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Da Canzo a Milano in sei ore: treno guasto, corsa interrotta e poi soppressa. Il lucido racconto

Il racconto lucido di un passeggero del treno che da Canzo avrebbe dovuto portarlo a Milano lo scorso 8 dicembre.

Anche nei giorni festivi ci sono stati problemi con alcuni convogli di Trenord e dalle pagine del Blog Il treno della Domenica, arriva un racconto tragico, lucido di un passeggero del treno che da Canzo avrebbe dovuto portarlo a Milano lo scorso 8 dicembre. Partenza alle 16.35, arrivo a casa alle 22 circa. Sei ore in balia di rallentamenti, cambi e speranze vane. Nell'ordine a incidere sul ritardo sono stati un guasto a Inverigo, la corsa interrotta a Seveso, e l’abbandono definitivo del treno a Paderno Dugnano. Il racconto è di Xavier Vigorelli:

Il racconto: pompieri, polizia e nessuna informazione

"Alle 16.35 di un freddo e soleggiato Sant’Ambrogio il treno regionale parte puntuale da Canzo per Milano. È pieno ma pulito e il riscaldamento funziona a dovere. A Inverigo il treno si ferma, viene annunciato un problema alla linea aerea, che i più interpretano come linea elettrica. Sospiri diffusi si levano tra i passeggeri ma la speranza di un ritardo breve è ancora solida. Dopo mezz’ora il treno riparte. Il tempo di pensare che la cena non salterà ed ecco che arriva la stazione di Seveso e con essa un altro annuncio.

“Il treno finisce la corsa, si prega di scendere”. La confusione iniziale dura poco. Sul binario di fronte sosta il suburbano da cui scende una giovane ferroviera molto gentile, che invita a salire al caldo del suo treno in attesa di aggiornamenti. I corpi ricurvi dei pendolari del regionale attraversano il binario e vanno ad aggiungersi a quelli del suburbano. Dopo un’attesa breve per chi non ha niente da fare, ma lunga per tutti gli altri, il treno parte. Il pendolare pensa che arriverà in ritardo ma pur sempre per cena, niente di grave.

Pochi minuti dopo il treno si arresta. Sembra uno scherzo ma non lo è. Passa la capotreno in corridoio, col cellulare in mano. Coraggiosa la capotreno. Non ripasserà più. L’ottimismo inizia a scemare. Nessuno protesta. Il fatalismo ha plasmato negli anni il pendolare Trenord. Il treno riprende a passo d’uomo, accelera un poco, si arresta.

Verso le sette di sera l’S4 si ferma nel nulla, cento metri prima della stazione di Paderno. I passeggeri intabarrati nei loro cappotti non lasciano trapelare niente dal loro sguardo. Tanto cosa cambia?"

Passano interminabili minuti e poi arriva un avviso al microfono che non annuncia però alcuna soluzione o spiegazione ma solo di non scendere dal convoglio perché è vietato scendere dal treno fuori dalle stazioni.

"Poco prima delle otto di sera la voce all’interfono annuncia “Stanno arrivando i soccorsi”. Molto tranquillizzante. Cosa c’è? Un incendio? Un’esplosione? Una fuga di gas? La voce torna a parlare per chiedere se a bordo ci sia un agente di pubblica sicurezza e lo prega di recarsi in prima carrozza. Il navigato pendolare non si scompone. Il pericolo è a poche carrozze di distanza. Non c’è ancora da preoccuparsi.

Alle otto compare da lontano la luce lampeggiante delle sirene. Sono i pompieri. Viene aperta una porta in fondo al treno e si forma in corridoio un flusso ordinato di corpi. Un pompiere aiuta a scendere i meno agili. Si cammina sul pietrisco della massicciata al buio, fino alla stazione di Paderno. Si raduna una folla di qualche centinaio di persone. Nessuno sa niente, nessuno avvisa di niente, ma tutti confidano che presto arriverà un pullman sostitutivo.

Si aspetta al freddo. Si sentono colpi di tosse. I virus ringraziano. La speranza di cenare è ormai svanita. I minuti scorrono. Il tabellone riporta solo che il treno ha 115 minuti di ritardo. La voce continua a ripetere l’unica informazione che tutti sanno già: il treno è soppresso. A un certo punto una signora esce di corsa dalla sala d’attesa. Grida che ha visto un pullman. Ma no, è un’allucinazione. Qualcuno, in ordine decrescente di conto corrente bancario, inizia a chiamare un taxi.

La folla sul marciapiede si assottiglia col passare dei minuti. Passano macchine private di parenti e amici, disturbati all’ora di cena; passano taxi, passano Uber. Alcuni passeggeri si mettono d’accordo per pagare un taxi collettivo fino ad Affori.Una pattuglia della polizia fa presenza, non si capisce a che scopo. Chi perde la coincidenza, chi la cena con gli amici. Chi ha i figli piccoli che lo aspettano. Chi si deve svegliare l’indomani all’alba, chi ci deve andare adesso. Il sole cala su un’altra normale giornata del pendolare Trenord"

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