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"Life Electric" che non fa paura e il Razionalismo senza sindromi: Ebe Gianotti oltre le barricate

Prima di pubblicare - volentieri - il contributo dell'architetto Ebe Gianotti, socia fondatrice del Maarc-Museo Virtuale Astrattismo e Architettura Razionalista di Como, va fatta una premessa. La sua lettera è, come si intuirà facilmente leggendo...

Prima di pubblicare - volentieri - il contributo dell'architetto Ebe Gianotti, socia fondatrice del Maarc-Museo Virtuale Astrattismo e Architettura Razionalista di Como, va fatta una premessa. La sua lettera è, come si intuirà facilmente leggendo, non soltanto una replica all'ormai celebre scritto diffuso dall'architetto Michele Bollini (c'è molto di più), ma semmai "anche" una replica ad alcune riflessioni specifiche contenute in quel documento. Lo scritto di Ebe Gianotti, però, è arrivato prima che emergesse la vicenda legata proprio ai contenuti del testo di Bollini. Questo, ovviamente, non cambia nulla nella sostanza, perché - al di là della questione sulla fonte originaria di alcuni passaggi - crediamo senza dubbio al fatto che Bollini condividesse sinceramente quelle riflessioni e che quindi gli siano attribuibili (assieme al merito, comunque, di aver innescato un dibattito tutt'altro che banale su Life Electric e molto altro). Chiarito questo piccolo particolare, vi lasciamo alla riflessione dell'architetto Gianotti che, tra i molti spunti, contiene anche - in qualche modo - una revisione piuttosto irruenta dell'assioma secondo cui il Razionalismo nel suo complesso, non escluse le opere di Terragni, sia tuttora e sia sempre stato in passato elemento valorizzato, condiviso e apprezzato universalmente. Tanto che, dice Gianotti, "a 25 anni dalla morte" dello stesso Terragni quel pensiero era sostanzialmente morto, a dispetto, forse, di una vulgata sul sempiterno omaggio a quella scuola troppo facilmente data per acquisita e scontata.

Di seguito, lo scritto integrale di Ebe Gianotti.

