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Venerdì, 26 Aprile 2024

Maurizio Pratelli

Collaboratore

Imagine, 50 anni di utopia?

John Lennon e un sogno di pace

Antonio Taormina è uno dei massimi studiosi di John Lennon in Italia. A lui e a sua moglie Donatella Franzoni si devono ad esempio le traduzioni in italiano dei primi due libri di uno dei degli artisti più importanti del Novecento. 

Insieme a Taormina ho recentemente condiviso una serata al Licanias di Neoneli, un festival letterario - quest’anno non a caso intitolato “Immagina” - che vi consiglio di mettere in agenda. La sola presenza di una donna straordinaria come Letizia Battaglia ne ha dato la misura.

Ma torniamo a John Lennon e alla sua Imagine che proprio oggi, il 9 settembre, compie 50 anni. Con Taormina abbiamo discusso a lungo sul fatto che questa iconica canzone, scritta nel 1971 per l’omonimo album, non sia mai invecchiata. 

Ho provocato Taormina provando a fornirgli la più banale delle conclusioni: Imagine è rimasta tragicamente giovane perché l’uomo (non lui, noi) non è mai cambiato, lasciando iol messaggio di pace scritto da Lennon appeso alla parete dell'infinita speranza: un manifesto per ogni nuova generazione.

Taormina ha arricciato il naso, ha annuito ma è ovviamente andato oltre. Tutto vero ma le ragioni di un successo planetario vanno ricercate alla radice. Quando Lennon scrisse Imagine, la guerra del Vietnan viveva una delle sue stagioni più tragiche. Nello stesso anno, il 6 dicembre, l’ex Beatles pubblicò il singolo Happy Xmas (War Is Over). E nessuno a quel tempo aveva ancora dimenticato il suo primo Bed-in for Peace all’Hilton di Amsterdam insieme a Yoko Ono. 

L’impegno pacifista di John Lennon non era fatto di sola musica ma anche di gesti plateali. Tuttavia, in questo caso l’intento di Lennon era chiarissimo: fin dalla semplicità della musica che ne accompagnava le parole, Imagine doveva arrivare a tutti come una preghiera: una preghiera atea.  

Lennon era sì un sognatore, ma anche e soprattutto un uomo intelligente, con il cuore sensibile e la penna raffinata. Sapeva benissimo che una canzone semplice avrebbe avuto la forza per diventare un messaggio universale. Ma mai avrebbe immaginato (né certamente voluto) che diventasse immortale come un Padre nostro.

E non certo per quel “No religion” tra i versi di Imagine, piuttosto perché a una vita senza paradiso in cielo e inferno in terra ci credeva veramente. Se l’è portato via non la guerra ma un diavolo solitario. Gli ha spezzato il cuore, e ha spezzato i nostri. Ma non ancora il suo messaggio eterno. 

Sai, John, le donne afghane oggi avrebbero un urgente bisogno di cantare libere Imagine. Ma non possono. Immagina, John, la loro vita in pace. Ma immagina, John, anche quanto tutto sarebbe più difficile se anche noi non avessimo parole come le tue a sostenere almeno il cammino dei nostri sogni. 
 

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