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Cronaca

Il semicerchio di Costruiamo lancia il "Manifesto per l'etica nella città di Como"

Disposti quasi a mo' di loggione teatrale, ieri - a semicerchio, da destra verso a sinistra - il preside della Facoltà di Scienze Umane della Libera Università degli Studi di Scienze umane e tecnologiche in Lugano, Fabio Gabrielli, il presidente...

Disposti quasi a mo' di loggione teatrale, ieri - a semicerchio, da destra verso a sinistra - il preside della Facoltà di Scienze Umane della Libera Università degli Studi di Scienze umane e tecnologiche in Lugano, Fabio Gabrielli, il presidente dell'associazione culturale "Costruiamo", Luca Levrini, il professore Angelo Palma, il fotografo Enzo Pifferi, il socio fondatore Pino Zecchillo (altresì dirigente di Italia Unica) e l'avvocato Roberto Simone, figura di spicco del Lions Club Como Host hanno presentato il "Manifesto per l'etica della città di Como". Tra obiettivi di "costruire una società migliore", ambientazioni dalle suggestioni "astrologiche" - fusione perfetta, ad esempio, nel mix tra il tema dell'evento e il nome dell'ambiente del Casino Sociale che l'ha ospitato: la "Sala Zodiaco" - e meditazioni, questa è la seconda iniziativa simile presentata da "Costruiamo", dopo il Manifesto della cultura. "Ne seguirà un terzo - ha già annunciato Levrini - e sarà dedicato al sociale".

luca-levrini-2ott15"Ci rivolgiamo al politico e al cittadino - ha detto Levrini - non puoi essere né l'uno né l'altro se non sei etico nei tuoi comportamenti. Auspichiamo da una parte che le scuole affrontino il tema, magari attraverso laboratori e seminari dedicati. Le famiglie, dal canto loro, devono essere il primo "strumento" di dialogo e di ricerca per il bene della città. Mentre l'invito alle pubbliche amministrazioni è di riflettere sulle proprie azioni. Con questo, non vogliamo affatto dire che Como non abbia caratteristiche etiche e forti valori in sé. Ma pur ritenendo la città etica, c'è ancora una grande potenzialità per migliorare e lì guardiamo noi. L'obiettivo è che il vivere etico non rimanga più qualcosa di estemporaneo nei singoli o nelle associazioni di volontariato ma diventi qualcosa di strutturato, non visto come supplenza per l'assenza di scuole a amministrazioni".

costruiamo-2ott15-2"Como - è intervenuto l'autore del manifesto e filosofo, Fabio Gabrielli - è espressione paradigmatica dell'altro, perché è città di confine. Como è se stessa ma anche altro, come terra di confine che si lascia plasmare dalle terre confinanti. Como è anche città liquida e rappresenta 2 cardini dell'etica: esperienza dell'altro, grazie alla posizione di confine e liquidità, ossia lo scorrere continuo della vita all'interno di cui cerchiamo un punto fisso". Il manifesto - come ha annunciato Zecchillo - ora sarà inviato a tutti i presidi delle scuole di Como, con la disponibilità dell'associazione a collaborare concretamente per la realizzazione di lezioni o laboratori.

Di seguito, il Manifesto integrale.

Como è città di confine, quindi soglia, framezzo che sorregge la porta, connessione tra interno ed esterno,

striscia di carne e vita da cui esce mondo ed entra mondo.

Ma Como è anche bordo, incisione, divisione, ritaglio che profila, pur nella sua fragile consistenza, una struttura:

nel limite della sua singolarità (un bordo), Como, unicum geografico e antropologico, scalpella il Ticino e la Lombardia

come spazi di un umano altrimenti privo di consistenza, appunto di un bordo.

Como, però, è anche citta lacustre, quindi liquida, consapevole della continua instabilità dell’umano,

del suo scorrere in un avanti mai compiuto; fiotti d’acqua che toccando la riva, subito si ritraggono,

lasciando nella dura consistenza della terra una traccia, un segno,

un’impronta che, nel suo mescolarsi alle innumerevoli altre tracce,

spalanca un mondo di idee, progetti, relazioni, una civitas.

Ebbene, le immagini della soglia, del bordo, della liquidità traducono con assoluta plasticità

l’abitare come eccedenza di senso rispetto al mero costruire.

Abitare come “coltivare e custodire il campo”, progettare e avere cura del progetto,

dare una direzione di marcia alla propria vita, custodendone l’irripetibilità e condividendone il tracciato.

Pregna di etica febbrile, di un agire mai domo, che si sostanzia nella compattezza del quotidiano,

Como coglie il lavoro come vocazione, chiamata ineludibile al senso della terra: silenziosamente,

ogni giorno, senza infingimenti, nel segno della propria biografia,

ma anche di quella ininterrotta narrazione comunitaria cui da sempre appartiene.

Nel suo realizzarsi mondano, Como intercetta il punto di slancio comunitario:

non il dono urlato della propria fatica, bensì il sussurro, il gesto trattenuto, la sillaba smorzata,

che si fanno condivisione di ricchezza, di pensiero, di faticata moneta e sovrabbondanza comunitaria.

Se l’uomo è essenzialmente non linguaggio ma colloquio, Como ne è l’immagine più schietta:

città che lievita il pane con fatica, lo custodisce con intima cura,

lo spezza senza rumore, affinché anche il mondo non ne sia privo.

Da qui, l’elogio del cittadino come costruttore attivo di spazi politici fecondi e umanizzanti,

nel segno di una politica intesa come inizialità, generatività, eticità,

dono mai concluso di sé all’edificazione di una civitas gravida di vita.

Fabio Gabrielli

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