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Como, la vergogna del forno crematorio rotto e le ceneri del dibattito politico

EDITORIALE - Il consiglio comunale di Como si appresta nelle prossime a scrivere una pagina come molte altre. Una pagina grigia, non certo infamante ma tutt'altro che gloriosa, su cui il virtuale inchiostro delle parti inciderà l'affermazione...

Tornando al caso specifico, il documento presentato lunedì sera in aula da Luca Ceruti per chiedere le dimissioni di Marcello Iantorno verte tutto attorno a una vicenda peculiare. Ne abbiamo diffusamente parlato con questo articolo, ma si può riassumere così: a fronte del deposito in Comune, nel giugno del 2014 - dunque addirittura più di due anni fa - da parte di tre aziende private di un progetto per rifare completamente il forno crematorio di Como con fondi propri, il Comune di Como non ha mai sostanzialmente dato seguito formale (foss'anche per bocciarla) alla proposta.

Ferro-Gerosa-6feb16Anzi, nella ricostruzione fatta dal capogruppo Cinque Stelle in aula, né gli uffici, né il dirigente dell'epoca, Antonio Ferro, né gli assessori alle Opere pubbliche Daniela Gerosa e appunto Marcello Iantorno (Servizi Cimiteriali) hanno mai nemmeno risposto entro i termini previsti. Quel progetto, dunque, dopo due anni di sospensione nel nulla, alla fine è stato ritirato e soltanto pochi mesi fa un altro aggregato di imprese del settore ha presentato a Palazzo Cernezzi una nuova proposta riveduta e corretta di cui è iniziato l'iter di analisi e forse di approvazione finale. Del perché il primo progetto non venne mai preso in considerazione, l'assessore Marcello Iantorno - ritenuto da Ceruti responsabile principale della perdita di due anni di tempo per le vicende già citate - ha replicato con una lunga lettera che potete leggere qui.

fumo-forno-crematorio-1Al di là di torti e ragioni espressi finora e che ulteriormente torneranno in aula giovedì sera alla ripresa del dibattito, il punto vero è un altro.

A Como c'è un forno crematorio - servizio sempre più richiesto dalle famiglie - che ormai da lustri, anzi sin dalla sua inaugurazione, accusa problemi, guasti e malfunzionamenti da piccoli a gravissimi. Il tutto con spese enormi a carico del Comune di Como per le riparazioni del caso e, ancora peggio, con il riverbero di disagi, problemi e costi maggiori sulle spalle delle famiglie, già provate dal momento doloroso in sé. Ebbene, ora siamo arrivati al punto che l'ennesimo guasto dell'impianto - che già funzionava a mezzo servizio da anni - ne ha completamente fermato le attività dal 4 giugno scorso e fino a una data da destinarsi, che a oggi nessuno sa. Al netto dell'ipotetica speranza del Comune di dare a breve l'ok alla seconda iniziativa privata per rifare l'impianto, così da non dover pompare altre migliaia di euro nell'ennesima toppa raffazzonata, si è comunque davanti a una resa assoluta e indecorosa della pubblica amministrazione, annunciata da lungo tempo e oggi gestita ignobilmente senza uno straccio di ammissione pubblica o di comunicazione ufficiale, formale, dettagliata su cause, origini e soluzioni del problema. Tutto "giocando" direttamente sul dolore e sulle tasche dei cittadini che per usufruire del servizio devono rivolgersi ad altre città. Ebbene, a fronte di tutto questo la politica cittadina come si pone? Con le logiche di schieramento: la maggioranza (pur con qualche mal di pancia, pare) si schiererà compattamente a difesa dell'assessore nel mirino della mozione di sfiducia perché un esponente del Pd, a 10 mesi dal voto, "non si può comunque sacrificare", "il momento è già difficile", "dobbiamo essere compatti". La minoranza, che su un tema poco "chic" come il forno crematorio finora non ha emesso un solo gemito, attaccherà in parte come da copione, salvo poi dimenticarsi dell'enorme problema a monte un secondo dopo la sconfitta ai voti. Sempre se non sarà troppo impegnata - come possiamo riferire a ragion veduta - a valutare se sfiduciare Iantorno (sebbene in maniera non vincolante) possa portare all'ingresso in giunta di altri esponenti del Pd più o meno graditi dell'assessore in carica e quindi, unicamente in base a simpatie personali, magari dividersi sull'appoggio o meno alla mozione. Meccanismi infernali del dibattito politico, al limite dell'allucinazione autoreferenziale, dove l'autoconservazione, un tatticismo senza respiro e i recinti dell'appartenenza politica ormai valgono più della negazione alle famiglie di un servizio, della soluzione del problema, dell'individuazione sincera di chi o di che cosa lo hanno prodotto. Si è davanti alla scomparsa non soltanto delle eventuali responsabilità singole, ma addirittura dei fatti veri e propri, figli di nessuno.

Insomma - in un quadro che va molto al di là del destino specifico del singolo assessore - la sensazione è che al posto di quelle negate a parenti e famigliari, questa vicenda sia prossima a consegnare a Como l'ennesimo mucchietto di ceneri della politica.

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