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Editoriale

Turismo sul lago di Como: con queste regole sarà peggio dell'anno scorso

L'annullamento del Salone del Mobile potrebbe essere il campanello d'allarme

Claudio Luti, presidente del Salone del Mobile di Milano, si è dimesso. Quando ha capito che sarebbe stato molto difficile organizzare l'evento a causa dell'intenzione di diverse aziende a non parteciparvi, Luti, forse giustamente, ha gettato la spugna: o si rema tutti nella stessa direzione o non si va da nessuna parte. Il Salone si dovrebbe svolgere dal 5 al 12 settembre ma la sua organizzazione è a rischio perché, come detto, alcuni grandi marchi scoraggiati dalle norme anti-covid credono che possa essere uno spreco di energie senza ritorno. In questo modo, però, il settore del design e dell'arredo non riuscirà a dare un segnale di compattezza e un'immagine unitaria nel manifestare la volontà e la forza di tornare a lavorare come si deve. 
Sarebbe un altro durissimo colpo all'economia non solo milanese ma lombarda e a farne le spese più di altri territori, capoluogo meneghino a parte, sarebbe proprio il Lago di Como il cui brand, costruito con tanta fatica negli anni, regge ancora ma traballa. 
L'eventuale annullamento del Salone è un campanello d'allarme. Lo è il solo semplice fatto che ci sia questo rischio. E' il segno che la normalità, vecchia o nuova che sia, è ancora lontana e che non ci sono certezze neanche per questa seconda estate dell'era covid. Anzi, è inutile raccontarsela con gli hashtag #andratuttobene, questa estate sarà peggiore della precedente per il turismo lariano e non solo.
Facciamoci caso: l'anno scorso a maggio bar e ristoranti hanno potuto riaprire i battenti e adottando qualche misura precauzionale, come tavoli distanziati, posti contingentati, gel per le mani e così via, sono di fatto tornati a lavorare bene, così come case vacanze e hotel, anche perché la gente era stanca e stressata dai lockdown e aveva voglia di tornare a vivere. Il ritorno alla vita è stato possibile anche perché ancora nessun geniaccio della politica, consigliato o meno da qualche geniaccio della scienza, aveva sfilato dal cilindro quel coniglio chiamato coprifuoco. Quest'anno il coprifuoco c'è e ci sarà.
Facciamoci caso: nessuno lo mette più in discussione come misura, tutt'al più si discute sull'orario, se spostarlo alle 23 o a mezzanotte. E se ci dicono che forse ci verrà concessa un'ora in più di libertà alla sera ci sembra già una conquista, quasi come se le cose finalmente tornassero ad andare meglio. No, non è così: le cose stanno andando peggio, nonostante i vaccini.
Facciamoci caso: l'anno scorso non c'erano i vaccini ma ci si spostava liberamente per tutta l'Italia, Paese unico e indivisibile, dove il federalismo lascia il tempo che trova. Quest'anno, invece, ci sono i vaccini, e proprio per questo, pur senza che ci siano dogane e valichi, passare da una regione all'altra sarà come attraversare il confine di un altro Stato: non servirà la carta di identità o il passaporto ma la certificazione vaccinale o di avvenuta guarigione o di tampone negativo. Come si fa a negare, quindi, che quest'anno per il turismo sarà un'estate peggiore di quella precedente se gli spostamenti anziché essere agevolati saranno resi più difficoltosi?
L'anno scorso nei bar e ristoranti si mangiava anche al chiuso, quest'anno sembra che questo possa essere precluso chissà fino a quando. E l'estate, purtroppo, vola. Ritrovarsi a settembre è un attimo e se viene  meno anche l'ultimo colpo di coda - ciò che poteva essere il Salone del Mobile - significa che sul Lago di Como il turismo, la cui stagione andava da marzo a ottobre, quest'anno si condenserà in tre miseri mesi. Per carità, è lecito aspettarsi un afflusso incredibile di turisti, ma è poco realistico.

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