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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Ruben, 16 anni: vorrebbe giocare a Varese ma il Rugby Como glielo vieta. Lo sfogo di un padre

Il calcio sarà anche lo sport più diffuso in Italia ma è anche il più criticato, il più contestato e, per certi versi, il più “sporco”, in grado di tirare fuori il peggio dai tifosi anche delle categorie minori. Addirittura le cronache raccontano...

Il calcio sarà anche lo sport più diffuso in Italia ma è anche il più criticato, il più contestato e, per certi versi, il più “sporco”, in grado di tirare fuori il peggio dai tifosi anche delle categorie minori. Addirittura le cronache raccontano episodi in cui genitori di baby-calciatori urlano e insultano i bambini della squadra rivale o minacciano l’arbitro. Il campanilismo, poi, è tremendo: i derby spesso devo essere giocati sotto l’occhio attento delle forze dell’ordine. Ma a volte anche gli sport minori non danno esempi di grande fair play. Il caso del Rugby Como racconta la storia di un ragazzo di 16 anni che non può giocare perché la società non gli concede il trasferimento in un’altra città. Solo perché si tratta di darlo in prestito al Varese. E’ questa la dura e ferma accusa di William Cavadini, padre di Ruben, un ragazzo innamorato del rugby al punto da volere intraprendere la carriera professionistica.

Ruben ha imparato a giocare a rugby a Hong Kong dove, a causa del lavoro del padre, ha vissuto per sette anni insieme alla famiglia. Una famiglia di origine inglese e quindi da sempre appassionata di rugby. Quando finalmente Ruben è tornato in Italia ha potuto iscriversi al Rugby Como dove ha anche potuto mettere in mostra il suo talento. Ora che è cresciuto vorrebbe però fare un ulteriore passo in avanti. Insomma, vorrebbe migliorare e per questo sogna di giocare in una squadra di livello superiore, pur rimanendo grato a quanto il Rugby Como ha fatto per lui, come spiega il padre William: “Mio figlio era tra i sei giocatori scelti per le selezioni dell’Accademia zonale di Milano ma non è stato preso. Però vuole continuare a giocare e a migliorare. Per farlo deve lasciare la squadra comasca, che pure gli ha dato tantissimo e alla quale è riconoscente, e giocare in una società che gli consenta di crescere ancora. Per questo ha chiesto di poter giocare nel Varese e lo stesso Rugby Varese ha espresso interesse per lui”. Dunque, il problema dov’è? Semplice: il Rugby Como, che è titolare del cartellino di Ruben, non lo vuole cedere al Varese. Qualsiasi altra squadra, ma non il Varese. Sembra un caso di “campanilismo” spinto all’ennesima potenza. “Va bene se va a giocare a Lecco – continua a spiegare il padre – ma guai se passa al Varese. Tutto ciò, però, è un’assurdità. Ho chiesto aiuto a vari personaggi della federazione italiana di rugby ma purtroppo la legge è della parte della società comasca. Altri giovani atleti che hanno avuto lo stesso problema di mio figlio hanno scelto di andare a Lecco, ma Ruben vorrebbe giocare a Varese. Ma non può perché non gli viene concesso dal Rugby Como. Questa è una situazione che a mio avviso svilisce e mortifica il nobile gioco del rugby. Ruben per svincolarsi dal legame con il Rugby Como deve rimanere inattivo per 12 mesi. E’ l’unico modo, visto che sia io personalmente sia il Rugby Varese abbiamo proposto di pagare per liberare mio figlio dall’impegno con la società, ma non c’è stato nulla da fare”.

ruben-cavadini-27ott15-3Il presidente del Rugby Como, Michele Cerbo, rispedisce le accuse al mittente e spiega le ragioni del mancato nulla osta: “Ruben ha frequentato il centro di formazione federale a Varese, così come altri atleti di altre squadre lombarde. Secondo un accordo verbale, al quale ha aderito anche il presidente del Varese, nessun atleta sarebbe stato ceduto al Varese. I motivi di questo accordo tra gentiluomini sono semplici: ogni società investe molto nei suoi giocatori e i migliori li manda al centro di formazione per farli crescere ulteriormente. Spesso, però, accade che i giovani atleti dopo un periodo più o meno lungo al centro desiderino restare a Varese. Se acconsentissimo sempre a queste richieste le squadre perderebbero sempre i loro migliori giocatori e non progredirebbero. Tuttavia se arriva una proposta da una squadra che può dare qualcosa in più a uno dei nostri ragazzi noi li lasciamo andare, ma con il Varese ci sono accordi precisi”. Un'ulteriore precisazione arriva dal vicepresidente del Rugby Como, Francesco Cima Vivarelli: "Non ci è giunta alcuna offerta in denaro in denaro per acquistare il cartellino del ragazzo, e comunque non sarebbe comunque possible cederlo a un privato. E anche se fosse giunta una qualche offerta, cosa che, ripeto, non è successa, non sarebbe cambiato nulla perché non è assolutamente una questione di soldi".

Non è d’accordo Stefano Malerba, presidente del Rugby Varese che, per inciso, milita in serie B: “E’ vero che nel periodo in cui un atleta gioca nel centro federale di formazione non può passare al Varese, ma non mi risulta proprio che ci sia stato un accordo anche relativo al periodo successivo al centro di formazione. Onestamente non capisco le ragioni del Rugby Como. Stiamo parlando di società dilettantistiche con ragazzi di sedici anni che vogliono solo giocare a rugby. Se Como ha ceduto al Lecco alcuni atleti non vedo perché non possa dare il nulla osta anche per il Varese”.

La Federazione Italiana Rugby non entra nel merito delle ragioni per le quali Como non vuole che Ruben vada a Varese, ma ne fa una questione di regolamento, come spiegato da Francesco Ascione, responsabile area tecnica della FIR: “Le regole consentono al Rugby Como di negare il trasferimento al giocatore. L’unico modo per svincolarsi dalla società è di restare inattivo per 12 mesi. In questo senso il regolamento è già stato modificato due anni, fa quando il periodo era di 24 mesi. Quello che posso dire è che auspico che prevalga il buon senso da entrambe le parti”.

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