Alessio Boni in scena al Teatro Sociale di Como con il suo Don Chisciotte
Martedì 14 e mercoledì 15 gennaio (ore 20.30) Alessio Boni porta in scena al Teatro Sociale di Como la sua versione di Don Chisciotte. Liberamente ispirato all’iconico e visionario romanzo di Cervantes, narra le strabilianti avventure di un eroe fuori dal tempo, il cui spirito, infiammato dalla lettura dei poemi cavallereschi, anela a epiche imprese.
Alessio Boni vive con ardore i panni e l’armatura del cavaliere errante accanto all’eclettica e raffinata Serra Yilmaz, attrice prediletta dal regista di origine turca Ferzan Ozpetek, nel ruolo del fido scudiero Sancho Panza, giovane contadino simbolo di purezza di cuore, la cui saggezza di matrice popolare contrasta con la lucida e nobile follia di Don Chisciotte. Forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da andare controcorrente, che meritano di essere ricordati in eterno.
La regia è curata dello stesso Alessio Boni con Roberto Aldorasi e Marcello Prayer, ai quali si è aggiunto in fase di stesura drammaturgica Francesco Niccolini, cui si deve anche l’adattamento del romanzo originale.
Lo spettacolo ha la forza di prendere lo spettatore per mano e di portarlo in una Mancia ideale, dove Don Chisciotte e il suo fido scudiero consumano le loro vicende in nome della bellissima Dulcinea. Il capolavoro di Cervantes diventa in questo modo una cavalcata poetica nell’animo di ciascuno, un luogo protetto circondato da un tempo pragmatico, disincantato, privo di slanci come è il nostro. Il Don Chisciotte di Alessio Boni è un racconto sulla lucida follia, che a volte consente di compiere atti eroici, e che ci insegna un principio fondamentale: restare fedeli ai sogni, non mollare, non gettare mai la spugna.
“Don Chisciotte trasmette un ideale eroico, combattere per un nobile scopo; tramanda un messaggio tagliente e pungente, con ironia e freschezza. – Ci racconta Alessio Boni – El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha a cinquant’anni si rimette in gioco, compiendo un atto di coraggio estremo, e ci riporta a sognare con immaginazione, passione, volontà di libertà, con un senso dell’onore ed un codice cavalleresco perduti nella memoria; ci sprona a riversare ogni tensione epica ed eroica, pur di raggiungere un obiettivo covato, ambito, sognato.
Quattro sono i cardini attorno a cui ruota la vicenda – continua l’attore, regista e drammaturgo – l’amore per Dulcinea, visione-illusione anch’essa; l’armatura, assemblata per combattere; un ronzino ed uno scudiero, compagni di viaggio e di battaglia. Visionario, non ragionevole, ma logico, con Sancho Panza inizia un dialogo per l’epoca inverosimile, tra servitore e padrone, quasi a parodia dei romanzi cavallereschi, e palesa una saggezza che agli spettatori appare disarmante, la rivelazione si dischiude nel corso incalzante della narrazione: Don Chisciotte si ‘Sanchopazzizzerà’ e Sancho Panza si ‘Donchisciottizzerà’, muteranno l’uno nei confronti dell’altro, cambieranno in una metamorfosi tutt’altro che scontata, quasi impossibile, anche per l’uomo moderno.”
La pièce teatrale rivela tutta l’umanità, l’ironia, l’eroismo, la struggente speranza di un uomo che, nella sua lucida follia, continua da secoli ad essere fonte di inesauribile ispirazione.