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Cronaca

Il discorso di Corrado Passera al microscopio: buono a metà (con qualche erroraccio)

“Da oggi abbiamo un nuovo presidente della Repubblica. Benvenuto, sarà garante di tutti gli italiani. Noi lo appoggeremo perché amiamo il nostro Paese e insieme lo rilanceremo”. Ha esordito così, microfono in mano, in mezzo al pubblico e accanto...

“Da oggi abbiamo un nuovo presidente della Repubblica. Benvenuto, sarà garante di tutti gli italiani. Noi lo appoggeremo perché amiamo il nostro Paese e insieme lo rilanceremo”. Ha esordito così, microfono in mano, in mezzo al pubblico e accanto alla moglie Giovanna (“Senza di lei non sarei qua, senza i miei figli non sarei l'uomo felice che sono”), l'ex ministro Corrado Passera (niente giacca e cravatta: solo camicia azzurra) nel giorno della fondazione ufficiale del partito “Italia Unica”. Prima del suo saluto alla platea dei delegati era stata trasmessa sul maxischermo alle spalle del palco una lunga carrellata di immagini con alcuni volti-simbolo degli ultimi 70 anni della storia d'Italia – dall'urlo di Tardelli a Giovanni Falcone, da Berlinguer ad Armani, da De Andrè a Carlo Rubbia per citarne solo alcuni: una "cosa" sbagliata se poi si annuncia un taglio col passato, oltre ad essere ruffiana e stravista. Poi, l'Inno nazionale. Tra un intermezzo e l'altro, la celebre speaker radiofonica di Rds, Rosaria Renna, a presentare le Porte (sedi locali di Italia Unica) e i coordinatori nazionali e locali del progetto oltre ad alcuni tra i 100 sindaci di riferimento.

Alla fine, ecco il manager comasco doc “affrontare” il taglio del nastro della sua avventura politica.

“Che meraviglia questa giornata, oggi in Italia non c'è niente di più bello. Guardate che roba: grandioso, inimmaginabile fino a poco tempo fa. Per me questa è una delle giornate più belle e importanti della vita. Da oggi in Italia c'è un'alternativa totale almeno in politica, ma anche a tante delle cose che non funzionano".

Il discorso di Passera è durato esattamente un'ora e 15 minuti. A prima vista: buona la prima metà (quella paradossalmente dedicata soprattutto agli avversari, come vedremo), meno convincente la seconda, penalizzata dall'impianto scelto all'origine, cioè non entrare nei dettagli del programma ma enunciare alcuni macrobiettivi: tutela della famiglia, rilancio delle imprese e sostegno ai giovani, investimenti sulla Sanità e sul patrimonio culturale, lotta alla corruzione e ai costi della politica, stop all'immigrazione ecc. In sostanza, un elenco di propositi buoni per tutte le stagioni e tutti i partiti, a nostro modo di vedere sbagliato: sarebbe stato meglio puntare su due-tre idee-forza, trascinanti, piuttosto che “affogare” tutto in un lungo elenco. La sensazione è che sulla comunicazione “Italia Unica” debba lavorare enormemente (sarebbe da denunciare chi ha scelto i protagonisti del video iniziale con brevi discorsi di alcuni rappresentati delle Porte: inguardabile).

Ma veniamo alla parte più incisiva dei 75 minuti di discorso. Il grande timore denunciato dall'ex ministro è che il declino italiano tanto spesso evocato possa rapidamente tramutarsi in realtà (vista la sua conoscenza di sistema bancario e finanziario,le sue relazioni internazionali e con il mondo istituzionale, uno scenario credibile da ascoltare al netto dell'ovvia propaganda): “Noi abbiamo unicità e qualità che ci permettono di giocarcela alla grande con chiunque, noi possiamo fare in modo che l'Italia sia uno dei Paesi più forti al mondo e questo lo dimostreremo. Ma ora non è così: il Paese è fermo, rabbia e paura sono virus che hanno conquistato buona parte degli italiani. Ma la rivoluzione è possibile. Il problema fondamentale di questo Paese è la politica: il 97 per cento degli italiani non ha fiducia nella politica. E noi non accettiamo il tavolo della politica di oggi, gli italiani dicono che la politica non va fatta come oggi perché la politica deve essere il meglio di un Paese, non il peggio. La Seconda Repubblica, che oggi ha 10 milioni di disoccupati, ha fallito”.

