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Cronaca

Una madre, l'amore immenso per il figlio autistico, la Como che non riesce ad aiutarla

Oggi pubblichiamo questa lunga, bellissima, sofferta lettera di una madre di Como (senza le generalità per scelta, ma chiunque volesse contattarla direttamente può scrivere a noi: redazione@comozero.it). Ha un figlio autistico, il legame - lo...

Oggi pubblichiamo questa lunga, bellissima, sofferta lettera di una madre di Como (senza le generalità per scelta, ma chiunque volesse contattarla direttamente può scrivere a noi: redazione@comozero.it). Ha un figlio autistico, il legame - lo leggerete - è di una profondità forse persino inafferrabile in situazioni senza tante difficoltà. Nelle righe che seguiranno, si leggono tre cose, di fondo: l'immenso amore di una mamma per suo figlio; la fatica immensa in una società che ancora presenta molte barriere invalicabili in casi simili; il senso di sconforto che le fa immaginare l'addio a Como. Il quarto elemento lo aggiungiamo noi e lo rivolgiamo alle istituzioni, senza alcuna polemica, con il solo spirito di dare una mano: non facciamo scappare dalla città questa madre e suo figlio, cittadini come ognuno di noi. Anzi, di più.

Buongiorno, come avrà capito ho un figlio autistico, che oggi ha 23 anni. Io sono divorziata e vivo sola con lui da 20 anni. Riguardo al padre, che non ha retto il peso del dramma che ci ha travolto e che sta con Christian solo poche ore a settimana, non ritengo sia né il luogo né il momento per esprimermi oltre. Come può ben immaginare ho una lunga esperienza alle spalle, fatta anche di momenti belli e di belle persone incontrate, ma anche di molte amarezze, spesso legate a carenze istituzionali e assistenziali, che accomunano, in realtà, tutto il nostro Paese.

Riguardo a Como ho però la netta sensazione che la situazione sia un po’ più difficile.

Come molti genitori di ragazzi autistici, mi sono ingegnata nel tempo per riuscire a capire cosa poteva aiutare mio figlio a migliorare la sua condizione. In un periodo in cui si stentava anche solo ad avere una diagnosi di autismo, ho consultato via internet i siti più disparati, anche quelli americani e la neuropsichiatra che seguiva Christian, mi passava riviste mediche specializzate perché potessi approfondire l’argomento.

La Nostra Famiglia, istituzione comasca tanto accreditata in certi ambienti, è stata la prima struttura alla quale mi sono rivolta e, dopo vari e vani tentativi di dialogo con operatori e responsabili, ho dovuto portare via mio figlio perché ritenevo sbagliato completamente l'approccio con lui, facendolo lavorare in gruppo con i bimbi down; ho ottenuto con ciò una relazione negativa nei miei confronti, che mi definiva, più o meno, una madre irresponsabile. Ora so che hanno un settore specifico per i bimbi affetti da autismo.

Da lì sono passata alla Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale S. Anna.

Quando Christian frequentava le scuole medie, stavo ottenendo buoni risultati facendo seguire a Christian lezioni di nuoto private, più indicate per le sue difficoltà, seguito da istruttori specializzati, presso la piscina di Casate (riaperta da poco dopo i lavori di ristrutturazione durati parecchi anni). Purtroppo mi sono ben presto ritrovata ad avere problemi con gli altri utenti poiché gli spogliatoi destinati ai disabili, essendo privi di docce, cabine ed asciugacapelli e forniti solo di panche e armadietti, costringevano gli utenti ad utilizzare comunque quelli abitualmente destinati a uomini o donne. Poiché mio figlio è maschio e io sono femmina, il ragionevole dubbio era: accompagnarlo io negli spogliatoi degli uomini o fare andare lui in quello delle donne? Ho scelto la seconda, ma poiché Christian era diventato un adolescente la cose ha creato non pochi problemi e ho dovuto rinunciare. Alquanto amareggiata per aver dovuto far abbandonare il nuoto a mio figlio per questo problema, tramite il quotidiano La Provincia e mantenendo l’anonimato, ho fatto presente la questione, ottenendo solo una risposta irridente e poco rispettosa da parte dell’assessore di allora che sosteneva che gli spogliatoi erano così strutturati in nome dell’inclusione e mi suggeriva di far accompagnare mio figlio da un uomo. Peccato che i servizi sociali mi avessero già detto, per altre questioni, di non aver sufficienti fondi per assegnare a mio figlio un educatore (oltre tutto difficile trovarlo uomo), che venivano destinati solo a casi molto gravi. Detto per inciso, a parer mio, qui l’inclusione c’entra poco e comunque un ragazzo autistico è stato costretto ad abbandonare un’attività per lui molto utile.

