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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Lariopolda, il giorno dopo: le 5 cose da salvare e le 5 da buttare

Spiace (non è vero, ndr) dirlo, ma la frase migliore in assoluto sulla Lariopolda l'ha scritta Enrico Marletta nel suo articolo su "La Provincia": "Nel gran calderone della Lariopolda, dove si ragiona a colpi di hashtag e l'ottimismo è un dover...

Spiace (non è vero, ndr) dirlo, ma la frase migliore in assoluto sulla Lariopolda l'ha scritta Enrico Marletta nel suo articolo su "La Provincia": "Nel gran calderone della Lariopolda, dove si ragiona a colpi di hashtag e l'ottimismo è un dover essere, si trova di tutto". Definitiva. E allora - sempre sul filo della leggerezza - vediamo, naturalmente a modo nostro, le 5 cose da salvare e le 5 cose da buttare dell'evento andato in scena a Lariofiere.

Le 5 cose da salvare

1) Senza dubbio l'idea di base - che è cosa molto diversa dalla realizzazione pratica - secondo cui la politica (perché ribadiamo: la Lariopolda è un evento esenzialmente politico) si deve necessariamente aprire a un mondo "altro", sia esso imprenditoriale, artistico, professionale, volontaristico o altro, molto più di quanto non sappiano fare concretamente i partiti tradizionali. Un input buono, soprattutto in un tempo in cui la frattura tra palazzo e resto del mondo si è allargata a dismisura, e dove un momento - anche festivaliero, più che profondo - come la Lariopolda può fungere da "micro Caronte" tra due mondi spesso lontani.

2) Riferendosi nello specifico a ieri, certamente va salvato l'intervento dal palco della vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli. Una lunga storia nella Cgil, ora impegnata nella traversata della modernità renziana con un alto ruolo istituzionale, ha stroncato la definizione "totalitaria" data dalla Cgil all'uscita di Matteo Renzi sul sindacato unico (concetto a cui Fedeli avrebbe certamente sostituito unitario), ha messo in guardia il Pd sui rischi delle prossime elezioni amministrative e regionali con un sano realismo, ma in generale (rivendicando anche i successi del governo nazionale) ha trasferito alla platea una passione, una competenza e una proprietà di linguaggio alto davvero sopra media.

gaffuri-lariopolda3) Promossa anche la gestione della giornata da parte di Alberto Gaffuri e - sì, incredibile - di Salvatore Amura. Pur concedendo qualche libertà in più agli oratori sui tempi, comunque sempre accettabili, entrambi hanno vissuto la Lariopolda (nello specifico la parte del pomeriggio) senza intrusioni o protagonismi eccessivi, guidando "la macchina" senza il gomito fuori. Una buona scelta, che ha permesso che il significato politico di quanto stava accadendo emergesse comunque naturalmente (ne abbiamo parlato a lungo qui) ma senza forzature pratiche ed estetiche. Saggi (soprattutto Amura, solitamente non proprio un fuoriclasse del basso profilo).

4) L'organizzazione dell'evento: impeccabile e suggestiva sia da un punto di vista burocratico generale, sia per la gestione tecnologica tra video, musica, social network. Davvero 2.0, pur senza eccessi. Molti partiti e non soltanto dovrebbero prendere esempio.

5) Questa, in realtà, è una cosa sì da salvare ma dalla prima Lariopolda, forse meno efficace politicamente (soprattutto per Alberto Gaffuri) ma senza dubbio più fresca, originale, persino divertente e certamente pià emozionante. Ecco, riprendere l'idea del personaggio che in 5 minuti racconta la sua vita, la sua esperienza, le sue cadute e le sue vittorie, magari pure con brevi videoclip come a novembre, sarebbe un'ottima cosa. Perché quegli interventi furono belli e spesso suggestivi, oltre a parlare davvero della Como sommersa ma spesso più eroica di quella che ieri ha affollato i tavoloni tematici, di cui parliamo (male) nelle 5 cose che butteremmo. tavoli-lariopoldaLe 5 cose da buttare

1) I tavoli tematici, appunto: subito, immediatamente. Sovrastruttura - per di più senza un briciolo di originalità, ricacalcati totalmente sulla Leopolda vera - utile soltanto a chi li organizza per il piacere di vedere tanti nomi assieme appassionatamente. In due ore (ma non potrebbero certamente essere di più), con una decina di persone sedute allo stesso tavolo senza nulla o quasi in comune, senza una traccia da seguire, senza alcuna linea logica da interpretare, i tavoli diventano orpello senza sbocco. Una parata statica - pur nobile - di doppiopetti e doppi menti davvero evitabile, che nulla aggiunge all'esperienza Lariopolda ma le toglie gioventù e freschezza. Si facciano microdibattiti tra 2-3 persone solitamente "inaccostabili", piuttosto. Sarebbero molto più divertenti.

2) I tavoli tematici, ancora: l'intento di radunarvi attorno tante intelligenze in realtà è anche riuscito (noi spezziamo una lancia particolare per il tavolo #attrarre) ma si è mischiato con una sensazione generale e con diverse presenze specifiche che a tratti hanno restituito l'immagine di "vecchio apparato alla riscossa", fattore che ha già irrigidito notevolmente l'anima della Lariopolda rispetto alla prima uscita. Comprensibile la volontà di piacere a tutti degli organizzatori, ma se questa fosse la linea del futuro, la Lariopolda più genuina e alternativa a un qualunque congresso politico o sindacale sarebbe da considerarsi finita.

3) Le apparizioni controvoglia di alcune gerarchie del Pd: dannose sia per chi è stato lì con chiaro senso di insofferenza, sia per chi li ha invitati e ne ha dovuto "sopportare" la presenza.

alfieri-lariopolda4) L'incursione del segretario regionale del Pd, Alessandro Alfieri, costretto al sua arrivo ad andare prima a stringere le mani del partito (quelle del segretario provinciale Savina Marelli e del segretario di Como, Stefano Fanetti) a un tavolo separato dal resto della sala, e poi a intrattenersi con Alberto Gaffuri e gli altri organizzatori. Nel mezzo, un intervento di pochi minuti del tutto insignificante. Un marchio politico evitabile, quantomeno fatto così, con l'unico risultato di restituire l'idea plastica di dover ricorrere due mondi lontani in un democristiano anelito unitario malriuscito.

5) La lunghezza complessiva della manifestazione, durata dalle 10 alle 18: forse troppo, con il risultato di diluire eccessivamente il lato emotivo della Lariopolda, ossia il suo vero pezzo forte. In genere, poi, non è mai un bello spettacolo quando si inizia una cosa al mattino con 150 persone e la si finisce la sera con la metà dei presenti.

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