La volgarità di quei mattoni e il grande wurstel sul Monumento alla Resistenza
Ormai è un dato di fatto: esiste una fetta di città - e segnatamente la "fetta" più nobile, il lungolago e i suoi prolungamenti - dove tutto o quasi è lecito. E' lecito posare enormi monumenti sulla diga foranea, è lecito posare casette di...
Ormai è un dato di fatto: esiste una fetta di città - e segnatamente la "fetta" più nobile, il lungolago e i suoi prolungamenti - dove tutto o quasi è lecito. E' lecito posare enormi monumenti sulla diga foranea, è lecito posare casette di legno sulla passeggiata, è lecito costruire cubi di cemento alti un metro e mezzo per custodire contatori all'interno dei giardini a lago, nel cuore di una zona verde (almeno fino a qualche anno fa) ritenuta paesaggisticamente delicata. E, per di più, piazzando il mostriciattolo esattamente in prospettiva rispetto al Monumento alla Resistenza Europea, senza alcuna cura estetico-paesaggistica per l'ambiente intorno. C'è, insomma, una fascia di Como dove chiunque arriva monta, costruisce, impianta ciò che vuole e poi - soltanto poi - l'amministrazione comunale o le altre autorità preposte a controlli e verifiche intervengono a sanzionare, rimuovere oppure eventualmente permettere e autorizzare (a proposito: ma esiste ancora una Soprintendenza? Quella che opera oggi è la stessa che chiese formalmente a Palazzo Cernezzi di interrare la cabina Enel a servizio delle paratie prevista proprio ai giardini a lago, nel dicembre scorso? Non vale più questa identica prescrizione quando si tratta di "Life Electric"? Misteri a cui qualcuno dovrà rispondere).
Ma torniamo a quel mostruoso cubo di cemento sorto nelle ultime ore per dare luce e corrente al monumento di Libeskind e spuntato esattamente sotto la targa del Lungolago Mafalda di Savoia (che omaggio per la principessa morta a Buchenwald nell'agosto del 1944). Sappiamo benissimo che alcuni comaschi - anzi, non pochi - diranno che è ora di smetterla di lamentarsi di tutto, che non si può criticare anche un "semplice" alloggio per contatori elettrici, che i problemi sono le paratie e il lungolago o semplicemente che da qualche parte gli allacciamenti andavano pur fatti. Posizioni oltremodo legittime che, però, qui non attecchiscono. Perché - per quanto si parli di una superficie limitata e non di un grattacielo - a volte è il valore simbolico di un intervento che predomina su tutto. A modo di vedere di chi scrive, questo è esattamente un caso di specie. Perché l'ostentata volgarità di quel cubo di cemento, la sua sgraziata e pesante infissione nel verde cittadino, la spregiudicata noncuranza di chi ne ha ordinato la posa, lo squallido effetto finale del tutto (ah: un tutto definitivo, per nulla temporaneo come pareva in mattinata) non parlano soltanto dell'ennesima lamentela dei giornalisti a caccia di scandaletti da gonfiare. Parlano di sciatteria, di noncuranza assoluta verso il giudizio e la sensibilità altrui, parlano di un disinteresse insacalfibile per una scelta migliore rispetto all'imperativo del "fai su", "tira su", "metti giù".
E quand'anche il cubotto di mattonacci fosse perfettamente regolare, perfettamente autorizzato e perfettamente compatibile con i criteri ambientali e paesaggistici della zona, resterebbe la delusione infinita per la mancanza di ogni sensibilità anche solamente estetica di colui o coloro che hanno dato l'ok a quella soluzione. Chissà, magari, ironia della sorte, gli stessi - in senso lato - che hanno innescato la battaglia delle fioriere e dei colori delle tende dei bar del centro, la scorsa primavera.