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Cronaca

Processo alle classi dirigenti, Saladino: "Zero progettualità e deficit culturale condannano Como"

La sensazione è che, qua e là, a sprazzi, ancora senza un filo logico nitido ma come fossero piccoli geyser che annunciano un'eruzione dal profondo, a Como - partendo da sinistra per arrivare a destra - stiano ribollendo i germi di un processo...

La sensazione è che, qua e là, a sprazzi, ancora senza un filo logico nitido ma come fossero piccoli geyser che annunciano un'eruzione dal profondo, a Como - partendo da sinistra per arrivare a destra - stiano ribollendo i germi di un processo alla classe dirigente attuale e a quella che l'ha preceduta almeno fino ai primi anni '80. In maniera isolata e per la verità saldamente ancorata alla polemica politica contingente, il primo ad aprire i faldoni della storia politica e non soltanto politica della città era stato l'ex senatore Alessio Butti, contestando frontalmente una delle scelte che ancora oggi il capoluogo si trascina dietro: l'acquisto dell'ex Ticosa da parte del Comune di Como, ai tempi del sindaco Antonio Spallino e con Giuseppe Guzzetti presidente della Regione (qui le durissime accuse).

Poi, sabato scorso, è stato il turno - da tutt'altro versante - delle bordate del segretario della Cgil, Alessandro Tarpini, che invece ha puntato i fari sui danni determinati a suo modo di vedere dal ventennio di strapotere del centrodestra in riva al Lario come a Milano e, pur con qualche intervallo, a Roma. Lustri nei quali, la classe dirigente del Lario avrebbe sostanzialmente causato la perdita di peso politico di Como, resa più o meno vassalla della Varese fulcro del leghismo, e l'uscita del nostro territorio da ogni vera scelta determinante. Con, in più, una bastonata polemica anche per i vertici e l'operato delle supine categorie economiche comasche, immortalate da Tarpini nell'ormai celebre "bacio della pantofola" di Roberto Maroni, pur - sempre a suo modo di vedere - tra gli autori principi del declassamento strutturale lariano. Ieri, infine, abbiamo dato risalto alle posizioni politiche sul futuro del territorio espresse dal deputato Pd, Mauro Guerra, vedendoci - noi, non l'interessato direttamente - anche un stimolo (finalmente) superiore rispetto all'utile ma anche sterile insurrezione rabbiosa che ha contraddistinto il dibattito sulle aree vate finora, incardinato sulla mera ricomposizione della provincia Como-Lecco del 1992.

bruno-saladino-2gen16Oggi - da un terzo fronte ancora, certamente politico ma intriso anche di spunti culturali ulteriori - ecco che arriva la sassata dell'ex preside del Liceo Volta e attuale membro del cda della Fondazione Volta, Bruno Saladino. Il quale, puntando la vis polemica soprattutto oltre i palazzi della politica, ha veramente sparato a zero sulla miopia e sulla debolezza della (teorica) élite comasca di ordini, professioni e categorie economiche. E' accaduto ieri sera, nella serata organizzata da Ecoinformaizoni alla Cna di Como per un confronto sulle possibili priorità delle città da inserire nel prossimo bilancio comunale. Molti gli interventi, ma quello di Saladino si è inserito con durezza maggiore rispetto ad altri in questo strisciante dibattito sulle colpe dei padri e sull'inerzia dei figli.

"Ho una discreta esperienza di amministratore - ha esordito Saladino, già consigliere comunale ulivista - Ho ascoltato in molte e diverse occasioni gruppi di cittadini organizzati, ordini professionali, categorie, i miei stessi colleghi amministratori e ora ho letto l'ultimissimo sondaggio di Dario Alemanno, un po' scherzoso un po' serio, sulle aspettative dei consiglieri per l'ultimo anno di mandato (qui Saladino si confonde: il documento è stato prodotto dai consiglieri comunali ndr). Ebbene, il marciapiede la fa da padrone. E' vero - ha aggiunto - che siamo a fine mandato e bisogna volare basso, ma il tema del marciapiede è stato dominante". Ma se qui la tiratina d'orecchi alla maggioranza di centrosinistra in consiglio è tutto sommato bonaria, dopo seguono scudisciate ben diverse e ben oltre Palazzo Cernezzi. viale-varese-posti-blu"In generale - ha allargato il campo Saladino - rarissimamente io ho colto uno spessore di prospettiva, rarissimamente mi sono arricchito dall'ascoltare chi su questa città per i prossimi 20-30-40 anni scommetteva qualcosa. Spessissimo mi sono trovato davanti a microrivendicazioni di categorie e corporativismi nemmeno celati o nascosti, per cui il mondo del commercio vuole i posteggi, il mondo dell'edilizia vuole che si riprenda il mattone e così via. Ecco perché questa città sta declinando: perché ha un grave deficit culturale". L'ex preside del Volta - oggi pubblicamente impegnato contro le riforme costituzionali del governo Renzi - ha ripreso anche i temi lanciati da Tarpini sabato nel convegno Pd sulle Aree Vaste. como-panorama-alto"Ho apprezzato il j'accuse di Tarpini sulla classe dirigente che ha fatto perdere a Como tutta una serie di priorità e ha gradatamente ma inesorabilmente condannato questa città alla marginalità tanto che tra poco avremo il Lago di Sondrio, il Lago di Lecco e il Lago di Como. Persino le glaciazioni stiamo mettendo in dubbio, perché questo era un bacino unitario. Como ha perso terreno, diceva Tarpini con un'analisi spietata ma corretta, perché ha un deficit di cultura. Questa città non progetta il suo futuro perché non è in grado di farlo. Tante città nel mondo progettano il proprio futuro e lo realizzano perché hanno il supporto di cultura, immaginazione, volontà. Oltre a questo piagnisteo diffusissimo che abbiamo per tradizione e per cui ci piangiamo molto addosso, qui non progettiamo". novocomum-pierpaoli-1Una "dedica" particolare è stata rivolta agli Architetti. "Quando il Comune ha organizzato una riunione tipo questa per sapere dagli architetti cosa volessero per la città di domani, speravo che venisse fuori qualcosa. Bene, voi credete che sia venuto fuori qualcosa? Non è venuto fuori un tubo. Posso essere tacciato di spocchia ma io dai professionisti del settore mi sarei aspettato che almeno l'urbanistica di Como dei prossimi 40 anni avesse un qualche disegno. Invece non viene fuori niente. Questa città non ha più uno stimolo e una capacità culturale di progettare il futuro. Purtroppo, però, queste cose ce le diciamo sempre e solo noi 50. E anche quando andiamo nei quartieri per chiedere ai cittadini le priorità, o la parola "priorità" la si carica di significati valoriali oppure viene fuori che Camerlata vuole il suo parcheggio e Rebbio vuole il vigile di quartiere. Questo è il massimo della proiezione futura che il cittadino, suo malgrado e senza colpe, chiede. Non ci illudiamo: i quartieri vogliono che il giardinetto del loro quartiere abbia le panchine in ordine, ma è la politica che deve fare il salto di qualità e allargare i suoi orizzonti. Ma qui fermo, sennò dovrei ricominciare daccapo". redazione@comozero.it

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