Terremoto in centro Italia, gli esperti comaschi dell'Insubria a Castelluccio di Norcia
L’evoluzione della sequenza sismica in Italia centrale è complessa ed è sotto la lente di ingrandimento di sismologi, geologi ed esperti di remote sensing. Da oggi, 2 novembre 2016, Alessandro Michetti, professore di Geologia dell’Università degli...
La sequenza sismica che ha colpito tra Amatrice e Castelluccio, lo scorso 24 agosto, ha innescato dapprima, il 26 ottobre, la rottura di un nuovo segmento della faglia del Vettore, quello più settentrionale, con due scosse principali e numerosi assestamenti tra Visso, Ussita, Preci e Castel Sant’Angelo sul Nera. L’evento più rilevante è quello del 30 ottobre, Mw 6.5, uno dei più forti sismi rilevati strumentalmente in questo settore della catena appenninica. La faglia attivatasi è la stessa che si è rotta ad agosto, generando tuttavia effetti molto più rilevanti che sono tutt’ora oggetto di indagini.
Le osservazioni condotte fino ad ora, frutto del coordinamento fra Dipartimento Protezione Civile, INGV, ISPRA, Università ed Enti di Ricerca italiani e internazionali, mettono dunque in evidenza che il terremoto di domenica mattina ha portato alla rottura in superficie di un segmento di almeno 15 km, con rigetti medi di 50-100 cm, che da Forca di Presta si estende fino a Ussita. Innumerevoli sono gli effetti ambientali secondari, specialmente frane, sbarramento della Nera con formazione di un lago temporaneo, crolli in roccia.
Il confronto con la storia sismica dell’area di Norcia insegna che questo tipo di eventi è caratteristico del settore al confine fra Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo. «Nel 1703, ad esempio, tre forti terremoti si susseguirono nel giro di poche settimane, il 14 gennaio a Norcia (Mw stimata 6.8), il 16 gennaio a Montereale (Mw stimata 6.2), e il 2 febbraio a L’Aquila (Mw stimata 6.7). È facile comprendere che sia in termini di energia liberata che in termini di durata della sequenza sismica, gli eventi di quest’anno non si discostano da quanto già conosciuto. È logico attendersi che questa sequenza possa protrarsi ancora nel tempo. Da questo discende la necessità di rilevamenti continui nel tempo degli effetti ambientali e della loro evoluzione» conclude Michetti.Gallery
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