Al via Jazz and the City a Chiasso
Dopo la gustosa anteprima al Teatro Sociale di Como, Jazz and the City, questo il tema della XXI edizione del Festival di Chiasso, debutta al Cinema Teatro giovedì 8 marzo.
A pensare bene, può dirsi che la musica è l’incarnazione del sentimento democratico: la democrazia par excellence. In questo campo il jazz primeggia, vista l’epopea formativa che parte da una sola stirpe (l’Africa), ma che con il tempo ha costruito diversi idiomi. Un vocabolario ricco e policromo distribuito tra Americhe, Europa, Asia e Africa in continua evoluzione e sempre in fuga dai lemmi sintattici del passato. La babele della folla delle città ha cambiato anche il lessico musicale, lasciando prevalere l’occhio all’orecchio, soprattutto nelle relazioni interpersonali. Il moltiplicarsi degli spazi per fare musica ha generato una sorta di polverizzazione dei gruppi, del pubblico, spingendo alcune musiche in una nicchia ben custodita da alcuni santoni. Il jazz, che è musica folclorica di diritto, ha sofferto tale inscatolamento: il jazz è per la gens, non per pochi eletti. New Orléans, Chicago, New York, Kansas City, sono state le capitali del jazz: qui la musica si è sagomata, si è formata, si è anche trasformata. E, ancora oggi, il jazz si trasforma, si evolve in ogni città del mondo.
A marzo Chiasso issa il vessillo di capitale del jazz e, come ogni buona città elegge un sindaco: il giovane pianista Shai Maestro, al quale spetta la residenza artistica e che sciorina alcune delle sue perle musicali: a cominciare da Melismetiq, progetto che condivide con il batterista svizzero Arthur Hnatek dove si fa sentire l’eco dei natali di Maestro innervato con il sound non imbolsito dell’adottiva New York e un occhio di riguardo al linguaggio mittel-nordeuropeo; libero da vincoli in piano solo e, ancora, con il suo originale trio.
Dall’altra parte dell’oceano si rivolge lo sguardo del nuovo progetto di Maria Pia De Vito, che coniuga la musica del miglior Brasile con il camaleontico vernacolo napoletano. Appetitoso, poi, l’incontro tra il jazz europeo del trio lussemburghese formato da Michel Reis, Marc Demuth e Paul Wiltgen che coopta la brillante personalità del sassofonista di Berkeley Joshua Redman. Spazio anche per il talentuoso polistrumentista di Bellinzona Max Pizio e il suo trio, che ospita la pungente estetica contemporanea del trombettista Fulvio Sigurtà. Occhiolino strizzato al soul-blues con la voce di Luca Sapio, performer d’ampio respiro e dalle significative esperienze professionali. A chiudere un cartellone che non lascia fuori porta niente e nessuno, c’è il solipsistico geniale verbo pianistico di Brad Mehldau, musicista che ha saputo ridisegnare i confini del pianoforte jazz.
Programma
Giiovedì 08.03, ore 20:45
Melismetiq feat. Shai Maestro
Arthur Hnatek: batteria, elettronica Ari Bragi Kárason: tromba e flicorno
Shai Maestro: piano e Fender Rhodes Rick Rosato: contrabbasso
Il più recente progetto del nostro artista in residence, Shai Maestro, è un naturale ampliamento di quello in trio che vira però verso atmosfere più ovattate e intimiste. Un quartetto assai ben assortito e felicemente cosmopolita, co-fondato dal batterista e compositore svizzero Arthur Hnatek che, negli ultimi anni, si è messo in bella evidenza come sideman di lusso con artisti come Tigran Hamsyan e Dhafer Youssef, per non citarne che due. Completano il gruppo un contrabbassista canadese, Rick Rosato, e Ari Bragi Kárason che è un autentico fenomeno interdisciplinare: atleta di vaglia, velocista sui 60, 100 e 200 metri ma anche campione islandese di sollevamento pesi, come trombettista ha collaborato con artisti assai diversi tra i quali il gruppo rock Sigur Ros e la cantante Norah Jones.
