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Cronaca

L'amore ibernato Pd-Lucini e il rischio rughe e reduci per Landriscina: un'analisi

La serata di martedì scorso potrebbe essere ricordata tra 15 mesi circa - cioè a elezioni comunali concluse - come lo snodo imprescindibile ed essenziale per ogni cosa e per qualsiasi esito delle urne. Lo dicono i fatti e soprattutto lo dicono le...

Da anni, ormai, la poderosa cinghia di trasmissione di Gaffuri - vedasi Stefano Fanetti, Paolo Furgoni e ora a pieni poteri anche Angelo Orsenigo - macina fronde interne o temi controversi con la stessa difficoltà con cui un panzer passa su una cimice. E l'altra sera, in Cna, se ne è avuta forse la più plastica dimostrazione di ogni tempo: di fronte a una giunta di Como sostanzialmente impantanata su ogni grande fronte (paratie, Ticosa, punto cottura ecc) e davanti alle insidie di casi assolutamente minori in assoluto ma velenosissimi per la percezione dei cittadini rispetto all'efficacia di sindaco ed esecutivo come ad esempio via Rubini, l'attesissima serata di confronto tra il Pd e Lucini si è risolto in un'ovazione reciproca senza precedenti. Un connubio sancito da così tanta acriticità e da una così scientifica mancata analisi minimamente profonda del quadro politico-amministrativo, che di sicuro quell'evento un punto lo ha messo: il percorso della classe dirigente attuale del Pd, soprattutto a Como città, seguirà da ora in avanti la stessa traiettoria politica di Mario Lucini: vince uno, vincono tutti; perde uno perdono tutti. Altra possibilità, dopo l'abbraccio di martedì sera, davvero non si intravede.

landriscina-mario-17feb16Se dunque il Pd sembra optare per l'ibernazione dello status quo credendoci convintamente, dal campo opposto - politicamente molto camposanto, a Como, finora - giunge dopo anni di complessivo e funereo silenzio uno squillo di tromba. Dal cilindro di Forza Italia e Lega Nord principalmente - cosa che è già costata la dura rampogna da parte di Fratelli d'Italia per il mancato coinvolgimento - ieri è spuntato il responsabile del 118, Mario Landriscina, quale possibile candidato sindaco.

Il sindaco Stefano Bruni contento per la vittoria della BordoliDifficile dire se sia più imbarazzante - di fronte a uno dei nomi apparentemente migliori in circolazione in ambito civile o quantomeno parapolitico - la microrissa inscenata da un potenziale interlocutore importante della coalizione o i microrisentimenti che la scelta condotta a un livello comprensibilmente non da piazza pubblica abbia innescato in alcune personalità del fronte in causa. In entrambi i casi siamo nei canoni più classici della politica in genere e di quella comasca in particolare, dove il distinguo, specialmente se velenoso, è esso stesso piacere. Dando per scontato che le baruffe nell'aria lasceranno in prospettiva il tempo che hanno trovato, i veri pericoli mortali per il primo segno vero di discontinuità del centrodestra cittadino rispetto all'epoca Bruni (in consiglio siedono esattamente o quasi gli stessi consiglieri o ex assessori che erano presenti nel 2007-2012, per dire) sono ben altri.

Il primo è ovviamente l'anticipo estremo con cui il nome di Landriscina è diventato pubblico: su questo il comunicato di Fratelli d'Italia non ha torto, il rischio di rimanere "bruciato" subito tra gazzarre, eccezioni e invidie è alto se non altissimo. Tra l'altro, di figure brave a divorare i suoi figli (talora senza apparenti motivazioni serie ma anche solo per sfizio), il centrodestra è zeppo da sempre. Non bisogna poi dimenticare che l'esito delle elezioni milanesi di primavera, soprattutto in caso in insuccesso del candidato di Salvini e Berlusconi, potrebbe avere riverberi pesanti e fulminei anche sul Lario. C'è poi un altro tema, che si potrebbe riassumere con il detto "una rondine, non fa primavera". Come detto, è davvero difficile ipotizzare un nome migliore di quello di Landriscina da pescare fuori dagli uomini di partito, ma attorno a lui il centrodestra cosa pensa di mettere? La riedizione delle giunte precedenti, remixate alle bisogna? Sarebbe la fine immediata dell'esperienza stessa: contornare Landriscina (furbescamente o per assenza di alternative) delle figure che hanno partecipato da protagoniste ai fallimenti del passato affidando soltanto ai baffoni simpatici del medico l'operazione simpatia tra la gente sarebbe mossa avvilente e senza futuro.

Eppure ancora oggi basta andare a una convention di Forza Italia, a un raduno della Lega o a un convegno di Fratelli d'Italia per avere più la sensazione di rimpatriate tra combattenti e reduci che non di inni al ricambio generazionale. Se da quei serbatoi, bolsi e sfiancati, Alessandro Fermi, Nicola Molteni e Alessio Butti dovranno pescare volti e nomi per liste e (teoriche) giunte, l'operazione "118" avrebbe già bisogno di essere rianimata in sé. Se invece, per paradosso, l'enorme anticipo con cui è partito l'avvicinamento al voto 2017 sarà tramutato da rischio mortale di autocombustione in un percorso di rinnovamento e radicamento di qualcosa di diverso dal "fu Pdl", allora le ambizioni della coalizioni quantomeno di giocarsela con il centrosinistra avrebbero un senso. Nel caso migliore, tra 15 mesi l'operazione potrebbe essere percepita dai comaschi come qualcosa di nuovo ma solido, capace pure di far invecchiare l'immagine identica a se stessa degli sfidanti e comunque (anche in caso di sconfitta) come un nuovo inizio. Nel caso peggiore, l'armata Landriscina potrebbe arrivare spompa o già soffocata dalle rughe politiche del passato a deturparne volto e senso. Non male, come bivio.

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