Onesta e apprezzabile l'autocritica sulla sua presenza nel fallimentare governo Monti: “Il governo Monti ha evitato il fallimento finanziario dell'Italia, ha fatto alcune riforme importanti e ora mi fanno ridere quei partiti che sembrano caduti da Marte e con cui invece abbiamo collaborato per salvare il Paese. Il Parlamento, però, appena scongiurato il fallimento si è messo in “posizione elettorale”. Non voglio in nessun modo salvare il governo Monti ma è sbagliato ricostruire la storia a vantaggio dei partiti che hanno portato l'Italia a quel punto e anche di quei partiti venuti dopo”. Molto bello, l'ultimo passaggio.

Poi, ecco gli “schiaffi” ai leader della scena politica attuale, uniti dal “morbo del populismo” in uno scenario figlio del patto del Nazareno che prefigura una sorta di “Partito della Nazione” Pd-Forza Italia, definito "pericoloso" e accostato spesso ai movimenti autoritari del '900 politico.

“Beppe Grillo ha raggiunto un enorme consenso facendo leva sulle paure degli italiani, senza dare mai risultati. E quando è arrivato ad avere responsabilità di amministrazione, il fronte del no non ha mai funzionato: pensate al termovalorizzatore di Parma: il sindaco Pizzarotti è stato eletto dicendo no all'impianto e poi lo ha acceso. Grillo è termometro del disagio del Paese, non la cura”.

“Matteo Renzi viene da una buona scuola di potere e lo sa usare in maniera molto spregiudicata, ha fatto solo politica nella sua vita. Crede nella politica come comunicazione e autoproclamazione. Ma di grandi riforme non ce n'è traccia. Anzi, semmai Renzi difende la vecchia politica: mi viene da urlare quando sento dire che l'importante è fare qualcosa. Ma vi pare che abbia senso mettere il Senato nelle mani dei consigli regionali? Ma oh! Ma vi pare abbia senso fare una riforma elettorale che combinata con quella del Senato mette nelle mani di una minima minoranza di italiana tutto, dalla Corte costituzionale al Presidente delle Repubblica. L'operazione Renzi è stata solo una sostituzione di gruppi dirigenti: chiamiamo le cose col loro nome. Tanto è efficace Renzi nell'accumulare potere, tanto è inefficace nel dare risposte”.

“Silvio Berlusconi: per 20 anni moltissimi italiani hanno creduto nella rivoluzione liberale, poi non si è realizzato nulla. Quest'ultima fase è la più triste: ma come si fa a buttarsi via così? Molti italiani si sono sentiti traditi dalle alleanze con il Pd, anche perché non si possono fare liste uniche alle provinciali col Pd, dai”.

“Matteo Salvini: facile fare il fenomeno con le felpette targate Lega in tv. Ma poi la realtà è molto diversa. Dare colpa a tedeschi e immigrati di tutte le nostre responsabilità mi fa arrabbiare: se burocrazia e scuola non funzionano, non c'entrano nulla immigrati e tedeschi. E dimentichiamo che parliamo della stessa Lega che voleva quel disastroso federalismo di qualche anno fa e che ha creato il Porcellum”.

Da qui in poi, come si diceva, la seconda metà del discorso è virata verso gli slogan. Con una piccola concessione molto umana e personale alla fine: “Ho diretto grandi organizzazioni ma non ho perso il contatto con la realtà: sono nipote di un medico condotto, sono figlio e fratello di piccoli imprenditori. Tutti mi avrebbero detto “vai avanti”. Tanti di noi possono portare a un progetto politico come questo quella combinazione di coraggio, integrità, spirito di servizio che devono essere la nostra marca di identità. Vogliamo la leadership in ogni parte d'Italia: ci prepareremo alle elezioni politiche, scalderemo i muscoli in quella locali dove possibile ma non non in quelle regionali a cui non crediamo”. Finale, applausi.

Dunque? Dunque, per ora, mah. La competenza del leader c'è. La leadership palpabile da chiunque – sostenitori e no – non ancora. Della comunicazione ancora più che carente, abbiamo detto. Il programma – come tutti i programmi – per ora è molto ambizioso, ma forse ha un che di credibile in più per il curriculum di Corrado Passera. Quanto potrà pesare Italia Unica nello scenario politico nazionale e locale a oggi è un mistero. Chissà che non siano le elezioni per Palazzo Cernezzi, nel 2017, a dare una prima risposta.

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