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Cantù in mostra: foto della città dal 1861 a oggi

Cantù. Una mostra allestita negli spazi di Villa Calvi che vuole ripercorrere gli episodi più significativi della storia della città, dal 1861 al 2011. “Cantù dal 1861 al 2011: immagini e storia del territorio canturino”, questo il titolo della...

Cantù. Una mostra allestita negli spazi di Villa Calvi che vuole ripercorrere gli episodi più significativi della storia della città, dal 1861 al 2011. “Cantù dal 1861 al 2011: immagini e storia del territorio canturino”, questo il titolo della mostra che verrà inaugurata ufficialmente domani alle ore 18 con ingresso libero (fino al 12 febbraio 2012) e che presenterà ai visitatori circa 120 immagini che sintetizzano la storia della città brianzola durante i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una storia che non è solo quella di una città, ma anche di una nazione. Impossibile, infatti, non notare come la moda, gli sport, la vita quotidiana, l’avvento delle scoperte tecnologiche, abbiano influenzato la città durante questo ampio arco di tempo.

Il curatore della mostra, Tiziano Casartelli, grazie anche alla collaborazione della commissione cultura, in particolare del Presidente Giuliano Cappelletti, presente stamani in conferenza stampa insieme al Sindaco Tiziana Sala, ha ripescato in archivio comunale alcune foto d’epoca che raccontano l’evoluzione di Cantù da semplice borgo rurale di fine ottocento, a città a vocazione imprenditoriale dei giorni nostri. Le foto sono state scattate sia da alcuni professionisti come Giuseppe Croci, Giovanni Paini, Luca e Pepi Merisio, ma anche da dilettanti che hanno immortalato un attimo del loro tempo consegnandolo all’eternità. Molte, infatti, sono le foto donate da privati, soprattutto da famiglie storiche canturine, che ormai da più di un secolo vivono in città. Ripercorrere la storia del territorio canturino, significa ripercorrere la storia nazionale ed Europea. Nel 1861 Cantù è un borgo di 7000 abitanti e non era ancora “la città del mobile” che oggi conosciamo. Tuttavia, dalle foto emerge un dato fondamentale: un’insospettabile modernità. Basta guardare le foto scattate nei bar, evidentemente frequentate da donne, oppure le foto del club ciclistico, dove un gruppo di giovani ragazze vestono con abiti all’ultima moda.

A Cantù, nel 1902, circolavano circa 25 biciclette. L’attività principale per cui era conosciuta era quella del merletto e infatti in quegli anni partecipa anche all’esposizione internazionale di Parigi. Successivamente, le piccole botteghe artigiane hanno un grande sviluppo, che diventerà vera e propria vocazione durante tutto il ‘900. Il ‘900, però, non segna soltanto l’avvio dell’attività artigianale principale della città: segna anche l’inizio della modernità nel senso odierno del termine. Sono gli anni a cavallo fra il 1902 e il 1909 che rivoluzionano la vita quotidiana della popolazione grazie all’arrivo della tecnica. Nel 1902, arriva la prima linea telefonica, nel 1904 l’illuminazione pubblica, nel 1907 l’acquedotto comunale. Il 1909 viene sintetizzato da una delle foto presenti alla mostra immortalando l’arrivo del tram in piazza Garibaldi: si trattava di una linea che arrivava fino a Monza. La prima guerra mondiale segna una cesura, proprio come nel resto d’Italia. Si sussegue un periodo di forte crisi amministrativa, un vuoto ricoperto da un consigliere comunale anziano, Giuseppe Borghi. Sono 2000 i giovani che vengono chiamati alle armi. 200 non torneranno a casa. E poi, naturalmente, non potevano mancare le foto della liberazione del fascismo, avvenuta a Cantù il 26 aprile: sindaco della città è Luciano Inganni. Si arriva, poi, ai nostri giorni: le passioni civili degli anni ’60, le passioni sportive della città (le bocce, il ciclismo, fino ad arrivare al basket), l’avvento dei centri commerciali, le aziende del futuro. Gli stessi temi sviluppati in questa mostra sono stati approfonditi anche in un volume che porta il medesimo titolo, sponsorizzato dalla Cassa Rurale di Cantù che sarà possibile acquistare già da lunedì. Emerge un dato dalla foto esposte: lo spirito della città, quel “saper fare” che la contraddistingue, sembra essere rimasto intatto attraverso i decenni.

Irene Savasta

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