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Bartolich bacchetta i pacifisti: "In tempo di guerra non basta manifestare, occorre fare scelte politiche"

La candidata di Civitas interviene sulla guerra in Ucraina

Adria Bartolich è forse la prima candidata ad esporsi apertamente sulla guerra in Ucraina. Se Barbara Minghetti ha sfilato domenica scorsa per la pace, la candidata sindaca di Civitas sceglie invece la via di una lunga comunicazione sulla sua pagina Facebook ufficiale dove mette in chiaro il suo pensiero su un tema così scottante, una tragedia umanitaria che sta sconvogendo nuovamente l'Europa e in mondo intero. Un monito ai pacifist, intitolato "Guerra e Pace", che suona chiarissimo, non una chiamata alle armi ma piuttosto alle responsabilità dell'Italia e anche della nostra città in termini di aiuti umanitari.

"Nessuna persona di buon senso e normalmente intelligente - scrive Adria Bartolich - può pensare che la guerra sia una cosa bella. La guerra è sempre distruttiva sia per le cose che per le ferite profonde che essa provoca nell'essere umano. Perciò apprezzo chi fa del pacifismo un'opzione etica , la scelta di non risolvere i conflitti con la violenza è da persone civili e ragionevoli. E' un atteggiamento moralmente giusto con cui affrontare la vita che però va declinato nel confronto con la realtà e di quello che accade . La nostra Costituzione , nata alla fine di una dittatura che della politica espansionistica aveva fatto il suo carattere principale, recita all’art 11 “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” stabilendo come principio base attraverso il quale risolvere le controversie internazionali, quello della diplomazia, assegnando un ruolo centrale agli organismi internazionale per dirimere le controversie, anche attraverso una cessione di sovranità ad essi, proprio per garantire rapporti non squilibrati tra gli stati, le condizioni di parità ,appunto. Quindi l‘Italia non solo ripudia la guerra ma considera necessario che i paesi abbiano pari dignità".

"Al contempo la Costituzione, all’art 52 specifica che “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” e aggiungeva anche l’obbligatorietà del servizio militare, parte ora abrogata. In altre parole la nostra Costituzione, oltre al ripudio della guerra come modo per risolvere i problemi di carattere internazionale, aggiunge anche il concetto di difesa della sovranità nazionale come dovere da perseguire anche con l’uso delle armi, se necessario. Se non si vuole fare una lettura parziale e tendenziosa della nostra Costituzione, bisogna tenere conto di entrambi gli elementi"

"Per questa ragione - afferma Bartolich - se penso sia encomiabile perseguire la pace con ogni mezzo (opzione etico-morale) credo sia altresì necessario considerare con la dovuta attenzione, che spesso la realtà si manifesta come cosa estremamente complessa, con la quale occorre misurarsi sulla base di un atteggiamento realista. Spesso nelle contese entrambi hanno buone ragioni, o almeno le ritengono tali, però ci sono dei principi generali ai quali occorre attenersi:

1) Uno paese aggredito ha il sacrosanto diritto di difendersi

2) Anche la guerra, seppur trattandosi di una situazione estrema, non è priva di regole che vengono dettate da una serie di accordi pattizi internazionali, a cominciare dalla Convenzione di Ginevra, che stabiliscono limiti e tutele nei confronti dei prigionieri e delle popolazioni civili.

In altre parole il pacifismo segna un cammino ma non è una possibilità assoluta e deve essere modulato sulla base delle condizioni di realtà. Per questo mi spingo a dire che l’assunzione del pacifismo come principi etico, se non declinato e considerato come un’astrazione, alcune volte finisce per diventare , al lato pratico, una sorta di atteggiamento di ascetica superiorità nei confronti delle sofferenze della parte più colpita .

Credo di poter dire, in tutta onestà, che sia il punto 1) che il punto 2) siano stati ampiamente trasgrediti con l’occupazione militare dell’Ucraina e con la strage di civili inermi compiuta nei giorni scorsi dai soldati russi, tra l’altro pare ampiamente condannata addirittura dai altri soldati russi intervenuti in un secondo momento".