Per qualche tempo abbiamo provato anche con la frequenza presso ‘La Cometa’, ma anche lì, dopo circa un anno, ci hanno gentilmente comunicato che quella non era la collocazione adatta a Christian.

Nel tempo con la neuropsichiatra abbiamo anche fatto tentativi con varie associazioni e cooperative sociali private sul territorio perché fornissero a Christian delle attività al di fuori dell’ambito scolastico e familiare, ottenendo solo un nulla di fatto, sempre per la motivazione che, essendo Christian autistico, richiedeva un’assistenza specifica che nessuno era in grado di dare.

Finito il ciclo scolastico, dopo svariati e inutili tentativi di trovare una collocazione a mio figlio 19enne (compreso il tentativo di trovargli un lavoro adeguato alle sue possibilità), come ultima chance, l’assistente sociale del Comune di Como mi ha proposto una struttura gestita dal Comune stesso: le Serre di Mognano a Sagnino. Struttura, voglio sottolinearlo, con frequenza totalmente gratuita. Ma con tanti ma. Ho dovuto ricorrere nuovamente all’aiuto del quotidiano La Provincia, che ha pubblicato più volte articoli sulla base di una mia segnalazione riguardante lo stato di abbandono in cui versavano i locali destinati alle attività di circa 25/30 persone adulte che frequentano quotidianamente la struttura. Attualmente la situazione, grazie anche all’ intervento personale di due politici in particolare, è molto migliorata. Ci sono voluti però più di due anni e ci sono ancora molti problemi di spazio e di organizzazione, e andrebbe aumentato il personale educativo.

Ultimamente, leggendo del progetto di ristrutturazione delle Serre di Villa Olmo, ho inviato una lettera al Sindaco chiedendo di considerare la possibilità di prevedere uno spazio per dare una sede più idonea ai ragazzi di Sagnino, che potrebbero anche dedicarsi alla manutenzione dei giardini di Villa Olmo (attività già tra quelle attualmente svolte, ma in altre localizzazioni). Si potrebbe inoltre prevedere così un ampliamento del numero di ragazzi frequentanti la struttura, che lavora molto bene, con diverse tipologie di attività (non solo le serre) e con progetti personalizzati e molto elastici, in modo da adattarsi alle esigenze di ogni singolo ragazzo, che non è considerato solo un numero. Naturalmente non ho ricevuto alcuna risposta.

Il mio sogno, quello vero, sarebbe una struttura molto più articolata, dove ragazzi e adulti autistici e neurotipici, possano frequentare laboratori diurni di vario genere, scegliendo le attività per le quali si sentono più portati, sviluppando e affinando le proprie attitudini e abilità (cucina, pittura, piccolo artigianato tipo la tessitura, la falegnameria, la cesteria, il cucito, la creazione di piccoli oggetti o bigiotteria e via dicendo …), creando la possibilità di interagire con le persone all’esterno, magari vendendo in piccole botteghe i prodotti del loro lavoro, o con l’allestimento di un piccolo ristoro o bar, tipo agriturismo, frequentabile da famiglie.

Inoltre bisognerebbe destinare una parte della stessa struttura ad uso residenziale, con camere singole dove le persone autistiche possano ritrovare un proprio spazio privato quando ne sentano la necessità e con spazi comuni (non troppo grandi, perché le situazioni troppo rumorose o caotiche non si addicono ai soggetti autistici) destinati a varie attività: cucina, sala da pranzo con piccoli tavoli, palestre, sale ricreative e con spazi anche all’aperto con orti e giardini da curare e coltivare (è terapeutico), campi da basket o pallavolo, recinti con piccoli animali da accudire. Una struttura, insomma, dove questi adulti particolari trovino un mondo a loro misura, non coercitivo, ma protettivo e rispettoso della loro dignità, rassicurante e sereno, dove riconoscersi e iniziare un percorso di vita, che possa proseguire autonomamente dalla famiglia, soprattutto quando questa non sarà più in grado di esserci.

Credo che le idee non mancherebbero, coinvolgendo genitori di ragazzi con autismo.

Certo ci vuole personale qualificato che segua queste persone 24 ore su 24, una struttura adeguata (che io vedrei bene individuata nella Villa Giovio a Breccia, ora chiusa e quasi in abbandono) e, ovviamente parecchio denaro per realizzarla, magari con investimenti anche privati, oltre alla volontà VERA. Sarebbe bello che questa iniziativa partisse a Como dalle istituzioni pubbliche e non dai privati, come succede quasi sempre ora, ovunque sorgano queste realtà-satelliti in Italia.

