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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Il "miglior articolo di sempre su Libeskind" di Bollini? Già scritto (in parte) da un prof di Roma

Questo articolo non sarebbe mai esistito senza la segnalazione di un lettore particolarmente attento che, nell'interpellarci via web, ha scelto come nickname "Prof Cipriani's pride". Tradotto l'orgoglio del professor Cipriani. La sua notazione...

Questo articolo non sarebbe mai esistito senza la segnalazione di un lettore particolarmente attento che, nell'interpellarci via web, ha scelto come nickname "Prof Cipriani's pride". Tradotto l'orgoglio del professor Cipriani. La sua notazione riguardava il pezzo relativo al monumento di Daniel Libeskind firmato dall'architetto Michele Bollini. Un articolo che - in maniera genuina e dopo aver esplicitamente chiesto all'interessato, testualmente, se fosse tutta "farina del suo sacco" per la pubblicazione, ottenendone risposta affermativa con la sola generica sottolineatura di aver fatto "richiami filosofici alle teorie sull'universo simbolico e sugli universi di significato" - abbiamo grandemente elogiato e valorizzato ieri.

Libeskind-Michele-BolliniEbbene, confrontando la pagina indicata dal nostro lettore, cioè il testo "La formazione delle rappresentazioni collettive" scritto dal professore Roberto Cipriani, ordinario di Sociologia nell'Università Roma Tre, il risultato è stato - diciamo così - sorprendente. Mettendo a confronto l'articolo dell'architetto Bollini diffuso ieri (da noi definito "il migliore di sempre" sul tema) e lo scritto del professor Cipriani, le similitudini tra i due testi appaiono evidenti. Sconfinando, in alcuni casi, nell'identità e nella sovrapponibilità assoluta, come potrete constatare con il confronto diretto che pubblichiamo qui sotto. Casualità? Incredibile consonanza di visioni e idee? Sono possibilità, nel cosmo. Interpellato poco fa, Bollini ha replicato così: "Il professore è uno che leggo e da cui ho appreso molte cose, sono passaggi identici perché quello è l'unico modo per spiegarle certe cose, non ci sono parole più giuste di quelle. Il pezzo di Cipriani parla di universi di significato e universi simbolici, non di LIFE ELECTRIC. Ho anche dei virgolettati nel mio pezzo. Sono teorie che non mi sento di rielaborare, solamente di citare, per questo le ho messe tra virgolette".

Sarà. Però, a parte che i virgolettati non risultano nella nostra versione e non ricordiamo di averli eliminati (cosa però non escludibile a priori), a parte la mancata citazione dell'autore di quegli stessi (eventuali) virgolettati, e a parte la prima risposta "Certo" alla specifica domanda "E' farina del tuo sacco?", la sensazione, ci sarà concesso, è che qui il fato abbia tratti "umani, troppo umani", per stare nel campo delle semi-citazioni.

Di seguito il confronto tra i passi specifici simili o identici nei due testi (in neretto Bollini, in corsivo Cipriani), mentre qui trovate l'articolo originario di Michele Bollini in formato integrale. Le abbiamo elette a simbolo, segno di riconoscimento,rappresentandole continuamente. Coagulando attorno a loro, nel corso degli anni, un insieme vario e coordinato di contenuti valoriali e convincimenti radicati. Lo abbiamo fatto soprattutto nelle forme di rappresentazione sociale dove, l’identificazione con un SIMBOLO, costituisce una certa visione del MONDO LINEARE, produce associazioni, movimenti e gruppi che da esso dipendono, in maniera più o meno diretta. Alla base della “COSTRUZIONE SIMBOLICA”, attraverso la quale si perviene a stabilire che un certo oggetto, ad esempio, divenga un simbolo, vi è una teorizzazione che considera opportuna una certa scelta simbolica invece di altre.

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Ci siamo immersi in questi universi, che tutto spiegano e motivano. Ma ogni universo simbolico è il risultato di un’oggettivazione sociale che porta a considerare una certa idea o rappresentazione come unica, la sola credibile, non contestabile. Chi stabilisce che questi simboli siano effettivamente quelli credibili e che siano soprattutto gli unici? Siamo ancora noi, come individui, che cerchiamo attraverso l’opinione pubblica, le certezze convergenti verso un medesimo orientamento e non verso altri orientamenti possibili o immaginabili.

Da qui le nostre PAURE su LIFE ELECTRIC. Un oggetto che mina i nostri universi simbolici, che ne mette in discussione la loro credibilità. Non è bianco, non è lineare, non si pone in modo razionale alla ragione dello spettatore, non ritroviamo nessun riferimento ad alcuna sezione aurea, è disegnato da un ESTRANEO. Non ci riconosciamo al suo cospetto poiché in essa, non ritroviamo rappresentati i nostri valori, è semplicemente un’altra cosa, parte da altri presupposti, da altre teorie che non riconosciamo come credibili. Soprattutto non è riconoscito dai nostri abituali “OPINION LEADER” cioè, coloro ai quali, abbiamo demandato la funzione sacerdotale della celebrazione dei nostri valori riconosciuti.

E’ l’aspetto più interessante dell’opera di Libeskind che ci siamo persi, accecati dai riflessi di una forma, ci siamo persi la straordinaria opportunità che si cela dietro di essa.

Daniel Libeskind a Como è quanto di meglio ci si possa augurare per la storia dell’Architettura di questa Città, tra le poche ad avere la fortuna di spingersi oltre i propri universi simbolici, mettendosi finalmente in discussione, accettando una sfida contemporanea, “COSTRUTTIVA” e “DECOSTRUTTIVA”, provando l’ebrezza di accostare, ai propri simboli, ai propri valori, teorie diametralmente opposte, presupposti diversi, nuovi scenari, nuovi contenuti.

sono i maggiori fautori dell’idea che la società sia caratterizzata da molteplici fasi di continua creazione. Anche la posizione teoretica che va sotto il nome di individualismo metodologico ha un carattere costruttivista perché assegna al singolo individuo la possibilità di effettuare le sue scelte al di fuori di condizionamenti dualistici e contrapposti. In effetti le stesse fenomenologie collettive (ivi comprese le rappresentazioni sociali) deriverebbero dalle azioni individuali. Il decostruttivismo, da ultimo, mira a rompere la continuità con il passato e con la forme tradizionali di razionalità e di spiegazione, preferendo l’idiografico, cioè la dimensione individuale, unica ed irripetibile, al nomotetico, cioè alla dimensione universale generalizzabile]

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