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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Bollino anti-italiani nei negozi ticinesi, il giornalista Rai: "Basta formaggio con i buchi e orologi"

Ha aspettato il turno del suo editoriale quotidiano di 5 minuti, all'interno del popolarissmo contenitore di "Uno Mattina" (Rai 1, ore 7.45) e poi stamane il giornalista e conduttore della televisione nazionale, Franco Di Mare, non si è...

Ha aspettato il turno del suo editoriale quotidiano di 5 minuti, all'interno del popolarissmo contenitore di "Uno Mattina" (Rai 1, ore 7.45) e poi stamane il giornalista e conduttore della televisione nazionale, Franco Di Mare, non si è trattenuto. E commentando la decisione del piccolo Comune ticinese di Claro, dove il sindaco ha introdotto un bollino al costo di 10 franchi che gli esercenti possono esporre sulle vetrine dei negozi o sulle auto per dichiarare testualmente "Noi impieghiamo personale residente", ha annunciato il boicottaggio di due prodotti simbolo della Svizzera: formaggio con i buchi e gli orologi.

Dopo aver dato conto della difesa del primo cittadino di Claro a sostegno dell'iniziativa ("Non chiamatelo razzismo, il suo ideatore di offenderebbe; non è nemmeno xenofobia, è solo un'idea per proteggere manodopera locale"), e dopo aver sommariamente spiegato il fenomeno del frontalierato, il giornalista della Rai ha anche aggiunto che - sempre stando alle ricostruzioni del sindaco - l'iniziativa sarebbe nata perché più di uno svizzero preferirebbe pagare le merci più care piuttosto che sapere che i suoi soldi - tramite stipendi agli italiani - finiscano oltreconfine.

"Ora - ha dunque attaccato Franco Di Mare - a parte il fatto che se gli evasori fiscali italiani ritirassero i propri capitali dalle banche svizzere, e sarebbe ora, una parte dell'economia ticinese crollerebbe, resta l'amaro in bocca per essere additati come ladri di lavoro e reietti. Per non parlare di quella sensazione di dejà vù che suscitano quei bollini sulla purezza residenziale che ricordano altre purezze". E a quel punto il giornalista ha mostrato sul maxischermo alle sue spalle i cartelli che molti negozi italiani, a partire dal 1938, subito dopo la promulgazione delle leggi razziali da parte della dittatura fascista, esposero sulle proprie vetrine con la scritta "Questo negozio è ariano".

"La mia decisione non sposterà nulla - ha concluso il giornalista Rai - ma da ora in poi ci penserò due volte prima di acquistare formaggio con i buchi o un orologio a cucù".

E intanto la Lega dei Ticinesi chiede l'intervento del governo svizzero.

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