L’esordio discografico del quartetto, Melismetiq, è stato coprodotto da Rete 2 e registrato negli studi RSI di Lugano.
ore 22:15
Reis-Demuth-Wiltgen Trio & special guest Joshua Redman
Michel Reis: piano
Marc Demuth: contrabbasso Paul Wiltgen: batteria
Special guest Joshua Redman sassofoni
Buon sangue non mente quasi mai, e quello di Dewey Redman ha sicuramente avuto un ruolo nella crescita artistica del giovane Joshua, che in realtà non ha mai visto il padre quanto avrebbe voluto ma quando accadeva era in compagnia di Ornette Coleman o di Keith Jarrett, e non è un dettaglio da poco. Qualche anno fa ha incantato il pubblico dello Spazio Officina con la sua straordinaria capacità narrativa, e ha saputo conquistare anche gli ascoltatori meno avvezzi al jazz moderno grazie al suono avvolgente e alla maestrìa nell’evocare suggestioni melodiche a getto continuo, anche nel mezzo delle più spericolate peripezie solistiche. In quel caso la formazione era un trio “secco”, ovvero senza strumento armonico, oggi torna a Chiasso con la più classica formula del quartetto come ospite di riguardo di un trio lussemburghese tra i più agguerriti dell’attuale scena europea.
Venerdì 09.03, ore 20:45
Maria Pia De Vito “Core Coração”
Maria Pia De Vito: voce Huw Warren: pianoforte Roberto Taufic: chitarra
Gabriele Mirabassi: clarinetto Roberto Rossi: percussioni
“Un regalone, Maria Pia! Il tuo “Você Você” è bello da piangere, l’ho sentito venti volte”. Parole significative, queste, scritte da Chico Buarque a proposito del nuovo progetto dell’eclettica vocalist italiana dedicato alla canzone brasiliana. Un lungo lavoro di trasposizione ritmico-semantica dal portoghese al dialetto napoletano con la supervisione degli autori e in particolare di Chico, ospite del disco in due brani, per uno straordinario esito poetico e sonoro.
Accanto a Maria Pia un quartetto di virtuosi selezionatissimi: il pianista gallese Huw Warren, che con lei ha inciso due album, il grande clarinettista Gabriele Mirabassi, da molti anni legato alla musica e alla cultura brasiliana, il chitarrista brasiliano Roberto Taufic che firma tra l’altro gran parte degli arrangiamenti e Roberto Rossi, percussionista peculiarmente creativo e anticonvenzionale.
ore 22:15
Omaggio a Didier Lockwood
Biréli Lagrène: chitarre Antonio Faraò: piano
Ameen Saleem: contrabbasso Jeff Ballard: batteria
Il noto violinista francese Didier Lockwood avrebbe dovuto essere uno dei protagonisti di questa nuova edizione del festival jazz di Chiasso. Purtroppo la triste notizia della sua prematura scomparsa ci ha raggiunto al momento della presentazione del programma. Questo concerto, con musicisti che hanno lavorato con lui e che l’hanno conosciuto da vicino, gli è dedicato.
Il suo strumento, il violino, ha faticato non poco ad acquisire un vero diritto di cittadinanza nel jazz, nonostante i geniali sforzi di grandi maestri come Joe Venuti, Stuff Smith o Stéphane Grappelli.
Proprio quest’ultimo è stato in qualche modo il padrino artistico di Didier Lockwood, capofila di una schiera sempre più agguerrita di violinisti che hanno saputo rendere giustizia alle potenzialità dello strumento. Nato in una famiglia di origine inglese, emigrata a Calais sul finire del XIX secolo, qui studia violino classico e composizione al conservatorio, ma si interessa ben presto all’improvvisazione e, nel 1972, lascia gli studi classici per raggiungere il visionario gruppo di rock progressivo dei Magma di Christian Vander, ciò che ha segna l’inizio della sua folgorante carriera. Il grande chitarrista Biréli Lagrène, uno dei maggiori virtuosi di origine zingara dello strumento, è stato spesso suo partner e sarà fra i protagonisti di questo omaggio. Accanto a lui i musicisti che avrebbero dovuto formare la All Stars guidata dal violinista: l’eccellente pianista italiano Antonio Faraò, il possente contrabbassista Ameen Saleem (spesso ascoltato con Roy Hargrove) e una star della batteria quale Jeff Ballard (già con Chick Corea, Brad Mehldau, Joshua Redman, Gary Burton fra gli altri).
ore 24:00
Shai Maestro piano solo
L’israeliano Shai Maestro è stato un enfant prodige ed è ancora giovane, ha soltanto trent’anni ma mostra già la sicurezza e la lungimiranza del musicista veterano. Quale in effetti è, anche sulle scene statunitensi: aveva sedici anni quando, già ricco di premi in patria, ebbe modo di studiare al Berklee College di Boston, la più famosa scuola di jazz del mondo. Nel 2006 riceve la prestigiosa offerta di suonare nel trio del contrabbassista Avishai Cohen, un’esperienza che gli permette di farsi notare da pubblico e critica internazionali. La poetica espressiva di Shai Maestro, nutrita dalle fertili influenze di Chick Corea e Keith Jarrett, sembra perfettamente sintonizzata con le aspettative, i gusti, i desideri e le preoccupazioni dei giovani contemporanei. Per questo si candida a divenire uno dei nomi con i quali verrà ricordato il nostro periodo storico.
