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Politica

Franco Brenna, un sonetto e una palombella per Mauro Caprani

La raffinata risposta del consigliere al coordinatore provinciale di Forza Italia

Si sa che Franco Brenna è un uomo di cultura, un raffinato tessitore che ha fatto del buon gusto il suo stile. E certamente le parole pronunciate dal coordinatorie provinciale di Forza Italia gli avranno provocato l'orticaria almeno quanto un congiuntivo sbagliato. Al di là delle ragioni o dei torti, l'uscita di Caprani, "Se mi dicessero di ricandidare il sindaco uscente a Como, brucerei vivo chi lo propone", non è certo figlia della nobiltà lessicale che appartiene invece a Brenna. A dimostrarlo è la stessa risposta, letta ieri in consiglio comunale, con la quale Brenna, attraverso citazioni colte e appropriate, ha dato una lezione di stile non solo a Caprani. Vero che la battaglia per le elezioni da qui a giugno sarà di giorno in giorno sempre più infiammata, ciò non toglie che si potrebbe evitare di ricorrere ai toni da battaglia medioevale. E allora ecco l'antico e mai domo richiamo di Franco Brenna alla civiltà, anche delle parole, che riportiamo integralmente.

"Gentili Amici e Colleghi del Consiglio Comunale, ricordando le forti e ardenti parole del poeta Cecco Angiolieri, contemporaneo di Dante Alighieri, personaggio inquieto e ribelle, dissacratore assoluto che nel suo sonetto più celebre così vergava:

S’ì fossi foco, arderei ‘l mondo;si fossi vento, lo tempesterei; s’ì fossi acqua, ‘i l’annegherei: s’ì fossi Dio, mandereil’ en profondo.

Ancor oggi tuttavia, cari Amici, non abbiamo imparato o stiamo, con grande difficoltà, tentando di acquisire il corretto impiego delle parole pronunciate, soprattutto in pubblico, soprattutto in circostanze particolari.

Cito a questo proposito, anche se indirizzato ad un diverso contesto, la celeberrima frase di Nanni Moretti in “Palombella Rossa” (1989) dove il protagonista si scaraventa contro una giornalista che impiega a sproposito terminologie anglofone al posto della nostra bellissima lingua: Ma come parla? (gli urla addosso Nanni Moretti) Le parole sono importanti!.

Ecco: “Le parole sono importanti!” come i concetti che si vogliono esprimere, anche se si vuole essere dirompenti, provocatori, televisivi…peggio: rendersi degni o, forse, farsi considerare al centro di un’attenzione.

Capita tuttavia che anche in ambienti di così detta costruzione politica, di esposizione di opinioni, di momenti di condivisione o anche di non condivisione di ideali, le parole vengano espresse senza alcuna previsione del rumore – negativo – che possono, le medesime, suscitare.

Questo anche volendo infuocare un’assemblea disegnandosi addosso metafore violente e medioevali, dove streghe e infedeli – di entrambe le parti – venivano, vivi, messi al rogo e sempre vivi, bruciati. Ma qui si era nel medioevo.

Immaginate voi, cari colleghi, quale possa essere il sentimento di un civico, di un laico, di un elettore che come altri laici e civici e anche politici, da destra a sinistra per passare per i gruppi di centro o misti, di formazione e di educazione differenti, che con generosità e altruismo, impiegano o meglio, investono il loro tempo affinché ci si possa impegnare, insieme, per elaborare proposte – anche con visioni diverse – per giungere a condizioni di vita sociale, migliore per tutti. E alla fine, ci si sente denominati dal Politico di provincia, quali Influenzatori di candidati civici o come persone che vorrebbero eludere candidature a politici, così detti questi politici, di razza. Poi ci si lamenta che i nostri elettori non frequentano più con ardore le urne. Mah?!

Certo, ed è proprio a difesa di questo livello di civiltà o di civicità che elevo questo mio grido di protesta, da civico, verso una politica – o meglio, una partitica – che sempre più di frequente fa fatica nel reperire un volto, una figura, un uomo o una donna da porre quale rappresentate dei propri ideali ai cittadini perché ormai depauperati da coraggio o voglia di esporsi o forse non più dotati di quella forza che stentano a mantenere, così come stentano nel mantenere alto il nome dalla Nazione che portano nel loro simbolo oggi notevolmente indebolito, incapaci di rappresentare quasi anche se stessi, soprattutto se pavidi nel non voler alzarsi e manifestare le proprie distanze da coloro che urlano “al rogo” con l’aggravante di non immaginare quale sia la violenza insita nell’importanza delle parole.

Ma quel che è peggio, è che queste persone non si presentano, così facendo, quali esempi positivi presso i propri elettori perché, oltre a non saper rispettare più gli stessi (e anche i colleghi di cordata) forse stanno mancando di rispetto anche alle proprie idee, ai loro mentori e ai reciproci maestri". 

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