Pur non avendo visto (e non lo vedrà) SanPa, ha voluto riportare i suoi ricordi legati a quella lunga esperienza di lotta alla dipendenza da eroina e al dramma delle comunità lasciate solie. La riportiamo integralmente 

"Arrivare lì non era stato facile. Era prevedibile, entrare in una comunità terapeutica come tesista, per giunta sui casi di affidamento in prova alla comunità in alternativa al carcere poteva portar scompiglio o destare una certa diffidenza. Muccioli era stato assolto definitivamente da pochi mesi dalla Cassazione (marzo 1990) mai io quel giorno di luglio mentre salivo zaino in spalla la collina che porta a Coriano, gli atti del processo li avevo letti ed avevo posto un'infinità di domande alla mia relatrice sul difficile concetto della revoca del consenso, concetto sui cui erano ruotate le tre tappe processuali. Quella salita sembrava non finire, il sole era quello della Bassa in estate che come descriveva il buon Guareschi "picchia in testa e spacca i cervelli". Dopo un tornante mi apparve una fila infinita di ragazze e ragazzi o meglio di quasi cadaveri. A renderli così erano l'eroina e l'Aids che in quegli anni maledetti imperversava. Andrea al telefono mi aveva detto "vedrai un po' di persone fuori dal cancello. Tu arriva al citofono e chiedi di chiamarmi" . Dal momento del mio ingresso fui affiancata da un cd angelo custode. Con quel nome o altri sinonimi ironici veniva chiamato l'ex tossicodipendente che affiancava il percorso delle persone sottoposte a recupero. Era mezzogiorno ed entrammo in mensa Un enorne e luminoso spazio dove sedevano 2000 persone in contemporanea.

Non vidi catene né ceffoni pur sapendo che catene e ceffoni a Sampa c'erano stati e forse c'erano ancora. Quando incontrai Muccioli compresi che quest'uomo istrionico e carismatico aveva molto probabilmente tanti difetti ma su due cose era difficile dargli contro. Era stato fra i primi a capire che l'eroina si stava portando via una generazione, per giunta aiutata dall'Aids e che lo stato se ne stava bellamente fottendo. I ricchi mandavono i figli eroinomani negli anni 70 in clinica a Londra o in un kibbutz in Israele ma se eri figlio di un povero Cristo eri solo e con te era sola la tua famiglia devastata da un problema enorme. Non dimentichiamo i padri o le madri che si erano uccisi. Alcuni genitori chiedevano aiuto alle forze dell'ordine denunciando i figli. Non capivano né sapevano che il carcere non era la strada per recuperare queste persone. In questo quadro desolante dove la politica a dx come a sx faceva errori madornali che servivano solo ad ingrossare la mafia e rincoglionire a botte di metadone questi ragazzi apparve lui, Muccioli. Da alcuni definito un criminale, da altri un "patacca" da altri un Santo. Per me, arrivo quindi alla seconda cosa che riconosco a Muccioli, era un uomo con un empatia molto forte. Un visionario senza il senso del limite.

Dopo San Patrignano approdai da Don Picchi. Altri metodi, apertura versi gli psicologi, aiuto al reinserimento sociale e supporto alle famiglie. Discussi non poco con la relatrice, che me la fece pagare per le mie critiche a Muccioli sul metodo. Però nella mia tesi di laurea scrissi a chiare lettere che Muccioli non poteva esser liquidato da una brutta prima pagina di Cuore (giornale satirico di allora). Muccioli aveva capito il dramma che si stava spazzando via vite umane ed a suo mondo aveva sollevato il coperchio della pentola.

No, non guarderò Sampa ma non per altro, perché trovo inutile una cronaca di fatti decontestualizzata e volutamente di parte. Ricordo a tutte le anime belle a sx e dx che Muccioli non certo un antiproibizionista accolse Pannella organizzando a Sampa un convegno proprio sul tema. Ne' Muccioli né Pannella mai si sottrassero al confronto ed al tentativo di trovare una soluzione comune, erano consapevoli che il problema esisteva e necessitava di azione preventiva e di recupero. Entrambi si batterono affinché la legge Gozzini venisse modificata e venisse data con la comunita' una seria alternativa al carcere. Dagli anni 90 siamo ripiombati negli anni 70. La solita guerra fra bande incapaci di confronto e proposta comune. Fazioni di parolai incapaci di vedere allora i morti di Parco Sempione ed ora quelli di Rogoredo.

Oggi, con il ritorno alla grande dell'eroina mi attendo un film sugli errori del passato per evitare nel presente di ripetere ossessivamente lo stesso tragico copione, con le Comunità lasciate sole o con Comunità beneficiate dalla politica e dai soldi pubblici che invece dovrebbero esser beneficiare di provvedimenti di chiusura immediata". 

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