Sabato 10.03, ore 20:45
Epic Jazz Trio feat. Fulvio Sigurtà
Max Pizio: sassofoni, clarinetti, flauto, Akai EWI Andi Appignani: organo Hammond
Thomas Egli: batteria & wave drums Guest Fulvio: Sigurtà tromba
Tra i molti progetti del talentuoso polistrumentista bellinzonese Max Pizio brilla senz’altro, per la vulcanica energìa dell’interplay che lo alimenta, l’articolato percorso artistico di un trio che segue le orme di due grandi maestri: Jimmy Smith e Joey De Francesco. La strada percorsa è quindi quella dei caldi ritmi swing che si evolvono in atmosfere blues e soul, ammiccando qua e là alle intricate trame di certa musica contemporanea e alla torrida pulsazione latina del tango, sul filo di una continua tensione armonico-ritmica che sfocia in elettrizzanti composizioni originali. Un trio che spesso e volentieri si arricchisce di nuove sfumature grazie ad un ospite speciale, in questo caso il trombettista italiano Fulvio Sigurtà che vanta collaborazioni importanti, come quelle con Jamie Cullum, Steve Swallow o la Lydian Sound Orchestra.
ore 22:15
Shai Maestro Trio
Shai Maestro: piano
Rick Rosato: contrabbasso Arthur Hnatek: batteria
Un trio che il pubblico ticinese ha già avuto modo di ammirare, nato a New York nel 2010 e con quattro notevolissimi album alle spalle: quello d’esordio (che porta il nome del gruppo) pubblicato nel 2012, The Road To Ithaca l’anno dopo, Untold Stories nel 2015 e il più recente The Stone Skipper. Una formazione giovane e fresca ma già navigata, che mostra bene quanto l’anelito internazionalista percorra il jazz contemporaneo.
Eppure il linguaggio del trio si iscrive con grande forza espressiva nella più pura tradizione del jazz statunitense, anche se rivela una serie di soluzioni originali e un approccio poetico all’interplay decisamente intriganti.
ore 24:00
Luca Sapio & Italian Royal Family
Luca Sapio: voce
Claudio Giusti: sassofoni e flauto Antonio Padovano: tromba
Francesco D’agnolo: tastiere e back vocals Larry Guaraldi: chitarre e back vocals Matteo Pezzolet: basso e back vocals Matteo Bultrini: batteria
È una delle voci più ammalianti dell’attuale scena soul europea, e non a caso può già vantare un buon numero di esperienze significative. Dopo aver studiato canto lirico al Conservatorio di Frosinone, Luca Sapio si è dedicato allo studio del jazz e del blues, senza mai trascurare la ricerca di modi e tecniche diverse che possano esaltare le sue qualità vocali. Dopo una breve esperienza con i redivivi Area, nel 1999, collabora con musicisti del calibro di Tony Scott, Eumir Deodato e Elton Dean. Si trasferisce a Los Angeles ed inizia una lunga esperienza americana, poi nel 2009 subentra alla cantante Luisa Cottifogli nei Quintorigo, e l’anno seguente dà vita con Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion al duo Black Friday. Il suo disco d’esordio come leader, “Who Knows”, vince il premio SIAE come miglior disco indipendente del 2012.
Domenica 11.03, 17:00
Brad Mehldau piano solo
Negli ultimi due decenni il pianista di Jacksonville ha disegnato una parabola artistica per molti versi unica, che incarna e abbraccia l’essenza dell’improvvisazione di stampo jazzistico, il rigore espressivo della cosiddetta musica “colta” e la piacevolezza melodica del pop. La sua lungimirante padronanza dei diversi linguaggi ha dato vita ad esperienze memorabili come quella che il pubblico di Chiasso ha potuto ammirare un anno fa, un personale tributo bachiano ricco di esaltante vitalità comunicativa. Al di là delle innumerevoli esperienze, dal suo esemplare trio alle collaborazioni con Pat Metheny, Chris Thile o Anne Sofie von Otter, la formula in solo resta la più adatta ad esaltare il talento di colui che non a caso il New York Times ha definito “il pianista più influente degli ultimi venti anni”, come ben dimostra l’antologia pubblicata nel 2015, “10 years Solo live”.