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Giovedì, 25 Aprile 2024
Editoriale

Un mese di green pass, va tutto bene?

Più che possederlo ne siamo posseduti

Ad un mese dall'introduzione del certificato verde, che dal 15 ottobre diventerà ancora più draconiano, le nostre abitudini sono radicalmente cambiate. In altre parole ci muoviamo scortati da una sorta di carta d'imbarco permanente. Senza green pass non si può fare praticamente nulla. C'è un QR code da mostrare quasi ovunque: al cinema, al teatro, al ristorante, in treno, in aereo, all'università, in palestra, in piscina. Tra poco anche al lavoro.

Un lasciapassare rispetto al quale ci limitiamo ad osservare come sia stato stravolto il quotidiano, vincolato ad ogni passo dal suo possesso. Senza entrare nel merito delle sue tangibili contraddizioni - tanto ormai è chiaro a tutti che è uno strumento messo in atto per costringere più persone possibili a vaccinarsi, fino a quale numero di dosi lo scopriremo solo vivendo - resta il fatto che senza green pass, da conservare in tasca o nel telefonino, non è più possibile una vita normale. 

Tra rassegnazione ed esultanza, più che possederlo ne siamo posseduti. Una volta ottenuto, più per via vaccinale che per quella troppo provvisoria del tampone, cè chi si sente libero come se gli avessero regalato un passe-partout per la libertà (vigilata). Si dirà, si dice, che quello del green pass è un provvedimento conforme alla pandemia in corso. A un'emergenza mai finita che impone l'utilizzo di stumenti adeguati al contenimento delle infezioni.

Va da sé, quasi due anni di pandemia lo dimostrano, che il virus resta un'abile slalomista. E alla fine i paletti stanno rendendo la vita più difficile alle persone che non al covid, che continua la sua corsa adattandosi velocemente ad ogni nuova curva. Sembra quasi una gara a chi si stanca prima. Per ora vince nettamente il virus per distacco. Noi, semplici avversari che la competizione l'abbiamo subita e non cercata, siamo decisamente sfiniti. Guidati da un capitano che invece di unire la squadra sembra volerla dividire. 

I cattivi sono stati messi in panchina, mentre tutti gli altri giocano nervosi e sempre più incazzati, consapevoli che per arrivare alla vittoria - nonostante in campo sia stato schierato il "jolly" green pass - ci sarà da sudare ancora a lungo. Forse alla fine vinceremo ai rigori. Magari con un gol segnato dalle riserve. E allora, forse solo allora, torneremo ad abbracciarci di nuovo tutti insieme. Ma senza nemmeno più la forza per esultare: riporremo le armi, il foglio verde e torneremo a casa. In silenzio. 

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