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Cronaca

Voce scomoda per i vertici della Chiesa comasca: trasferito il parroco di San Giuliano

Sul fatto che, da tempo, fosse una voce scomoda per il vescovo Diego Coletti e per  vertici della Chiesa comasca in genere non c'è alcun dubbio. Fu lui, per esempio, il primo a raccogliere le confidenze delle minorenni molestate dal parroco di San...

Sul fatto che, da tempo, fosse una voce scomoda per il vescovo Diego Coletti e per vertici della Chiesa comasca in genere non c'è alcun dubbio. Fu lui, per esempio, il primo a raccogliere le confidenze delle minorenni molestate dal parroco di San Giuliano, don Marco Mangiacasale. E fu sempre lui a infuriarsi letteralmente con il vicario episcopale, monsignor Angelo Riva, quando - nel pieno dello scandalo scoppiato in tutto il suo fragore - quest'ultimo parlò del sacerdote (poi "spretato" direttamente dal Papa) in questi termini sul sito ufficiale della Diocesi: "Non è un pedofilo, non è malato, non è socialmente pericoloso. È un peccatore che ha commesso dei crimini per i quali è stato giudicato. È deprecabile che una certa immagine “mostruosa” dell’imputato abbia finito per diventare di pubblica opinione ben al di là della sua reale consistenza". Pensiero, quello di monsignor Riva, poi suggellato dall'accostamento di giornali e giornalisti che si occupavano del caso a termini quali "coprofagi" e "cannibali".

A quel punto, don Roberto Pandolfi esplose pubblicamente: "Non so a quale parte della Chiesa di Como si riferisca monsignor Riva - scrisse il sacerdote in un intervento pubblicato sul sito della parrocchia - Forse a quella che frequenta lui, quella dei passi felpati nei sacri palazzi; forse a quella di coloro che pensano che bisogna coprire, nascondere, tacere, che ritengono che lo scandalo non sono gli abusi sessuali di un sacerdote sulle ragazzine ma l’averli portati alla luce. Ma c’è un’altra Chiesa di Como. Non sta nelle alte sfere, prega e soffre per Mangiacasale, sa benissimo che un prete fa del bene e fa del male, ma sa chiamare le cose con il suo nome. C’è una Chiesa di Como che si mette in riverente ascolto del Papa. Questa Chiesa è fatta di persone normali, di mamme, papà e nonni che hanno a cuore i loro figli, i loro nipoti, i loro preti e le loro parrocchie. Questa Chiesa rifugge inorridita davanti alle acrobazie dialettiche dei teologi moralisti ed è ben capace di distinguere il bene dal male, senza bisogno di dotte lezioni. C’è una Chiesa di Como che non ha paura della verità». Al culmine, la richiesta di dimissioni verso monsignor Angelo Riva (tuttora al suo posto): "Aggiungo, da povero prete “badilante”, un consiglio. Quando la propria presenza crea disagio e imbarazzo la persona intelligente si tira da parte. Le dimissioni le può dare anche un vicario episcopale, tanto più se occupa quel posto da oltre dieci anni".

Una linea, quella di demarcazione tra una Chiesa di potere da lui poco amata rispetto a una più umile e vicina ai fedeli, che don Roberto ha poi ribadito quasi settimanalmente con le sue "Riflessioni" sul sito della parrocchia di San Giuliano. Fece scalpore, in questo senso, il documento del maggio scorso che qui riportammo con grande evidenza sotto il titolo "Como, il parroco che osa l'inosabile: quanto è costato ristrutturare il Vescovado?", con cui si chiedeva con forza più trasparenza alla Chiesa comasca nel rendere noto l'utilizzo dei propri soldi. E poi ancora, molte le prese di posizione anche sulla vita politico-amministrativa di Como, spesso con vere e proprie fustigate per l'amministrazione comunale. L'ultima, che fece il giro della città, fu la "scomunica" alle nuove panchine senza schienale posate da Palazzo Cernezzi in viale Geno, viste quasi come un "castigo" per gli anziani.

Ora, forse, tutto questo non avverrà più. O quantomeno avverrà diversamente e da un altro pulpito, letteralmente. Perché don Roberto Pandolfi è stato trasferito a Grandate, dopo 6 anni turbolenti a San Giuliano nel cuore del capoluogo. Ne ha dato - indirettamente - notizia lui stesso con questa riflessione intitolata "Obbedienza" che vi alleghiamo integralmente per evitare travisamenti. Anche se un passaggio merita di essere estratto. E' una citazione di Don Abbondio, tratta dai Promessi Sposi: "Non mi ci sono messo di mia volontà e quindi Dio è in obbligo di aiutarmi". Eloquente, a prima vista.

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