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Paratie

Maurizio Pratelli

Collaboratore

Il canto stonato sul lungolago di Como

Genesi e apocalisse delle paratie a manovella

Avrebbe potuto essere solo l'ennesima, tranquilla inaugurazione del nuovo lungolago. Invece, Sergio Gaddi, forse l'ultimo politico col guizzo rimasto in città, ha deciso che era arrivato il momento di agitare l'acqua in piazza Cavour. Un'esondazione di sindaci voluta con il chiaro intento di spegnere i riflettori sul'attuale primo cittadino di Como, Alessandro Rapinese, reo, sulla questione paratie, di raccogliere indebitamente meriti altrui  Al netto del fatto che Rapinese abbia affiancato Regione riuscendo a cogliere tutte le opportunità che la buona sorte gli ha riservato in questo caso, che resta peraltro l'unica fortuna ereditata in questa città, il lungolago rimane una questione amara. Così amara che nessuno dovrebbe vantare il diritto di esultare.

Una vicenda che ha origini così lontane che le abbiamo quasi rimosse, perché la genesi delle paratie risale addirittura alla giunta Botta. Vero è che nell'immaginario collettivo siamo tutti legati a quel muro rinnegato dall'ex sindaco Stefano Bruni al punto di arrivare a definirlo "una bufala". Ma quella bufala, che allora venne mirabilmente fissata da uno scatto di Mattia Vacca per il Corriere di Como, e che ha scatenato varie amnesie, anche giornalistiche, resta il simbolo di un gigantesco fallimento rispetto al quale la città sta ancora saldando un conto salatissimo. Nessuno nega che la Regione abbia grandi meriti, soprattutto quello di sigillare il cantiere, ma il nuovo marciapiede di piazza Cavour avrebbe comunque meritato quel pudore che raramente la politica conosce. 

Invece, nel silenzio è rimasto solo Mario Lucini, l'uomo, il sindaco che più di altri ha pagato, personalmente e politicamente, un prezzo che nemmeno l'assoluzione piena da ogni addebito potrà sanare. Al netto delle parole e dei sorrisi inopportuni che ne sono seguiti, la prudenza avrebbe consigliato a tutti gli attori, comparse e protagonisti, un buon ritiro dalle scene. Ma la trappola innescata da Gaddi è stata per alcuni troppo ghiotta: un'occasione sul filo trionfale del traguardo per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Nella convinzione, forse, che tutto si possa dimenticare e tutti abbiano il diritto di sfilare sul carro dei vincitori.

Non è ora il caso di addentrarsi nel valore specifico del risultato. C'era una pagina tristissima da chiudere e finalmente entro l'anno verrà scritta la parola fine. Tuttavia, non è stato costruito il ponte sullo stretto di Messina ma solo un'opera per la quale sono occorsi lustri, processi, tanti denari e quattro sindaci e un governatore. Le paratie a manovella sono solo una brutta canzone che ha vari autori e nessun vincitore. Così brutta che nessuno la dimenticherà, soprattutto quando si persevera a ricantarla. Pure stonando. 

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