rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Salute

Sant'Anna, al via la task-force anti ebola

Un gruppo di lavoro per la gestione dei casi sospetti di malattia da virus Ebola. Lo ha costituito l'ospedale Sant'Anna di Como su richiesta del Ministero della Salute e di Regione Lombardia. "A seguito delle riunioni svoltesi nel mese di agosto...

Un gruppo di lavoro per la gestione dei casi sospetti di malattia da virus Ebola. Lo ha costituito l'ospedale Sant'Anna di Como su richiesta del Ministero della Salute e di Regione Lombardia. "A seguito delle riunioni svoltesi nel mese di agosto insieme all’Asl di Como" fanno sapere dal presidio ospedaliero, "è stato nominato ieri coordinatore del team ospedaliero il primario dell’Unità Operativa di Malattie Infettive Domenico Santoro, incaricato anche di tenere i rapporti con l’azienda sanitaria locale".

Il team (che coinvolge il dipartimento di Emergenza-Urgenza, le direzioni mediche di presidio, il Laboratorio, il Centro Trasfusionale, l’Anatomia Patologica, lo Staff Qualità, la Farmacia, il Servizio di Prevenzione e Protezione e la Direzione Aziendale delle Professioni Sanitarie) ha già individuato i percorsi per la sicurezza dei pazienti e degli operatori per affrontare una situazione definita "altamente improbabile", poiché "le persone che provengono dalle zone a rischio (Guinea Bissau, Nigeria, Sierra Leone, Liberia, Senegal e Repubblica del Congo), passano già attraverso i cordoni sanitari allestiti negli aeroporti, ma comunque possibile".

Il Sant'Anna ha un reparto di Malattie Infettive con specifiche caratteristiche tecnico-strutturali, ha messo a disposizione, nell’ambito della rete ospedaliera regionale, due posti letto per il ricovero di pazienti che manifestassero sintomi riconducibili all’Ebola. Si tratta di posti letto collocati in stanze, predisposte per l’isolamento dei pazienti, definite a “pressione negativa”, di cui è stato dotato il nuovo ospedale, dove i germi possono entrare ma non uscire, e attrezzate con filtri Hepa per bloccare gli agenti infettivi.

In particolare, al Sant’Anna saranno eventualmente ricoverati fino alla fine del periodo d’incubazione pazienti “a basso rischio”, cioè con stato febbrile ma che non hanno avuto nessun contatto con persone infette. Invece, i casi ad “alto rischio”, che hanno sintomi riconducibili all’Ebola e hanno avuto contatti con individui malati, saranno ricoverati negli ospedali Sacco di Milano e Spallanzani di Roma.

“L’Azienda – spiega Santoro – si è allertata subito dopo l’allarme lanciato dall’Oms l’8 agosto scorso, che ha dichiarato lo stato di emergenza di sanità pubblica per Guinea Bissau, Nigeria, Sierra Leone, Liberia, paesi ai quali nei giorni scorsi si sono aggiunti Senegal e Repubblica del Congo. Il nostro gruppo di lavoro, insieme all’Asl, ha analizzato i percorsi da attivare nella remota possibilità di dover ricoverare un caso sospetto a tutela della sicurezza dei pazienti e degli operatori, anche se la persona dovesse autopresentarsi in una delle nostre strutture di Pronto Soccorso. Possiamo comunque rassicurare la popolazione – specifica Santoro - che non c’è un pericolo per la comunità. La rete costituita a livello regionale e locale ha un sistema di allerta in grado di isolare e gestire un eventuale caso sospetto grazie alle competenze, alle strutture e all’organizzazione di cui è dotata”.

L’Ebola La malattia da virus Ebola, diagnosticata per la prima volta nel 1976, è una febbre emorragica grave e spesso fatale per l’uomo e i primati. L’infezione si trasmette attraverso il contatto con sangue e altri fluidi biologici infetti e, in teoria, anche con il trapianto di organi. La trasmissione per via sessuale può verificarsi fino a 7 settimane dopo la guarigione: infatti la permanenza del virus nello sperma è particolarmente prolungata. Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l’elevata probabilità di contatti. Tuttavia avviene anche per contatto con oggetti contaminati. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia.

L’infezione ha un esordio improvviso e un decorso acuto. L’incubazione può andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana), a cui fanno seguito manifestazioni cliniche come febbre, astenia profonda, cefalea, artralgie e mialgie, iniezione congiuntivale, faringite, vomito e diarrea, a volte esantema maculo-papuloso.

I fenomeni emorragici sia cutanei che viscerali, compaiono in genere al sesto-settimo giorno e sono fatali nel 60-70% dei casi. Si tratta di sanguinamenti a carico del tratto gastrointestinale (ematemesi e melena) e dei polmoni. Si accompagnano a petecchie, epistassi, ematuria, emorragie sottocongiuntivali e gengivali, meno-metrorragie (Fonte: epicentro.iss.it).

“La diagnosi – spiega Santoro - è difficile nei primissimi giorni, poiché la malattia no ha sintomi specifici. Dunque, oltre ai sintomi, vanno considerati altri fattori quali, in primis, il contesto in cui si verifica il caso, cioè l’area geografica di insorgenza o di contagio, e il carattere epidemico della malattia. Si deve poi eseguire uno specifico test del sangue, da inviare agli ospedali specializzati di riferimento quali il Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma, e mantenere il paziente in isolamento”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Sant'Anna, al via la task-force anti ebola

QuiComo è in caricamento