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Castel Baradello, la cripta delle torture e il suo fantasma

Tutti i segreti, le leggende, le foto e il video dal drone del magico castello che domina la città di Como

Una delle icone storiche della nostra città. E ancora oggi forse non tutti lo sanno ma la cripta del maniero del Castel Baradello fu adibita a stanza delle torture, specialmente per coloro che erano accusati di stregoneria. In particolare, la Torre del Baradello è legata alle vicende del suo illustre prigioniero Napoleone Torriani. Si narra che nel 1277, durante la battaglia di Desio tra Torriani e Visconti, i primi vengono sconfitti e il comandante condottiero Napo Torriani, venne imprigionato e appeso in una gabbia esposta a tutte le intemperie.

Dopo 18 mesi di prigionia, Napoleone della Torre morì di stenti il 16 agosto del1278, anche se alcuni storici narrano che si tolse la vita fracassandosi la testa contro le sbarre. La leggenda vuole poi che il suo fantasma si aggiri ancora agonizzante tra le mura della torre. Napoleone della Torre fu il più potente esponente della nobile Casata guelfa dei Della Torre. soprannominati anche Torriani. Sposò Margherita di Baux, nobile provenzale. Secondo la tradizione i resti mortali di Napo vennero sepolti nella Cappella di San Nicolò di Castel Baradello a Como.

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Il castello del Baradello sorge sull'omonimo colle che domina la città, da dove lo sguardo si spinge sino alle Alpi e alla pianura Padana. È raggiungibile dalla Camerlata attraverso un sentiero che si snoda nel bosco, oppure da piazza S. Rocco per strada carrozzabile. La torre quadrata è solo la struttura meglio conservata di un complesso più ampio di edifici, portati in luce e restaurati nel corso di un intervento svoltosi dal 1971 al 1978 sotto la guida dell'architetto L.M. Belloni. L'intervento di ripristino venne sostenuto dall'Amministrazione Comunale con l'intento di dar vita a un parco territoriale comprendente anche la zona archeologica di Prestino-S. Fermo-Monte Croce, denominato "Spina Verde". Mentre è ipotizzabile che la collina sia stata abitata già fin dall'antichità, le prime fonti documentarie risalgono al XII secolo, quando si ricorda (Anonimo Cumano) come durante la guerra tra Como e Milano (1118-1127), i Comaschi salissero sul colle per trovarvi rifugio.

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Descrizione

Come risulta da questi scavi, il torrione era inserito in un recinto fortificato in posizione angolare, anche se la parte detta del Barbarossa, è limitata solo alla porzione più bassa. La parte sommitale, infatti, venne innalzata all'epoca dei Visconti, permettendo così alla torre di raggiungere l'altezza di 28 m. A questo periodo va riferito anche il portale a sesto acuto aperto nel recinto murario. Come sopra ricordato, i restauri eseguiti negli anni Settanta permisero di portare alla luce diversi edifici appartenenti all'intero complesso, tra cui le fondazioni di una chiesa castrense dedicata a S. Nicolò. Di piccole dimensioni, ha abside circolare e navata unica.

In epoca viscontea, probabilmente, fu accorciata per far posto al locale contenente la macina (rinvenuta nel corso dei restauri) e il forno. A quest'ultimo si accedeva oltrepassando un arco a tutto sesto in conci squadrati di arenaria, tuttora visibile. Nei pressi della chiesa fu edificata una struttura quadrangolare, forse una casa-torre, di cui restano le fondamenta e parte dell'alzato. La cisterna (destinata, secondo Belloni, alla conservazione del grano) si trova nelle immediate vicinanze dello spigolo nord della primitiva cerchia muraria ed è un ambiente scavato completamente nella roccia e dotato di copertura con volta a botte a tutto sesto. L'interno è intonacato con pozzolana e vi si accede mediante un'apertura nella volta.

Il passaggio era chiuso da una pesante lastra di ferro munita di un complicato meccanismo di chiusura databile al xvi secolo, che fa dedurre che fu usata fino alla distruzione del complesso fortificato. Sul lato occidentale del complesso, superato il portale archiacuto, sulla sinistra si vedono due locali rettangolari, adibiti ad alloggiamenti per le truppe o a depositi per le vettovaglie. Al di fuori della cerchia delle mura si conservano i ruderi di un edificio civile databile al xii secolo dove, secondo la leggenda, alloggiò due volte Federico Barbarossa durante i suoi soggiorni a Como.

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Cenni storici

La storiografia locale, confermata dalla Cronaca di Corrado da Liechtenau, abate del XII secolo, ritiene che la costruzione del castello sia stata voluta da Federico Barbarossa, il quale dopo aver concesso per la prima volta la pace a Milano nel 1158, venne in città e ne accordò la costruzione, unitamente all'ampliamento delle mura con le possenti torri di Porta Torre, Torre di San Vitale e Torre di Porta Nuova (o Torre Gattoni). Con un diploma del 1178 l'imperatore, per la fedeltà dimostratagli dai Comaschi, dona alla Chiesa e alla comunità di Como il castello del Baradello. Il complesso fortificato venne rielaborato con l'innalzamento del torrione in età viscontea, forse ad opera di Azzone, che si era impossessato della città nel 1135. Nel 1527 il complesso, ad eccezione della torre, fu smantellato dagli Spagnoli per impedire che cadesse nelle mani delle truppe francesi.

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All'inizio del Seicento è compreso tra le proprietà dei monaci gerolomini, dai quali nel 1773 è trasferito alla famiglia milanese dei Venino o Venini, che intorno al 1825 realizzò il grande viale carrozzabile che da S. Carpoforo conduce alla vasta piazza del castello, al cui estremo di levante venne eretta una piccola torre esagonale in stile neogotico. Nel 1873 gli stabili furono acquistati da Gabriele Castellini, dal quale passarono per eredità alle nipoti Carolina e Teresa Rimoldi. Quest'ultima, alla sua morte (1927), lasciò erede universale l'Ospedale S. Anna, mentre la torre del Baradello con le relative adiacenze fu donata al Comune di Como. Una prima campagna di restauri venne effettuata nel 1903 sotto la guida di Luigi Perrone. Comportò la rimozione delle mura pericolanti e interventi di recupero all'interno della torre, ripartita in piani da pavimenti lignei, con scala interna e copertura. L'intervento più significativo fu, però, quello eseguito da Belloni, che costituì lo spunto per indagini successive, come testimoniano anche le ultime campagne di scavo del 2008-2010 (Brogiolo, Castelletti, Nobile).

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