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Cronaca

Libeskind, ecco Michele Bollini che ha vinto e vuole stravincere

Michele Bollini è architetto affermato da molti anni (qui il suo ampio curriculum). Quindi a Comozero non deve assolutamente nulla del suo successo personale e professionale. Sullo specifico della vicenda Libeskind, però, questo spazio ha per...

Michele Bollini è architetto affermato da molti anni (qui il suo ampio curriculum). Quindi a Comozero non deve assolutamente nulla del suo successo personale e professionale.

Sullo specifico della vicenda Libeskind, però, questo spazio ha per primo dato voce alle sue (talvolta enormemente pretestuose, talaltre argomentate e appuntite) posizioni. Per questo - quasi a chiudere idealmente il cerchio avviato con questo articolo il 13 settembre scorso - oggi raccogliamo la sua valutazione finale sulla storica pagina che ha vissuto Como in questi mesi (sì, storica: verrà ricordata a lungo "la battaglia della diga").

E ora - favorevoli o contrari che siate - scenda il sipario sul "pre-Libeskind" e si accenda la luce sulla fase 2: il cantiere alle porte. Di seguito, il testo integrale di Michele Bollini.

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La battaglia delle opinioni intorno a “The Life Electric” sostenuta dal Comitato pro Daniel Libeskind è sempre stata incentrata sull’occasione per la Città di Como di avere o non avere un opera del grande Architetto nell’anno di EXPO 2015. Ricordo che queste occasioni non capitano ad altre Città italiane se escludiamo Milano che ne avrà ben 4 posizionate all’incrocio tra Cardo e Decumano nel sito di Expo, in quella “Piazza Italia” che il mondo intero si accinge ad attraversare.

Bene, cosa poteva fare Lucini di fronte alla proposta dei privati che, lo ricordo ancora una volta, hanno prima di tutto pensato ad una riqualificazione di un tratto del Lungo Lago (la diga), pesantemente degradato e poi al posizionamento dell’opera in questione. Poteva forse dire no?

Ma come, ci offrono di riqualificare la diga e impreziosirla con un opera d’arte di un Architetto di fama mondiale e noi rifiutiamo? Sarebbe passato alla storia come il Sindaco del “gran rifiuto”! Inutile anche la precisazione in merito ai tempi stretti. E’ palese che occorre fare in fretta, mancano davvero pochi giorni a Expo2015 e a Como, “The Life Electric” rischia di essere la sola novità che sappiamo presentare al mondo, nonostante gli anni trascorsi, nei quali abbiamo più parlato che fatto.

Ci sono molti modi per manifestare il proprio dissenso. Quello del referendum è un modo che io avrei scartato in partenza dopo avere letto le tempistiche del regolamento. 1) E’ puramente consultivo e non abrogativo 2) E’ costoso e le vie per abbassare i costi impossibili 3) E’ un procedimento dai tempi lunghi per ottenere risposte ovvie. Per questi motivi era da scartare. Mentre c’è un altro procedimento che si chiama petizione che negli effetti è molto efficace. Non costa niente, le risposte vengono date in 60 giorni. Alla petizione poi avrei allegato le firme faticosamente raccolte in modo da avvalorarne l’efficacia. Dire che il referendum è una manovra politica volta a finanziare la campagne elettorale del gruppo promotore è una verità ormai sotto gli occhi di tutti. E’ la visibilità che si cerca, nient'altro che questa, visto che tutto il resto dei sani principi con questo tipo di strumento e con queste tempistiche sarebbero inutili. E’ sotto gli occhi di tutti quelli che hanno visto la sceneggiata patetica del giorno in cui sono state depositate le firme. In una mano le speranze dei cittadini, nell’altra una scopa per “spazzare via Lucini”. Ma allora il tema è Libeskind o Lucini? Sinceramente non mi sento solidale con questo modo di fare politica dell’opposizione, soprattutto se per farlo si utilizzano soldi dei cittadini. Meglio che i soldi vengano utilizzati, anche se in minima parte (10%) per fare qualche cosa di costruttivo, per sistemare la diga distrutta da Orione e ridarla alla collettività dei comaschi perché si possano riappropriare di un luogo e possano godere di uno spazio nuovo e riqualificato. Non me ne voglia Rapinese ma ZTL e Libeskind sono due indizi che fanno una prova, la totale incapacità di occuparsi della “cosa pubblica” che non è un dramma, solo una costatazione. Michele Bollini
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