Donne, bambini, ragazzi: alla stazione San Giovanni la nuova ondata di profughi
L'afflusso è costante, senza soste. Ogni treno in arrivo dalla Svizzera e diretto a Milano lascia alla Stazione San Giovanni di Como un drappello di una decina di profughi, per la stragrande maggioranza eritrei e somali. Giovani, giovanissimi...
L'afflusso è costante, senza soste. Ogni treno in arrivo dalla Svizzera e diretto a Milano lascia alla Stazione San Giovanni di Como un drappello di una decina di profughi, per la stragrande maggioranza eritrei e somali. Giovani, giovanissimi: non sono pochi i bambini e almeno la metà sono ragazze, donne. Tutti, almeno dai frammenti di colloqui intavolati tra banchine e atrii diventati giacigli se non dimore improvvisate, arrivano qui dopo un doppio passaggio: la fuga dagli straripanti centri di accoglienza di Milano, sovraccarichi oltre I limiti, e poi il tentativo via ferrovia di entrare in Svizzera per poi disperdersi probabilmente nelle mille vie d'Europa (molti altri, comunque, tentano di varcare la frontiera anche a piedi o con mezzi di fortuna, regolarmente rimbalzati e di ritorno a piedi sulla A9 come abbiamo descritto qui).
Una volta scesi a San Giovanni dai convogli, i profughi - almeno una cinquantina quelli presenti alle 22 di domenica, ma nel corso della giornata sicuramente sono arrivati a numeri ben più consistenti - si abbracciano, si salutano e soprattutto tendono la mano ai giovanissimi volontari vicini a don Giusto, il parroco di Rebbio, incessantemente impegnati a distribuire acqua e cibo sotto gli occhi della camionetta della polizia dall'altro lato del parcheggio antistante lo scalo (presente anche il consigliere comunale di Paco Sel, Luigino Nessi). Segno, questo, che ai piani alti di Questura e Prefettura la situazione è nota, anche se al momento non si percepisce la predisposizione di alcun piano coordinato di accoglienza dei migranti.