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Vita di Tino, edicola umana al gelo da 18 mesi. "Mi basta l'affetto della gente"

Questa è una storia per molti versi incredibile. Anzi, più che una storia è una vita incredibile. Quella di Tino Blini, 65 anni, edicolante da sempre. E per "sempre" si intende dal primo giorno della sua vita. "Da tre generazioni vendiamo i...

Questa è una storia per molti versi incredibile. Anzi, più che una storia è una vita incredibile. Quella di Tino Blini, 65 anni, edicolante da sempre. E per "sempre" si intende dal primo giorno della sua vita. "Da tre generazioni vendiamo i giornali. Prima di me c'era mia mamma. E io ora continuo". Fin qui, un racconto di amore per il proprio lavoro e non molto di più. Ma da qui comincia un'altra storia. Il cui vero inizio, in realtà, coincide il giugno 2013. Quando la società ferroviaria chiude l'edicola della Stazione Nord di Grandate per lavori di "imminente" restauro. Un imminente mai iniziato. Ma Tino non ha pensato nemmeno per un attimo di smettere di accarezzare e vendere poi i giornali. E così, da 18 mesi ininterrotti, si alza alle 4 dal suo letto nella casa di Lucino. Si copre con tutto quello che può in inverno - ma le scarpe, oggi non c'erano - o si mette qualcosa di leggero nell'afa di agosto. Inforca la bicicletta, aspetta il furgone della distribuzione quotidiani ("Arriva tra le 4.30 e le 5") e poi si mette lì, esattamente davanti alla porta chiusa dell'edicola-bar che gestiva fino a metà 2013, e aspetta i clienti. Chi parte per Milano, chi scende a Grandate. Quasi tutti affezionati a quell'omone con il viso rubizzo e le mani calde che porge loro la copia fresca di stampa del giornale preferito (quei pochi a disposizione, invero). E lui, Tino - che noi, pessimi cronisti, aspettavamo al varco per l'inevitabile invettiva - sorride, vende, parla, si prende qualche carezza. A fine giornata, 12-13 ore dopo l'alba, conta le monetine. E se ne va, che è quasi ora di rialzarsi. E' buono, Tino. Di una bontà sovrannaturale.

"Ma sa - dice al risveglio dopo il pisolino in questa giornata di gennaio prestata a marzo - io amo questo lavoro. E' stato sempre la mia vita. Non posso smettere". E il freddo dell'inverno? La neve? Il gelo o la calura agostana? "Basta vestirsi bene - sorride di un sorriso che il volto rosso mostra quasi bianco - Io non mi preoccupo, non sento il clima. Non mi dà fastidio". Parole che portano il concetto di dignità a un livello prima sconosciuto. "Io non perdo la speranza che l'edicola ora venga sistemata e possa rientrarci come prima - dice Tino, nonostante i 18 mesi di nulla, con una struttura all'apparenza chiusa e perfetta alle sue spalle - Comunque non mi lamento lo stesso. Certo, giornali se ne vendono sempre meno e qui non posso offrire riviste, cd, libri e altro ancora con cui i guadagni erano migliori. Ma io non sono mai stato un ingordo, se riesco a mangiare mi basta e non mi lamento". Se mai davvero Tino tornerà nell'edicola chiusa, quella che oggi serve solo a reggerne la schiena curva mentre lui imperterrito vende giornali tra nebbia, pioggia e vento, non si sa. Di certo - senza sapere né voler sapere quali storie di burocrazia o ingiustizie vi siano dietro - a prima vista la sua situazione risulta totalmente incomprensibile a chiunque.

"Vabè, ma le ferrovie hanno problemi più grandi da gestire del mio, posso capirli - dice senza accenni di ironia, con una serenità quasi celeste - Io dico solo questo, l'importante è che tenga la salute. Senza quella non fai niente. Per il resto, io aspetto. Più dei soldi, mi fa piacere l'affetto di tanta gente che ogni giorno si ferma, mi parla, mi racconta come vanno le cose. Ho visto migliaia di studenti partire da qui per l'Università, alcuni ogni tanto tornano a trovarmi. E io sono in pace". Al freddo. O nella canicola. A Tino bastano il frusciare della carta, un gruzzolo di monete e gli studenti diventati mamme e papà per stare bene. Tutto ciò che a noi, vedendolo oggi dormire sotto una pioggia battente alle 2 del pomeriggio e con un'edicola fatta e finita chiusa a pochi centimetri di distanza, sembra semplicemente incredibile. E oltre.

Davvero non si può fare qualcosa di meglio per lui?

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