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Arte

Historjá accompagna le voci dal paesaggio nordico, nuova mostra attesa in Pinacotea

Un grande documentario per entrare nel clima della mostra

Organizzata dagli architetti Davide Adamo e Marina Botta insieme al Comune di Como, l'11 aprile inaugura in Pinacoteca a Como la mostra  “Voci dal paesaggio nordico”, che sarà possibile visitare fino al prossimo 13 ottobre 2024. Per accompagnare il clima dell'evento dedicato agli artisti svedesi Britta Marakatt–Labba e Lars Lerin, venerdì 12 aprile è stata organizzata al cinema Astra di Como la proiezione del film Historjá diretto da Thomas Jackson.

La proiezione sarà preceduta alle ore 20.00 dall'Esibizione di Elisabeth Heilmann Blind ispirata alla più antica espressione drammatica degli Inuit in Groenlandia. Evento realizzato con il contributo di Region Norrbotten. Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Lars Lerin

In merito al documentario, il critico cinematografico Alberto Cano, che presenterà la pellicola insieme al regista, ha scritto un testo che pubblichiamo di seguito. 

HISTORJÁ

Punti per la terra dei Sami (di Alberto Cano)

Il film di Thomas Jackson è un film dal grande respiro analitico ed emozionale, capace di riunire dimensioni molto lontane, sentimenti molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio. A dominare la tabula rasa della natura, come appare nelle bellissime sequenze dedicate agli immensi bianchi e silenzi dell’Artico e i leggeri movimenti della sua natura primigenia. In questo orizzonte si muovono i Sami, i Lapponi, popolo indigeno sulla sommità del mondo, al limite settentrionale d’Europa, che difendono da tempo i propri spazi vitali lungo le frontiere di quattro stati, Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, nel consueto ruolo di conquistatori.

Al centro del racconto, la luce delle opere di Britta Marakatt-Labbe, una produzione artistica, indissolubilmente legata alla cultura di quelle popolazioni e a quel paesaggio, frutto della miscela tra antiche usanze, miti, tradizioni orali, storie personali, cronache recenti, di un’artista da sempre ferma sostenitrice dell’autodeterminazione di quella terra. 

Il film di Thomas Jackson segue le sue tracce, quelle delle sue memorie e della sua arte, processo alchemico di trasformazione e sublimazione di quelle memorie, per condurci, con uno straordinario senso del cinema, a sentire, a vivere, il respiro epico e mitologico del racconto. Uno sguardo che, intrecciando la contemplazione dei paesaggi, le riflessioni a voce, le immagini d’archivio, dialoga incessantemente con lo sguardo di Britta e i suoi suggestivi e poetici ricami, sottolineando come la sua arte nasca dalla natura di quelle terre.

In gioco non c’è solo la salvaguardia di un mondo ma la salvaguardia di un modo, di un procedere che si pone innanzitutto all’ascolto della vita.  È su questo crinale che si apre il confronto contrastante tra le civilizzazioni originarie, quella dei Sami come quella di tutti i popoli strettamente connessi alla terra e ai suoi riti, e la civilizzazione del dominio tecnologico, che nulla ascolta e poco vede.

Un film che miscelando tante storie diventa una riflessione universale sulla vita naturale e la dimensione antropologica, guidata da una sensibilità preziosa: non c’è mai sovrapposizione tra i differenti elementi che la compongono, hanno sempre il loro spazio, articolato e ben definito; le immagini della natura, tra la magnificenza e l’abisso del suo collasso, i segni del passato e l’arte di Britta si inseguono e si fondono, in un linguaggio chiaro, attento e vivo. 

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Uno sguardo che si rispecchia e si amalgama con i modi, i tempi, la luce, lo spirito di quei luoghi e che partendo da quell’incanto si trasforma in arte, riconducendoci a quella sapiente percezione dove forma e sostanza si fondono. Il paesaggio cinematografico si fa allora immagine che contiene tutte le stratificazioni, le tappe, le sedimentazioni, le tracce di ieri e di oggi ed anche i segni del suo divenire, rendendo evidente come la natura e la storia umana siano attivamente e contemporaneamente presenti, connesse. 

Un’alchimia che si condensa in una dimensione sospesa, quasi assoluta, come sospese e assolute sono le sequenze finali, le pianure glaciali, le nuvole, il cielo, che rimandano, con le suggestive musiche di Eirik Haynes, un’eco quasi religiosa, dove tutto è riunito, qualcosa che non si può verbalizzare, uno spazio di silente verità, uno spazio sciamanico.

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