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Cronaca

Jurassic World, l'Indominus Rex e i bambini modificati geneticamente

Venerdì scorso ho portato mio figlio a vedere Jurassic World. Ci teneva come fosse in attesa dei regali di Natale. Ha 10 anni o 9 plus, se vogliamo usare la terminologia della Mela, visto che li ha compiuti da una manciata di giorni. Il mondo...

Venerdì scorso ho portato mio figlio a vedere Jurassic World. Ci teneva come fosse in attesa dei regali di Natale. Ha 10 anni o 9 plus, se vogliamo usare la terminologia della Mela, visto che li ha compiuti da una manciata di giorni.

Il mondo intero sta andando a vedere Jurassic World: primo film nella storia, ha incassato 511 milioni di dollari nei primi 3 giorni. Ero curioso anche io, che di anni ne ho 40 plus, ammaliato dal celeberrimo episodio capostipite e dai negletti capitoli successivi. Ebbene, a 3 giorni di distanza dall'uscita da quella sala grande, comoda, scura e all'aroma di popcorn, stracolma di bambini molto più piccoli del mio (ne avrei "datati" almeno una ventina "under 6"), non mi sono ancora ripreso dallo shock. Uno shock tutt'altro che irreparabile, ovviamente. Diciamo allora una sensazione forte, per restare in Italì, di quelle che come una macchia d'olio (scura, però) continuano ad allargarsi e restringersi per giorni tra petto e stomaco. Con saldissimi agganci nel pensiero.

Perché?

Perché, molto più che l'Indominus Rex, il mega dinosauro protagonista del film creato in laboratorio tra incroci e provette, l'unica "cosa" veramente modificata geneticamente in quella sala mi sono sembrati, in fin dei conti, i bambini spettatori. A partire da mio figlio.

Sgombriamo subito il campo da un equivoco: "Jurassic World" è uno spettacolo incredibile, un vero caleidoscopio di colori, emozioni, avventure, sentimenti, azione sfrenata. Ed è ovviamente un monumento di fotogrammi dedicato all'amore di ogni infanzia (e oltre): i dinosauri. Sembrano veri, in quelle due ore, per dirla alla buona. Ma veri sul serio: impressionanti, affascinanti, splendidi. E, per concludere la premessa, credo sinceramente che non esisterà un solo bambino al mondo che subirà traumi dalla visione di T-Rex affamati, Indominus Rex giganteschi, Velociraptor perennemente in corsa. Quello che voglio esprimere qui è altro. E' lo stupore (non solo positivo, certo, a costo di passare per vecchio e arretrato) per un film che trabocca di morti, violenza (su persone e dinosauri stessi), sangue a bicchierate, amputazioni, parolacce ogni 5 minuti o quasi. Ovvio: senza mai oltrepassare il limite dello splatter autentico, dell'horror vero e proprio. Ma sfiorandolo, quel limite, ripetutamente, convintamente, ossessivamente.

Si dirà che le premesse di questo epilogo erano già tutte nei primi 3 film della serie "Jurassica" (l'originale uscì 22 anni fa). Eppure, almeno per me, resta stupefacente pensare che proprio nelle settimane scorse si sono celebrati o annunciati i 30esimi anniversari di film culto/generazionali di quando 10 anni li avevo io e forse molti di voi ora mamme e papà: "I Goonies", "Ritorno al futuro", un anno prima "La storia infinita", nel 1982 "E.T.". Quelli erano i film dei 10 anni per i nati negli anni 70. Avventure, certo, con qualche scossone, magari capaci di dare qualche brividino, ma in fondo di un'ingenuità per famiglie che davvero metteva d'accordo tutti.

Beh, tra quei blockbuster di allora e il "Jurassic World" di oggi - tenendo magari come primo passo verso l'evoluzione (?) l'originale "Jurassic Park" del 1993 e già decisamente più "strong" - si apre veramente uno dei fossati generazionali più grandi e profondi concepibili, almeno per un 42enne padre del 2015. Insomma, tutto questo per dire che non è tanto - anzi, affatto - la condanna all'Indominus Rex che si vuole esprimere qui. Quanto, piuttosto la meraviglia e sì, anche il timore di sottofondo, nel vedere bambini di 4-5-6 anni fino a tuo figlio di 10, non battere ciglio davanti a un avambraccio divorato, a parolacce in sequenza, a ignari visitatori del parco giurassico dilaniati e strappati di bocca e bocca in volo da uno stormo di pterodattili (credo si chiamino così). L'enorme platea di bambini tutta attorno a me se ne è sostanzialmente "fregata" dei potenziali pugni nello stomaco che tentavano di assestare il grande schermo davanti a loro e i denti sempre insanguinati dell'Indominus Rex. Meglio, in fondo: nessuno griderà allo scandalo, nessuno (immagino) porterà chissà quali conseguenze per la visione del film (senza alcun divieto di età in Italia). Ma rendersi conto di quanto si sono alzate in 30 anni la tolleranza e l'assuefazione dei più piccoli verso i concetti e le rappresentazioni di violenza, paura e linguaggio triviale resta, come minimo, un buon motivo per amare ancora di più (nostalgicamente e un pochino impaurito) i Goonies ed E.T. Sperando che stanotte, solo più stanotte, la lampada dei "Looney Tunes" si spenga pronunciando "ciao papi".

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