Terezin e il rapporto tra arte, libertà di espressione e i tanti totalitarismi
Nelle giornate del 16 e 17 ottobre, a Como, si terranno due concerti che si iscrivono all'interno del progetto nazionale Terezin 17/10. Terezin 17/10 è un progetto che prende il nome dal ghetto nazista di Terezin dove furono deportati dal 1941 al 1944 migliaia di musicisti, artisti, poeti. Il progetto vuole ricordare questi artisti, ma non vuole essere una replica della Giornata della Memoria. Vorrebbe essere un’occasione di riflessione più ampia sul rapporto tra arte, libertà di espressione e i tanti totalitarismi, le innumerevoli situazioni in cui chi fa musica, teatro, letteratura, poesia viene perseguitato per le proprie idee e per la propria creatività.
Sostiene Walter Benjamin che raccontare è un atto di giustizia: perché restituisce a chi l’ha perso un posto nel mondo. Ed è proprio un forte desiderio di giustizia ci ha spinti a promuovere in questi anni Terezin 17/10. Questo nome e questa data custodiscono e rivelano uno degli episodi più tragici e meno conosciuti nella storia della Shoah e della Seconda Guerra Mondiale.
Il 17 ottobre del 1944 vengono uccisi a Birkenau 1390 uomini, donne e bambini partiti all’alba del giorno precedente dal ghetto di Terezin. Erano tutti a bordo del cosiddetto Künstlertransport, il “treno degli artisti” sul quale erano stati caricati a forza gli scrittori, i poeti, i pittori, i musicisti, gli scienziati, i compositori che avevano dato vita alla straordinaria stagione artistica di Theresienstadt. Finiva così, con la più massiccia strage di artisti mai avvenuta nella storia dell’Occidente, l’atroce inganno del lager-vetrina che la propaganda nazista aveva esibito alla Croce Rossa e all’opinione pubblica. Quel giorno cambia per sempre il rapporto tra arte e storia, tra creazione e prigionia, tra umanità e ferocia. Eventi passati, eventi lontani, destinati a non ripetersi mai più… Forse. A che cosa serve, allora, quale scopo possiede un Comitato che porta, inscritti nelle proprie insegne, quel nome e quella data?
L’intento principale che ci ha mosso non è certo quello di istituire una nuova giornata della memoria, né quello di coltivare il semplice ricordo storico di quella tragedia. Il compito che ci siamo dati è più semplice e al tempo stesso più ambizioso: raccontare, attraverso Terezin e il suo destino, le esperienze storiche in cui arte e libertà, nel Novecento, sono entrate in conflitto, in cui gli artisti, privati di ogni libertà materiale, si sono trovati di fronte alla brutale alternativa tra resistenza e rinuncia, tra creazione e silenzio. Gli artisti di Terezin hanno risposto con la forza, la fantasia, la profondità del loro pensiero: “Non ci siamo seduti a piangere sulle rive del fiume di Babilonia perché il nostro rispetto per l’arte era forte quanto la nostra voglia di vivere” ha scritto il compositore Viktor Ullmann, una delle vittime della strage. Un bisogno insopprimibile di inventare, scrivere, comporre, creare che non ha impedito alle vittime del 17 ottobre di andare verso una morte alla quale il regime nazista li aveva già condannati. Per questo le domande che l’esperienza di Terezin continua a porre sono secondo noi ancora vitali. Quale è oggi il rapporto tra l’arte e la storia? Come può la cultura costituire una forma di resistenza contro le ingiustizie? Come possono sopravvivere le forme della creazione in regimi di contenzione, di prigionia, di privazione della libertà? È possibile ripensare l’arte come mezzo di contrasto del divario culturale, sociale e politico che segna come una piaga il nostro tempo?
Ma quali sono gli strumenti più efficaci per trasformare il ricordo di tutte le Terezin del Novecento in materia viva, pulsante, attuale? Su questo non abbiamo dubbi: la parola e la musica. O meglio ancora l’intarsio fertile e fecondo tra la parola (cantata, parlata, recitata) e il suono che la contiene. Ci siamo dunque dati l’obiettivo di organizzare ogni anno, intorno alla data del 17 ottobre, una settimana di concerti, rappresentazioni, readings, incontri capaci di restituire giustizia a tutti gli artisti “passati su per i camini” di Auschwitz 2. Non iniziamo adesso questo percorso: da dieci anni cerchiamo di non relegare nel silenzio la data del 17 ottobre. Abbiamo dato vita a rassegne, stagioni, eventi che hanno coinvolto, fino a questo momento, decine di istituzioni e centinaia di attori, musicisti, studiosi. Ma la costituzione, recente, del Comitato ci auguriamo possa farci compiere un salto di qualità. Ma grazie a questo strumento avremo soprattutto la possibilità, adesso, di coinvolgere in modo organico nel nostro progetto non più uomini e donne di buona volontà, non soltanto artisti isolati e animati dal desiderio di giustizia, ma enti, istituzioni, associazioni, teatri, orchestre, conservatori, accademie che possono costituire una rete diffusa e allargata, presente in ogni parte d’Italia. In questo modo saremo in grado non soltanto di coinvolgere nel nostro progetto un pubblico molto più ampio e consapevole, ma di allargare la Settimana Terezin ad un periodo più esteso, toccando regioni, città, luoghi che fino ad ora non hanno conosciuto, se non indirettamente, il valore storico di quella giornata simbolo.
Chiediamo dunque a tutte le istituzioni pubbliche e private che abbiamo a cuore la necessità e la improrogabilità di questo racconto di aderire al Comitato Terezin 17/10 e di costituire una rete solidale, forte e diffusa. L’unico strumento che abbiamo a disposizione, oggi, per rendere quell’atto di giustizia non un semplice gesto effimero e occasionale, bensì una pratica costante e capace, ogni anno, di rinnovare la propria forza di testimonianza.
I fondatori del Comitato Terezin 17/10
Guido Barbieri
Luciano Belli Paci
Bruno Dal Bon
Guido Giannuzzi
Renato Principe
Barbara M. Romano