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"Chiusa qui dentro". Così si vive nelle case popolari di via Spartaco

Oggi raccontiamo la storia di Maria che da 14 anni sfida il cancro e se ne fa beffe a colpi di sorriso. Ha 79 anni e occhi più vivi di un giovinetto. Abita in via Spartaco a Como, nelle case comunali, tra barriere architettoniche, amianto e...

Oggi raccontiamo la storia di Maria che da 14 anni sfida il cancro e se ne fa beffe a colpi di sorriso. Ha 79 anni e occhi più vivi di un giovinetto. Abita in via Spartaco a Como, nelle case comunali, tra barriere architettoniche, amianto e degrado. Maria chiede solo il diritto a una vita dignitosa e riservata. Esige rispetto.

Maria ha scritto una lunga lettera al Comune di Como. Una lettera dove racconta la sua storia, dove chiede con grande forza ciò che è diritto inalienabile di ogni persona: il diritto alla salute, al sostegno, a una casa dove abitare e potersi curare serenamente e in pace. Un estratto della lettera

Sono nata nel 1935 ed è dal 1960 che abito in via Spartaco.Ho visto i bambini crescere e intere generazioni buttarsi via in nome della droga. Fortunatamente ho visto avvicendarsi giovani che hanno scelto di vivere la loro vita con entusiasmo. Hanno lasciato via Spartaco, un quartiere per lo più riservato alla terza età. Bellissima la terza età: si ha la saggezza, la voglia di fare ma si deve fare i conti con la solitudine e con la salute. E se ti abbandona, quest'ultima,sono guai. E' successo a me. Dal 2000 lotto contro un lemiosarcoma. Bestia grama.

Ho combattuto, lo sto facendo ancora ma lui non si ferma. Ho subìto otto interventi. (…)

La mia casa è minuscola e non posso muovermi. So che ci sono appartamenti che mi permetterebbero di vivere una vita dignitosa e riservata. Le mie richieste vengono ignorate. Qui siamo personcine con amor proprio, contegno, educazione e cultura. Ma non perché non manifestiamo, non urliamo e non diciamo parolacce dobbiamo essere dimenticate. Esigiamo rispetto. Io, almeno, esigo rispetto da parte di chiunque. Soprattutto da parte Vostra.

“Che bella cosa la terza età” scrive Maria. Già. L'età del riposo, si dice. Ma non tutti vogliono riposare. Li chiamiamo anziani e malati come fossero una categoria speciale, come fossero un tutt'uno indistinto di cui, spesso con malcelata indisposizione, la società si deve occupare. E' sufficiente uno sguardo di Maria per capire come la mente possa macinare pensieri sempre nuovi, ironia e voglia di raccontare indipendentemente dal punto anagrafico che segna la nascita di un individuo. Ci sono giovinetti molto più noiosi e lenti di comprendonio. La storia di Maria è una delle tante di via Spartaco. Decine di appartamenti lasciati lì, a morire in un angolo periferico di una città tutta arrovellata sul suo centro. Che poi, a ben pensare non è nemmeno il centro, ma la parte terminale, a Nord. E non c'è espressione più brutta di “salotto buono” per definire piazza Cavour, come se il resto fossero tinelli e cantine. Non si tratta di puntare il dito contro questo o quel sindaco. Le amministrazioni vanno, vengono, i politici sono nomi che cambiano nel tempo. Piuttosto è necessario capire come una collettività possa occuparsi di sé stessa badando ai propri figli, siano essi appena nati o in viaggio su questo mondo da decine d'anni.
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