Balletto al Sociale: Rifare Bach (la naturale bellezza del creato)
La stagione Danza del Teatro Sociale di Como debutta con una delle compagnie italiane più famose e sorprendenti: la siciliana Compagnia Zappalà Danza porterà in scena venerdì 29 ottobre un nuovissimo lavoro, fresco di debutto, Rifare Bach (la naturale bellezza del creato), che sostituisce il balletto La Nona, inizialmente in programma nella stagione Notte e annullato per questioni tecniche.
Creatore di questo nuovo spettacolo è ovviamente il coreografo e direttore artistico Roberto Zappalà, in stretta sinergia col drammaturgo di riferimento Nello Calabrò e dei danzatori che negli anni hanno permesso la realizzazione di oltre 80 produzioni di diversa tipologia, ospitate in tutto il mondo da teatri e festival di respiro internazionale. Il titolo Rifare Bach vuole essere un richiamo alle tante rivisitazioni musicali che nel tempo sono state fatte delle opere del compositore tedesco. E alcune di queste saranno parte della ricerca del coreografo nella composizione musicale dell’opera.
Con questa creazione Roberto Zappalà cura in profondità l’estetica e il linguaggio del corpo, e lo fa dedicando un’intera serata a Johann Sebastian Bach, che con la sua musica cristallina e preziosa incarna per il coreografo l’ideale di un’arte pura e “onesta”. Al centro della creazione un universo coreografico che mette il corpo, con la sua naturale bellezza e tutta la sua fragilità, quale elemento fondante e transito ineludibile.
La naturale bellezza del corpo dei danzatori e della musica di Bach ha nella creazione un corollario di suoni della natura e del mondo animale, come delle mini ouverture che introducono le note bachiane. Immagini bucoliche si susseguono, una natura quasi da alba dell’umanità dove i suoni dell’oggi, della sua violenza e tragedia sono ancora assenti, un grido d’allarme “futurista” che crea spazi su cui riflettere e sul sentire comune a volte assopito. Ascoltare la natura e i suoi “silenzi”, per un ritorno a un mondo dove sia ancora possibile intendere la “straziante e meravigliosa bellezza del creato“, come dicevano Totò e Ninetto Davoli alla fine di Che cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini, nel 1967.
Far vivere in danza l’ammirazione che Zappalà nutre da sempre per il grande musicista tedesco è stato il fattore trainante che gli ha permesso di comporre tra soli, duetti, trii e ensemble, alcune delle pagine coreografiche a lui più care nella sua trentennale attività. La musica dalla risoluzione perfetta e neutra di Bach ha difatti esercitato un forte richiamo sul coreografo, rappresentando al contempo il contrasto e la sintesi musicale ideale per la sua danza, sensuale e istintiva come sempre, e attenta anche a mettere in risalto due aspetti che l’uomo di oggi ha, forse più del solito, osservato in se stesso: la sua fragilità e anche la sua tenerezza. Fragilità e tenerezza che la danza mostra con l’intenzione, che è anche un augurio, di raggiungere la quieta e la pace per tutto ciò che concerne la natura, uomini compresi.
“Gli esseri umani hanno da sempre guardato alla natura per comprendere il senso del loro essere qui e delle loro azioni. La natura è comune a tutti ed è la madre di tutti, considerare la natura equivale a considerare l’universalità delle cose. – dice lo stesso Zappalà – La definizione etimologica di universo pone l’accento sull’unità di corpo e scopo quindi universalità equivale alla volontà di unire tutti in una dimensione di convivenza.”
Molte produzioni del repertorio della compagnia (Silent as, Patria, Naufragio con spettatore…) hanno nella colonna sonora alcuni brani di Bach, da qui il desiderio di ricomporre, sviluppare ed elaborare in altra forma queste coreografie realizzate nel tempo. La ricorrenza dei 30 anni di attività della Compagnia Zappalà Danza è stata per il coreografo l’occasione per costruire ex-novo e in alcuni casi ri-coreografare questi brani, e dedicare questo omaggio al suo compositore preferito.
Molti anni sono trascorsi da quando Roberto Zappalà si è confrontato con una creazione priva di una forte drammaturgia spesso legata al sociale, in Rifare Bach nessuna drammaturgia articolata e nessun intellettualismo, soltanto una stretta relazione tra l’estetica più eterea della musica e quella più carnale della danza per un viaggio denso di poesia.
“La musica di Bach per quanto mi riguarda – continua il coreografo – riesce ad unire ogni espressione d’arte sotto uno stesso involucro ed è strumento di creatività infinita così come lo è la natura, anche quella che (nei suoni) sarà presente nel mio lavoro e che ha stimolato la mia capacità cognitiva di creare e inventare e così il mio processo di acquisizione di conoscenze e comprensione attraverso il pensiero Uno spazio dove silenzio, ascolto, percezione e gesto saranno presenti in modo unitario nel rispetto delle singole differenze.”