Il brand di Como? Sul retro dei tabelloni pubblicitari. E' più grave che buffo
Qualcuno dovrà spiegare. E bene, perché quanto accaduto in città in queste ore non è soltanto buffo. In apparenza è anche grave. Ricapitoliamo. Come ricorderete, il Comune di Como nell'autunno scorso ha bandito una gara online per individuare...
Qualcuno dovrà spiegare. E bene, perché quanto accaduto in città in queste ore non è soltanto buffo. In apparenza è anche grave. Ricapitoliamo.
Come ricorderete, il Comune di Como nell'autunno scorso ha bandito una gara online per individuare il nuovo logo/brand utile a rendere riconoscibile la città nel mondo. Sul piatto, 25mila euro, non noccioline. Cifra suddivisa tra spese varie e premio al vincitore, il creativo milanese Pierpaolo Sandroni, al quale sono spettati 10mila euro per il logo vincente "Como Lakexperience". L'iniziativa - anche su queste colonne - non è stata immune da forti critiche e seri dubbi sull'utilità, giusto attutiti - ma non spariti - nella conferenza di presentazione svoltasi 15 giorni fa a Palazzo Cernezzi. In quel caso, tra le altre cose, venne spiegata la priorità assoluta dell'amministrazione cittadina per aiutare a dissipare perplessità assortite e diffuse. Ebbene, lo step essenziale era reputato "far conoscere innanzitutto ai comaschi il logo, perché se ne affezionino e diventi familiare. Per questo - disse allora il capo di Gabinetto di Palazzo Cernezzi, Valeria Guarisco - partiremo innanzitutto con una campagna di affissioni in città, a cui seguiranno sito, social network e altre iniziative ancora".E siamo al dunque, con la profezia avverata a tempo record.
La campagna di affissioni di "Como Lakexperience" effettivamente è partita. Nel modo surreale che potete vedere nelle foto: il logo è stampato su nuovi cartelloni nei quali spicca il nome soprattutto di una concessionaria pubblicitaria. Ma non solo: quel che conta è che, sia all'uscita dell'autostrada di Como Sud, in direzione città, sia - ancora peggio - in via Pasquale Paoli nel tratto finale verso Camerlata, cioè quello a senso unico, il logo costato 25mila euro è stampato sulla parte cieca dei tabelloni pubblicitari, sul retro poco o per nulla visibile per chiunque sia alla guida in direzione centro città. Certo, per il Comune l'operazione è gratis. Ed è altrettanto vero che camminando a piedi sul marciapiede per quanto riguarda via Pasquale Paoli e in auto per quanto riguarda l' A9 il logo si vede se si prende la direzione Milano: ma chi mai nel mondo, quale amministratore oculato, dopo aver speso molti soldi e volesse accogliere un visitatore in città con un proprio brand, renderebbe quello stesso simbolo visibile soltanto al turista o al residente che lascia quella città e non a quelli che entrano nel capoluogo? Siamo al ribaltamento del reale, anche se a costo zero (e fatta salva l'immaginabile soddisfazione della concessionaria pubblicitaria di quei tabelloni, visto che le loro inserzioni saranno sulla parte più visibile e redditizia dei cartelloni e potranno indirettamente godere del "patrocinio" della città).Torniamo all'inizio. Questa vicenda potrebbe essere liquidata con due risate sulle solite stranezze dell'amministrazione pubblica. Chi scrive, al contrario e come già accennato, ritiene che quanto accaduto sia grave. Prima di tutto perché appare assurdo che in quella che è stata definita la nuova frontiera della comunicazione di Como nel mondo, la prima iniziativa - peraltro discutibile - non sia stata nemmeno annunciata, spiegata, motivata da un comunicato ufficiale del Comune. E poi perché - almeno per la collocazione materiale della maggioranza dei manifesti "brandizzati" - l' unico beneficio è sostanzialmente dell'operatore privato che - pur indirettamente - associa i propri legittimi profitti e le proprie legittime attività a un'immagine istituzionale della città, per di più tramite il sacrificio di ogni logica comunicativa per veicolare il logo.
Insomma, a conti fatti, un pasticcio. Che sarebbe già riassunto dalla scritta "Welcome" che in via Paoli parla rivolta al nulla. Ma che in più, per quanto senza spese dirette dell'amministrazione e per quanto non dannoso in senso assoluto, ha trasformato il primo passo del brand in un capolavoro di comunicazione al rovescio. Letteralmente.