rotate-mobile
Editoriale

Ticosa, simbolo di una città incapace di bonificare le sue paure

Milano vola, Como è ferma: da oltre 20 anni strozzata dai soliti problemi irrisolti

Se è vero, come ricorda una celebre canzone dei Morcheeba che Roma non è stata costruita in un solo giorno, è pur vero che Milano in 10 anni è stata ribaltata come un calzino: oggi è l'unica città d'Italia che tiene il passo delle altre capitali europee. Interi quartieri sono rinati grazie all'arrivo della metropolitana e più in generale diverse aree depresse ora luccicano: basti pensare a City Life o alla Biblioteca degli alberi dove sembra di stare a New York.

Fin troppo facile dire che Como non si può paragonare alla metropoli, ma sarebbe altrettanto banale giustificare così oltre 20 anni di immobilismo, decenni in cui una vera e propria capacità progettuale non si è mai vista. O meglio, un bagliore lo si è anche avvistato, perché l'ex Trevitex a Camerlata e la rivoluzione pedonale di piazza Grimoldi e dei Portici Plinio vanno pur riconosciute all'ex giunta Lucini, che se non fosse stato "distratto" dalle maledette paratie... chissà. Aggiungiamoci pure piazza Verdi, restituita qualche anno prima alla città dopo essere stata sottratta alle auto grazie ad un benedetto colpo di scure al cedro che fece tanto discutere. Per il resto un nulla cosmico, che trova nella questione Ticosa il suo apice, dando per scontato (ma ci credono in pochi) che Regione ci restituisca il lungolago nei prossimi anni.

Dopo essere rientrato in possesso dell'area Ticosa, il Comune è da capo: la bonifica richiede altri soldi, 4 milioni per l'esattezza, come stimato dall'assessore Marco Galli, che porteranno il totale della spesa 9 milioni. Tanti soldi, vero. Ma soprattutto tanti anni per non avere ancora nulla, nemmeno quel parcheggio in cui molti speravano dopo che il progetto di Paolo de Santis è stato prontamente affossato, a dimostrazione che una visione più strutturata fa sempre paura a questa città.

Qualcuno ricorderà l'enfasi pirotecnica con cui l'ex sindaco Bruni, allora affiancato dall'ex governatore lombardo Formigoni, nel 2007 diede il via alla demolizione del Corpo C della Ticosa. Fuochi d'artificio diventati subito fatui. Restano ancora le macerie, quelle sì. 12 anni passati a diluire promesse nel cuore dei comaschi che anche quest'anno dal diamante Ticosa non vedranno sorgere nulla,  neanche una una banalissima spianata a righe blu per le auto.

Non solo Como non cambia, ma fa persino fatica a mettere i cerotti alla sua vecchia pellaccia, tenuta in vita, Dio lo benedica, dal quel Lago di Como sempre più amato in tutto il mondo. Pensiamoci bene: il Politecnico è scappato, l'archivio Moderno di Mendrisio è andato a Varese, il Politeama crolla, il lungolago è un colabrodo, la Ticosa è una giungla, Villa Olmo viaggia come una lumaca e il progetto dei Giardini a lago, se mai vedrà la luce, è diventato un progettino. 

Sarebbe bello potere dire che queste sono tutte vecchie questioni, che intanto la città sta comunque pianificando un suo futuro, se non urbanistico almeno culturale. Ma non è così, di grandi pensieri all'orizzonte non se ne vedono e anche se ci fossero verrebbero subito messi in un cassetto per paura. Le fughe da fermo di Como si chiamano rendering: di quelli ne abbiamo visti a decine, con loro abbiamo viaggiato ovunque senza mai muoverci. E se a Milano sono cresciuti persino i boschi verticali, a noi resta la giungla. Rigorosamente orizzontale. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Ticosa, simbolo di una città incapace di bonificare le sue paure

QuiComo è in caricamento