Un’altra possibilità potrebbe essere rappresentata da piccole strutture (potrebbero essere appartamenti o villette anche di proprietà di privati, per esempio dei genitori o dei ragazzi stessi) destinate esclusivamente a residenza (tipo casa albergo) dove gruppi di 4/5 ragazzi possano vivere in un ambiente casalingo, assistiti da personale adeguato, fornito dal Comune, per tutte le necessità quotidiane e durante la notte, con la possibilità di uscire per recarsi in centri diurni per svolgere delle attività .

E il motivo per cui lasciare Como, oltre a quanto le ho raccontato, al senso di vuoto e abbandono, amarezza e delusione?

Tempo fa avevo letto di una associazione che era stata creata a Como proprio in riferimento all’autismo. Avevo preso nota di numero di telefono e indirizzo, ripromettendomi di contattarla. Ho fatto diversi tentativi, anche di recente, ma sembra sparita nel nulla: al numero di telefono non risponde nessuno, negli elenchi telefonici non se ne trova traccia e neppure all’indirizzo indicato. Che fare dunque? A chi rivolgersi per tentare qualche iniziativa, avanzare proposte, farsi sentire?

Qui e là in Italia qualche Centro sul tipo che ho descritto c’è già e qualcosa sta nascendo. Prossimamente andrò a visitarne una e avrò qualche dato più preciso su cui basare le mie decisioni future. Io non sono più tanto giovane ormai e ho investito molte energie nel seguire e crescere mio figlio, ottenendo risultati più che buoni seguendo metodologie in uso, all’epoca, solo negli Stati Uniti. Mio figlio è considerato grave, nello spettro del disagio autistico, perché ha un ritardo mentale e cognitivo; non parla quasi per nulla, neppure in caso di bisogno, difficile perciò indagarne e comprenderne il pensiero; con gli estranei non interagisce minimamente, distoglie lo sguardo, si allontana se viene toccato anche inavvertitamente; non ha senso dello spazio temporale e del pensiero astratto; non riesce a concentrarsi a lungo; non sa sviluppare strategie per risolvere i problemi; manca di progettualità e non ha capacità di organizzazione, pianificazione, programmazione; i posti affollati spesso lo fanno stare male e collassa se sottoposto a troppi stimoli emotivi.

Ha superato però la fase violenta e autodistruttiva e, per il momento, non si è più ripresentata; almeno per ora, non soffre di epilessia, male comune tra i soggetti autistici. Ha raggiunto una buona manualità, anche se molto lento nei movimenti. Riesce a fare molte attività sportive: cammina senza problemi in montagna e ovunque, va in bicicletta, pattina sul ghiaccio, nuota, sa sciare. A casa, nel suo ambiente, ha sviluppato molte autonomie: sa vestirsi adeguatamente, lavarsi da solo, apparecchiare la tavola e svolgere altri piccoli compiti; porta a spasso la nostra cagnolina (abitiamo in un’area privata residenziale piuttosto ampia, recintata e quindi sicura e tranquilla) e può anche stare per qualche ora da solo senza andare in crisi o combinare grossi guai, sa usare PC e tablet e passa molto tempo con i suoi modelli di camion ruspe e trattori. Con le persone che conosce da tempo, interagisce di più con gli sguardi, pur non parlando, e a volte ride anche alle battute elementari o alle semplici situazioni comiche. Come dicevo frequenta il Centro Diurno di Sagnino, ma solo tre volte la settimana e non sempre per tutto il giorno. Di più non si riesce a fargli fare.

Insomma, pur avendo un presente più o meno vivibile, il futuro comincia a spaventarmi e sento la necessità di avere una soluzione a portata di mano che mi faccia stare tranquilla nel caso in cui, per un qualsiasi motivo, un domani vicino o lontano io non possa più prendermi cura di Christian.

Purtroppo a Como non si vede neppure l’ombra di questa possibilità. Di qui l’esigenza di andare a trovarla altrove, senza aspettare troppo tempo perché un trasferimento significa adattamento, significa riambientarsi e riorganizzarsi in un contesto estraneo e, anche per me, più passano gli anni più questo diventa difficile.

Mi sono ripromessa di fare ancora qualche tentativo nell’arco di un anno, al massimo due. Ma non posso rimandare oltre una decisione necessaria per quanto difficile e, in parte, anche dolorosa. Ma ben più doloroso sarebbe per me pensare a mio figlio rinchiuso in qualche struttura ‘istituzionalizzata’ , molto simile ai manicomi di un tempo che si pensa non esistano più, dove sia ridotto solo a un numero senza identità, costretto in una realtà senza tempo e riferimenti, che lo faccia regredire e lo renda sempre più estraneo al mondo. Dopo tutta la fatica e tutta la vita spese in nome della sua dignità di essere umano. Due vite sprecate …. No, non lo posso permettere! Spero di non averla tediata troppo con questo mio lungo scritto: ho cercato di essere il più possibile chiara e concisa, ma non è facile.

La saluto cordialmente.

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