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Cronaca

"Como, malato grave senza medico". La politica debole in 4 prospettive

L'atmosfera al Circolo culturale di area socialista "Willy Brandt" ha quel fascino della nobile decadenza che può attrarre o respingere, difficile trovare una via di mezzo. Non proprio un tempio della gioventù, la sede di via Bari a Como ha...

L'atmosfera al Circolo culturale di area socialista "Willy Brandt" ha quel fascino della nobile decadenza che può attrarre o respingere, difficile trovare una via di mezzo. Non proprio un tempio della gioventù, la sede di via Bari a Como ha comunque - rispetto a quelle linde e asettiche di molti partiti attuali - un'anima forte che avvolge tutto, dalle pareti un po'scrostate alle seggiole da collegio, passando per i poster di Mazzini, i volti in bianco e nero dei padri nobili fino al Tricolore nell'angolo. Ieri pomeriggio, il presidente Giuseppe Doria ha coordinato l'incontro "Immaginare il futuro di Como: non solo ex Ticosa e lungolago". Una trentina di presenti: non molti, ma gente "vera" rispetto ai cartonati di molti noiosissimi convegni politici con il peones accerchiato a suo volta da altri peones e figuranti a cottimo.

bonifica-ticosa-3Tre ospiti, che davvero l'uno con l'altro azzeccavano nulla: l'ex sindaco di Como Sergio Simone, l'architetto Attilio Terragni, il vicepresidente degli albergatori Andrea Camesasca. Eppure, il mix - misteriosamente, senza minimamente riuscire - è riuscito perfettamente. Impossibile dire come e perché: l'intervento di Simone, novecentesco al midollo, ha ricostruito ad ampie pennellate la storia urbanistica - in chiave socialista - della Como moderno-contemporanea, quando i partiti erano (nel bene e nel male) i centri motori di ogni scelta. Terragni - che incredibile qualità possedere insieme l'eloquio e la sintesi, beato - ha parlato delle città "distrutte dalla democrazia" eppure ancora lì, in tutta Italia Como inclusa, a mostrare al mondo i loro "volti femminili ormai fissati come per magia" nelle piazze, nelle vie, nelle architetture. Camesasca, il più giovane del quartetto, ha dato un respiro contemporaneo al discorso complessivo, sfoggiando termini inglesi scivolati rapidamente via della percezione collettiva, ma pronunciando una frase che, da sola, valeva il resto: "Parliamo della città, va bene. Ma Como ha bisogno della sua provincia, del suo lago, di tutto il suo territorio. Finché si penserà alla differenza ontologica tra Sorico e Gravedona, non andiamo da nessuna parte né a Como né altrove". La "differenza ontologica tra Sorico a Gravedona": magnifico.

Fin qui, dunque, il sunto. Poi c'è il dato di fondo, il fil rouge di quell'incontro: l'accusa, a tinte diverse, di una politica comasca (Como città) debole, confusa, passiva verso l'esterno, incapace di programmare. Inadeguata. Oggi come ieri (secondo Simone, l'altroieri).

Non si sarebbe sentito Doria parlare di una Como "che sembra uscita dalla guerra in alcune zone, bombardata, piena di rovine, che rischia di dare l'idea di non avere un futuro e dove la politica è assente, senza capacità programmatoria e di progettazione" e l'ex primo cittadino affermare che "così uno arriva e propone un progetto di nuovo stadio, un altro piazza un monumento e un altro ancora vuole fare un autosilo sotto le mura: tutto così, senza che la politica decida".

monumento-libeskind-rendering-13Concetti molto simili a quelli espressi da Terragni: "Oggi la città è in coma profondo. E' vero: si piazza un monumento sulla diga e non succede niente, si parla di parcheggio in viale Varese e non succede niente. Eppure al malato grave non servono operazioni traumatiche. A dire il vero, per curarlo servirebbe un miracolo ma quantomeno si dovrebbero avvisare i famigliari della situazione, si dovrebbe scegliere un medico curante adatto, cioè un sindaco, che abbia la cultura necessaria, che sappia l'inglese e sia tecnologicamente preparato e magari che abbia il dovere di essere uno studioso culturalmente all'altezza. Lasciamo perdere parcheggi, monumenti, stadi come fossero fette di salame messe una sull'altra. Ci si inchini davanti alla città e la si curi". Accenno velenoso dell'architetto al caso Ticosa: "Per risolvere il problema si buttino via avvocati, commercialisti e notai. Si azzeri tutto e si riparta da capo".

Camesasca ("Io non amo spasmodicamente questa amministrazione di Como, ma nemmeno per quella precedente"), pur sottolineando che "il comasco spesso è un antagonista" ha poi posto una domanda leggera solo in apparenza: "Ma davvero qualcuno crede che sviluppo e lavoro possano ripartire dalle fabbriche, qui?". Verrebbe da dire di no.

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