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"L'acciaio che riflette le paure". E Bollini scrisse il miglior pezzo di sempre su Libeskind

Il "pezzo" non è di facilissima lettura. Ma comunque merita un'ammissione: se l'architetto Michele Bollini non avesse vestito (anche in maniera sagacemente e scientemente provocatoria) i panni dell'ultras pro-Libeskind, talora ciecamente e...

Il "pezzo" non è di facilissima lettura. Ma comunque merita un'ammissione: se l'architetto Michele Bollini non avesse vestito (anche in maniera sagacemente e scientemente provocatoria) i panni dell'ultras pro-Libeskind, talora ciecamente e fideisticamente tanto quanto il popolo dei contrari, forse il dibattito intorno a quell'opera sulla diga sarebbe stato diverso. O almeno lo sarebbe stato per chi scrive, senza dubbio. E' il potere delle argomentazioni, del ragionamento, dello studio e della capacità di trasmetterlo. E' - finalmente! - comunque la si pensi sull'opera (qui non c'entrano la procedura, le polemiche e gli Amici di Como, vi prego) un pensiero. Che può essere condiviso o fatto a pezzi, la scelta di ciascuno resta insindacabile. Ma quel pensiero mette al centro la riflessione e spedisce in cantina, per un pochino almeno, i tweet, il celodurismo fine a se stesso e gli slogan "bello-brutto". Ognuno resti della sua idea sull'opera. Ma la lettura è comunque consigliata. Di seguito, lo scritto integrale di Michele Bollini.

Libeskind bollini scomodi-4L’ACCIAIO CHE RIFLETTE LE PAURE Il 2 di Ottobre, alle ore 18.00, si inaugura "Life Electric", l'opera di Daniel Libeskind per Como, un pezzo d'acciaio chirurgico, alto 15 metri, posto in fondo alla diga foranea. In questi mesi, noi Architetti, ci siamo continuamente ripetuti che cosa fosse, se fosse più o meno necessario, più o meno bello, se fosse utile o inutile, opportuno o sconveniente. Dopo i fasti del Razionalismo, siamo tutti piombati in una sorta di sindrome di Stendhal. Al cospetto di quelle opere straordinarie, ci siamo paralizzati, arrivando perfino a mistificarle, citandole in tutto, o quasi tutto, quello che siamo riusciti a produrre artisticamente. Le abbiamo elette a simbolo, segno di riconoscimento,rappresentandole continuamente. Coagulando attorno a loro, nel corso degli anni, un insieme vario e coordinato di contenuti valoriali e convincimenti radicati. Lo abbiamo fatto soprattutto nelle forme di rappresentazione sociale dove, l’identificazione con un SIMBOLO, costituisce una certa visione del MONDO LINEARE, produce associazioni, movimenti e gruppi che da esso dipendono, in maniera più o meno diretta. Alla base della “COSTRUZIONE SIMBOLICA”, attraverso la quale si perviene a stabilire che un certo oggetto, ad esempio, divenga un simbolo, vi è una teorizzazione che considera opportuna una certa scelta simbolica invece di altre. Ci siamo immersi in questi universi, che tutto spiegano e motivano. Ma ogni universo simbolico è il risultato di un’oggettivazione sociale che porta a considerare una certa idea o rappresentazione come unica, la sola credibile, non contestabile. Chi stabilisce che questi simboli siano effettivamente quelli credibili e che siano soprattutto gli unici? Siamo ancora noi, come individui, che cerchiamo attraverso l’opinione pubblica, le certezze convergenti verso un medesimo orientamento e non verso altri orientamenti possibili o immaginabili. libeskind-giorno-18Da qui le nostre PAURE su LIFE ELECTRIC. Un oggetto che mina i nostri universi simbolici, che ne mette in discussione la loro credibilità. Non è bianco, non è lineare, non si pone in modo razionale alla ragione dello spettatore, non ritroviamo nessun riferimento ad alcuna sezione aurea, è disegnato da un ESTRANEO. Non ci riconosciamo al suo cospetto poiché in essa, non ritroviamo rappresentati i nostri valori, è semplicemente un’altra cosa, parte da altri presupposti, da altre teorie che non riconosciamo come credibili. Soprattutto non è riconoscito dai nostri abituali “OPINION LEADER” cioè, coloro ai quali, abbiamo demandato la funzione sacerdotale della celebrazione dei nostri valori riconosciuti. E’ l’aspetto più interessante dell’opera di Libeskind che ci siamo persi, accecati dai riflessi di una forma, ci siamo persi la straordinaria opportunità che si cela dietro di essa. casa-fascio-1Daniel Libeskind a Como è quanto di meglio ci si possa augurare per la storia dell'Architettura di questa Città, tra le poche ad avere la fortuna di spingersi oltre i propri universi simbolici, mettendosi finalmente in discussione, accettando una sfida contemporanea, “COSTRUTTIVA” e “DECOSTRUTTIVA”, provando l’ebrezza di accostare, ai propri simboli, ai propri valori, teorie diametralmente opposte, presupposti diversi, nuovi scenari, nuovi contenuti. Non è di un’opera che sto scrivendo, non scrivo di Volta o di San Pietroburgo, piuttosto di un'occasione, una possibilità, un cambiamento, una crescita. Questo è quello che più mi interessa di Life Electric, un pezzo di acciaio che riflette la nostra immagine, obbligandoci a guardare dentro di noi, dentro le nostre coscienze, le nostre paure, dentro i nostri dubbi e, soprattutto, dentro le nostre certezze, alle quali ci siamo faticosamente ancorati. Ci proietta in una dimensione sconosciuta, stimolante, eccitante, nella quale possiamo crescere, guardare al futuro, sognarlo, immaginarlo. Pensare finalmente a noi stessi come individui, guardare alla nostra vita sociale non come spettatori di un sistema universalmente riconosciuto ma come attori principali di un nuovo sistema possibile.

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