Il richiamo ai pacifisti

"Per questa ragione - scrive Bartolich - credo che il movimento pacifista, proprio perché animato da un’opzione etica di grande rilevanza, non possa genericamente manifestare per la pace, bensì debba trovare il modo di esprimere una netta condanna per atti che violano, non solo le convenzioni internazionali, ma anche quanto previsto dalla nostra Costituzione che opera un netto distinguo tra l’aggressore e vittime dell’aggressione. Cioè deve fare delle scelte politiche, mi rendo conto difficili, ma che lo rendano credibile. Altrimenti il rischio è che manifestare per la pace serva solo a liberarci la coscienza dal senso di colpa che produce il dover assistere, impotenti, ad atti che vanno contro il diritto internazionale, e quello che è più grave, contro i diritti umani.

Nella situazione odierna questo non significa cedere a sentimenti d’odio antirussi. La Russia è una grande nazione e il mondo ai russi deve molto. Basti pensare al loro sacrificio per fermare le armate naziste a Stalingrado. La Russia ha dato al mondo grande letteratura, grandi artisti e grandi musicisti Ai russi va la nostra gratitudine per tutto ciò. Però la Russia non ha mai avuto governi democratici e Putin è la declinazione attualizzata dei governi autoritari che, purtroppo, hanno sempre contraddistinto la storia di quel paese. Cosa attraversi i popoli in alcuni momenti storici è imperscrutabile. In alcune fasi la propaganda più sordida e spregiudicata invade con prepotenza le menti. Lo abbiamo visto nell’ex Jugoslavia con Milošević il quale ha per dieci anni ha continuato una guerra, pressoché indisturbato nel cuore dell’Europa, che non è iniziata con l’intervento in Serbia bensì con quello è finita. Certo quell’intervento ci ha messo di fronte ad un problema etico di non poco conto, me per prima che mi sono trovata, come parlamentare e membro della Commissione Esteri della Camera, dopo avere partecipato a diverse missioni nelle zone di guerra della ex Jugoslavia, nell’angosciante situazione di dovere votare per consentire l’uso della basi italiane per il decollo degli aerei; ma in tutta coscienza credo che lo stupore e la condanna andassero rivolti nella direzione di tutti coloro che per un decennio erano stati silenti di fronte ai massacri che lì si stavano compiendo , in ragione di un generico, quanto irresponsabile e astratto pacifismo di facciata. Aggiungo che dire cosa si deve e non si deve fare quando si osserva dall’esterno non è come essere chiamati a decidere in prima persona.

Certo la situazione ora è diversa, sebbene più grave. Intervenire in un paese di 5 milioni di abitanti come la Serbia non è come farlo su uno come l’Ucraina , 40 milioni di persone di cui 10 milioni della cospicua minoranza russa , per di più nel quale agiscono direttamente gli interessi della seconda potenza mondiale. In Ucraina un intervento diretto rischierebbe di allargare il conflitto in maniera pericolosissima.

L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è, come qualche nostalgico pare pensare, propedeutica alla ricostruzione dell’URSS, ammesso che ciò possa essere auspicabile. E’ un atto d’aggressione, una volta si sarebbe detto, imperialista, nei confronti di uno stato sovrano. Per questo, a prescindere dalle simpatie o meno per il Governo ucraino, il nostro atteggiamento deve essere di massimo sostegno nei confronti dei civili che scappano dalla guerra, offrendo loro supporto ed aiuti.

Com’è ovvio le controversie internazionali non sono competenze dei comuni e la nostra è una coalizione di liste civiche, però toccherà ad essi predisporre misure che vadano oltre la fase della prima accoglienza, che consentano ai profughi, in massima parte donne e bambini perché gli uomini sono al fronte, di potere rimanere in una situazione di riparo, nelle condizioni migliori. Questo sarà il nostro impegno. Sperando che la guerra possa cessare presto, naturalmente. Ma se ciò non dovesse accadere dobbiamo essere pronti a svolgere il nostro ruolo prima che per ragioni politiche, per quelle umanitarie": 

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