Il delitto di Via dell’Orsina in scena al Sociale con due grandi interpreti: Massimo Dapporto e Antonello Fassari
Martedì 15 marzo alle ore 20.30 al Teatro Sociale di Como Massimo Dapporto e Antonello Fassari saranno protagonisti di Il delitto di via dell’Orsina, l’atto unico L’affaire de la rue de Lourcine del drammaturgo francese Eugène-Marin Labiche.
Eugène-Marin Labiche nacque a Parigi nel 1815 da una famiglia di ricchi borghesi, industriali molto stimati. E fu proprio nella “borghesia” che trovò quasi tutti i protagonisti e gli intrecci delle sue pièces. Borghesi con tutte le loro manie, le loro pecche, i piccoli difetti e le grandi virtù. Ha firmato in quarant’anni ben 174 copioni fra commedie e atti unici, scritti da solo o in collaborazione con altri autori. Una frenetica attività drammaturgica che ha prodotto alcuni capolavori come Il cappello di paglia di Firenze ed è culminata con due messinscene alla Comédie Française e la chiamata all’Académie Française. Fu consacrato anche come il “re del teatro da boulevard”, genere di teatro leggero e comico allestito in teatri parigini a gestione privata, come il Palais-Royal dove il drammaturgo mise in scena anche L’Affaire de la rue de Lourcine nel 1857, e 29 degrés à l’ombre nel 1873.
Qui la regista Andrée Ruth Shammah porta in scena il suo adattamento dell’originale francese, con la traduzione di Giorgio Melazzi, spostando la vicenda dalla Francia della seconda metà dell’Ottocento all’Italia degli Anni Quaranta. In scena “una situazione paradossale, un po’ beckettiana brillantemente costruita da un gigante della drammaturgia come Eugène Marin Labiche. – racconta la Shammah – Non è un caso che questo testo sia stato scelto da registi come Patrice Chereau, che l’ha messo in scena nel 1966 in Francia e da Klaus Michael Grüber in Germania. Appena l’ho letto ho pensato che sarebbe stata una grande sfida, un’opportunità per una regia sorprendente. Pensando a questi due personaggi, profondamente diversi l’uno dall’altro: uno ricco, nobile, elegante e l’altro rozzo, volgare, proletario che devono confrontarsi con quello che credono di aver fatto, ho pensato subito a Massimo Dapporto e Antonello Fassari, un’accoppiata con cui non ho mai avuto l’occasione di lavorare – e che non ha mai lavorato assieme – ma che credo perfetta per dare vita a questa storia. Io la vivo come una scommessa, come la possibilità di dare vita ad uno spettacolo leggero e divertente ma allo stesso tempo profondo; una riflessione sull’insensatezza e l’assurdità della vita.”
Un uomo si sveglia e si ritrova uno sconosciuto nel letto, entrambi hanno una gran sete, le mani sporche e le tasche piene di carbone, ma non sanno perché, non ricordano niente della notte precedente. Lentamente tentano di ricostruire quanto accaduto, ma l’unica cosa di cui sono certi è di essere stati entrambi ad una festa di ex allievi del liceo. Di quello che è accaduto quando hanno lasciato il raduno non sanno niente. Da un giornale apprendono che una giovane carbonaia è morta quella notte e tra una serie di malintesi ed equivoci si fa strada la possibilità che i due abbiano commesso quell’efferato omicidio.
Lo spettacolo di Andrée Ruth Shammah è uno spettacolo generoso, che con umiltà e delicatezza regala al pubblico l’emozione di tornare a teatro. A quel teatro essenziale e “artigianale” in cui ogni gesto, ogni parola, ogni oggetto, è studiato e curato nei minimi dettagli.
E questo è possibile solo grazie all’esperienza della sua regista, alla bravura e alla personalità di attori come Massimo Dapporto e Antonello Fassari, all’affascinante complessità della scena di Margherita Palli e all’armonia che le musiche di Alessandro Nidi conferiscono a tutta l’opera.
Raccontano i due protagonisti: “Nei testi teatrali ci sono personaggi che si ribellano all’autore che li ha creati e cercano rifugio nell’attore che li interpreta. Giorno dopo giorno, durante le prove ti fanno partecipe del loro carattere e ti sorprendono rivelando se stessi con una forza che a una prima lettura ti era sfuggita. Così è stato per il mio Oscar Zancopè. – spiega Massimo Dapporto – Ancora oggi, mentre sono in scena, quando serve, mi prende per mano e mi suggerisce i suoi stati d’animo. Spero di averlo accontentato raccontandolo per intero. Se così non fosse, andasse a protestare da Labiche.”
“Questo testo sembra vivere di un gioioso meccanismo teatrale di equivoci, entrate e uscite fini a se stesse e al divertimento dello spettatore. – continua Antonello Fassari – Invece, quanta ferocia c’è in questi personaggi disposti a uccidere per farla franca, per non perdere la loro rispettabilità, la loro posizione e la loro fortuna. In questi personaggi fatui, solari e rispettabili, giocosi e goliardici vive un’anima nera che li porterà ad azioni efferate pur di mantenere il loro status di borghesi e privilegiati. Il genere è quello della commedia nera. Questa commedia racconta una tragedia in modo comico e la tragedia, sottotraccia, è sempre presente, dietro ogni nostra risata.”
Come ha commentato Roberto Mussapi sul quotidiano Avvenire, “Con questo Il delitto di via dell'Orsina, Andrée Ruth Shammah raggiunge uno dei punti più intensi della sua arte di regista segnata da una cifra rara e a volte, a mio parere, non compresa: la leggerezza.”
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