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Reparto neonatale, oggi la riapertura dopo il caso del batterio

Dopo il caso del batterio intestinale che aveva costretto la chiusura e il trasferimento del reparto, oggi (15 aprile 2014) la Terapia Intensiva Neonatale (Tin) dell’Ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia è stata riaperta. Il 31 marzo i...

Dopo il caso del batterio intestinale che aveva costretto la chiusura e il trasferimento del reparto, oggi (15 aprile 2014) la Terapia Intensiva Neonatale (Tin) dell’Ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia è stata riaperta. Il 31 marzo i neonati ricoverati nella Tin erano stati, infatti, trasferiti in un’altra area dell’ospedale a seguito dell’individuazione: alcuni di loro erano risultati positivi alla presenza della Serratia Marcescens, un batterio che si trova nell’intestino che non ha però causato alcuna malattia: i bambini erano portatori sani senza alcun sintomo.

L’Azienda Ospedaliera Sant’Anna ha approfittato del trasferimento dei piccoli pazienti per effettuare nel reparto alcune migliorie. I bimbi, dopo la cosiddetta sanificazione dei locali, sono potuti rientrare nella Tin. Il reparto ospita i neonati che, nati prematuri o malati, richiedono cure specializzate e una stretta osservanza clinica.

“Si è trattato di una chiusura di tipo preventivo – ha spiegato Mario Barbarini, primario del reparto di Terapia Intensiva Neonatale – è stata presa una decisione pesante ma senza dubbio di tipo preventiva per salvaguardare la salute dei piccoli”.

Quindici i posti letto in dotazione alla Tin che può accogliere anche i neonati provenienti da altri ospedali della Regione Lombardia: il reparto è infatti centro regionale per il trasporto di emergenza neonatale. Sono sei i bimbi attualmente ricoverati nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale.

Una attenzione particolare è riservata anche ai genitori dei piccoli pazienti che possono, grazie alle caratteristiche del reparto, stare insieme ai loro bambini. Alle mamme e ai papà viene spesso consigliata la canguro-terapia: il neo-genitore può adagiare sul torace il suo bambino per instaurare un contatto fisico ed emotivo nonostante il neonato sia collegato a macchinari per vari tipi di monitoraggio o all’ossigeno.

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