Bocephus King canta il suo Gesù alla Basilica di Galliano
La carriera di Bocephus King inizia a metà degli anni Novanta con Joco Music - un disco registrato a Point Roberts, nella casa di famiglia in Canada, e realizzato dopo un lungo girovagare tra la California, il Messico, Nashville, New York e New Orleans - dal quale sono stati estratti i tre bellissimi brani che aprono la lunga cavalcata cronologica dell’antologia. Grazie alla bellezza di canzoni come Nowhere at All, nel 1988, con A Small Good Thing arriva il primo significativo contratto discografico. Il successivo The Blue Sickness regala finalmente al cantautore canadese un grande successo anche in Italia: il magazine “Buscadero”, conquistato da Eight and Half, Josephina, Mess of Love, Precious Things e più in generale da tutto un lavoro davvero strepitoso, gli dedica nel 2000 la copertina.
Dopo tanto clamore, nel 2004 arriva All Children Believe in Heaven, un lavoro ricco di grandi intenzioni musicali ma certamente meno immediato del suo predecessore, tanto che i favori della critica si spostano dalle pagine più tradizionaliste del “Buscadero” a quelle meno conservatrici de “Il Mucchio”. Jesus The Bookie, penultimo brano del quarto disco di Bocephus King, all’anagrafe Jamie Perry, inizia così: “Non c’è sicurezza, solo cattive notizie. Muddy Waters in un angolo con la Bibbia in mano che predica il blues. La sinistra va a sinistra, ma la destra non è giusta. E tutti ci guadagnano dall’incontro del sabato. Anche Giovanni Battista ci sarà. Jackie La Motta con Lache Leroux. Nel mio angolo la Madonna, e io colpirò come Muhammad Alì e… Gesù accetta scommesse sulla mia anima”. Bochephus porta dunque Gesù sul ring della vita e gli fa indossare i panni dell’allibratore. Accetta giocate sul destino delle persone. L’arena si trasforma in un luogo neutro, lontano da casa, dove tutti hanno paura del loro destino, dell’ultimo rintocco della campana, dell’inferno da scontare. Non ci saranno miracoli, né ora né mai, come non ce ne sono mai stati prima.
Bocephus ama le visioni cinematografiche e un po’ surreali, chi lo conosce lo sa. È un artista istrionico, una sorta di Drugo in salsa canadese a cui piace andare al cinema in accappatoio dopo essersi fatto un bel tuffo purificatore nel Pacifico. “E Neil Cassidy pregherà per me, Morricone suona una ninna nanna per quelli che hanno pagato per vedere qualcuno morire, il Paradiso non è al completo, c’è ancora posto. Bang bang bang, boom boom boom, Gesù accetta scommesse sulla mia anima”.
Anche quando i personaggi che canta camminano di notte per le strade di Montgomery Clift, nel secondo brano di All Children Believe in Heaven,i suoi ritratti sono quelli di un regista sempre molto attento al suo cast. Nulla cambia, se non in una raffinatezza ancor più matura, nel successivo Willie Dixon God Damn, un album musicalmente ricco di contaminazioni e di nuovi colpi di puro genio. I suoi attori protagonisti sono sempre gli stessi, le liriche si appoggiano ancora sulle spalle dei grandi santi, dei poveri diavoli, degli eroi minori.
“Quando ero bambino – lo racconta lui stesso nel libretto del suo già citato “best of” – volevo essere un detective come Sam Spade (nella versione di Humphrey Bogart) o un predicatore (nella versione di San Francesco). Essere un musicista è l’unico modo in cui si possono conciliare gli aspetti più importanti di entrambi questi due lavori, almeno nella mia mente, quindi posso dire che sto vivendo il mio sogno”.
Illusion of Permanenc, Lula e il nuovissimo Telegrams sono gli ultimi lavori di un artista che sta vivendo un momento di particolare grazie. Alla Basilica di Galliano, a Cantù, è in concerto domenica 9 giugno alle 21 accompagnato dall’arpista comasca Pauline Fazzioli. Da ricordare, infine, che ancora Bocephus King, questa sera alle 21, al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, accompagnerà il racconto musicale della colonna sonora di Andrea Scanzi.