libeskind-giorno-19Il mondo è bello perché è vario, come ci insegna il detto popolare, e il dibattito sulle idee, soprattutto quando sfocia in polemica, è anche molto, molto divertente. E' divertente osservare come ogni testa costruisca interpretazioni del tutto arbitrarie, e legittime!, per dare un senso al proprio pensiero personale sul mondo, anche se questo contrasta con la realtà dei fatti. E' divertente vedere come la scultura di Libeskind, che in sé non merita celebrazioni e neppure livori assolutisti, abbia scatenato gli animi e messo in luce quel lato del carattere che unisce noi italiani da Como a Palermo, e cioè l' animosità da Guelfi e Ghibellini con cui affrontiamo qualsiasi tema. Avrei continuato a divertirmi seguendo la polemica su “Life Electic” e non mi sarei sognata di intervenire nel dibattito, se l'architetto Bollini (architetto con la “a” minuscola, mi scuso, ma non riesco ad allinearmi all'uso spropositato che Bollini fa delle maiuscole in ogni suo scritto, così retorico da far venire il prurito), nella sua riflessione pubblicata su ComoZero di oggi, non avesse indirettamente tirato in ballo anche le associazioni legate in qualche modo alla promozione della conoscenza del nostro patrimonio razionalista, come fa appunto Made In Maarc, di cui sono socia fondatrice, con iniziative di varia natura. Libeskind bollini scomodi-4Affermare come fa Bollini che dopo i fasti (i fasti! Ma quali fasti?) del razionalismo siamo stati colti da sindrome di Stendhal, e che abbiamo (abbiamo chi?) mistificato ed eletto a simbolo le opere, “coagulando attorno a loro un insieme vario e coordinato di contenuti valoriali e convincimenti radicali...soprattutto nelle forme della rappresentazione sociale dove, l'identificazione con un SIMBOLO costituisce una visione del MONDO LINEARE, produce associazioni, movimenti e gruppi che da esso dipendono...” significa parlare di cose che hanno senso solo per l'architetto Bollini, ma appaiono confuse e farneticanti per tutti gli altri. Cosa vuol dire? Sarebbe meglio fare uno sforzo per esporre le proprie idee in modo chiaro, sempre che si abbia l'obiettivo di volerle trasmettere a semplici cittadini e non solo agli adepti della propria setta. Parlare da azzeccagarbugli è congeniale all'esclusione e non all'inclusione nel dibattito culturale di tutti coloro che non sono architetti, per quanto anche io, che sono architetto, faccio fatica a trovare, nell'argomentare esaltato di Bollini, un fondamento non esoterico al quale aggrapparmi. monumento-caduti-1In ogni caso, il dibattito architettonico dal secondo dopoguerra in poi testimonia il contrario di quanto Bollini afferma: basta leggere gli atti del convegno organizzato a Como, 25 anni dopo la morte di Terragni, da Bruno Zevi (e c'è voluto un romano, ebreo, antifascista, sostenitore accanito del movimento organico che si opponeva strenuamente al razionalismo, per far riscoprire ai comaschi la figura di Terragni!), per capire che nella pratica architettonica italiana il pensiero razionalista era morto e il suo interprete più grande già dimenticato, alla faccia dei presunti “fasti” del razionalismo. E basta osservare come la nostra città si è sviluppata negli ultimi decenni per convincersi che nessuno è stato colto da sindrome di Stendhal, purtroppo, né gli amministratori e neppure la stragrande maggioranza dei progettisti. Eppure c'era tanto da imparare dalla lezione di Terragni e dei razionalisti in genere. Certo, non c'era e non c'è da imparare a progettare edifici di colore bianco dalle linee esclusivamente rette, a meno che non si voglia dare una lettura formalista e distorta del movimento come fa Bollini, che lo riduce ad una espressione manierista, totalmente slegata dal senso più profondo e razionale che l'architettura riveste da quando l'uomo ha costruito la prima capanna. Al di là di qualsiasi volontà simbolica, la lezione ancora attuale dei razionalisti italiani è quella che ci invita a declinare in modo specifico e legato ai singoli territori i temi che ogni nuova epoca ci propone; a interpretare i dettami stilistici e modaioli del tempo con intelligenza (per i razionalisti erano quelli del Movimento Moderno e di Le Corbusier in special modo, per noi quelli degli architetti decostruttivisti come Libeskind appunto) senza abiurare il passato, ma anzi confrontandosi con esso alla pari, senza complessi di inferiorità; a sperimentare nuove tecnologie e nuovi materiali dominando la sperimentazione senza esserne dominati; a coniugare architettura e urbanistica come facce della stessa medaglia. libeskind-giorno-18Quanto alle associazioni che, come Made In Maarc, si occupano del razionalismo comasco, è ridicolo pensarle come organismi di pressione per costruire consenso su orientamenti convergenti nell'escludere pensieri e teorie architettoniche diverse, di cui la scultura di Libeskind sarebbe l'espressione (siamo alla fanta-architettura!) Non arriviamo a pensieri così sofisticati, molto più semplicemente ci si dà da fare perchè anche il patrimonio architettonico del '900, oltre a quello legato al romanico e alle ville neoclassiche sul lago, venga riconosciuto dai cittadini e ancor più apprezzato dal settore crescente del turismo culturale internazionale, venga valorizzato e fatto fruttare da chi ci amministra, venga acquisito nel bagaglio degli architetti più giovani come un riferimento positivo, ricco di suggerimenti certamente non stilistici. Anche l'architettura è bella perchè è varia, e “Life Electric”, mi spiace deludere Bollini, non fa paura a nessuno, tanto meno agli architetti! Inventarsi barricate ideologiche, da una parte e dall'altra, a me pare profondamente contrario allo spirito del nostro tempo, così inclusivo e sincretico e disperatamente alla ricerca dell'armonia nella diversità, tanto quanto lo spirito del novecento è stato guerrafondaio, settario, assolutista e divaricante anche nelle prese di posizione in campo architettonico e artistico. Forse ad aver paura è qualcun altro, che non vuole ammettere di essere sulla stessa barca di quelli che crede nemici e non vuole rinunciare al ruolo messianico che si è ritagliato. Ebe Gianotti

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