"Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare", quella vecchia volpe di Fellini l'ha detta bene.
E, come avesse partorito un'intenzione analoga, sulle stesse orme si è mossa la truppa del Lake Como Film Festival. Niente dichiarazioni d'intenti, sonatine ruffiane per ingraziarsi pubblici e critici, fanfare a premessa (meglio grandi applausi alla fine. E ci sono stati, accidenti se ci sono stati).I ragazzi hanno lavorato bene, anzi benone. Le parole non hanno parlato (se non nei momenti giusti): lo hanno fatto le immagini, l'organizzazione, le scelte, i risultati, quel sottile piacere (percepito da tutti) di trovarsi in un posto speciale, dal respiro internazionale, dove stava accadendo una cosa importante. Perché anche il LCFF è tra i grandi protagonisti degli eventi che da mesi contribuiscono a cambiare il volto di questa città.
La terza edizione è stata la mappa di un pensiero culturale completo, intelligente, ampio e pop. Cinema di qualità e divi, filmakers esordienti, pubblico entusiasta.Comunque, del successo indiscutibile del LCFF abbiamo ampiamente parlato su Qtime: La zampata del Lake Como Film Festival.
E qui abbiamo pubblicato Panascé il corto vincitore di Filmlakers, concorso organizzato all'interno della rassegna.Siccome i ragazzi del Festival ci sanno fare, con l'ultima serata non hanno chiuso baracca e burattini (e via per le ferie). Anzi, in questi giorni stanno riempiendo un preziosissimo archivio virtuale fatto di video e foto. Tra questi spunta un piccolo documentario, un brevissimo racconto (3'.43'') che riassume perfettamente il clima che per un mese (tra appuntamenti antipasto e portate principali) si è vissuto in città grazie a un Festival vigoroso e adulto.