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Giovedì, 25 Aprile 2024

Maurizio Pratelli

Collaboratore

La stagione dell'oro, bagliori sul lago di Como

Lake Como, polvere di stelle

Nei giorni scorsi ho letto un bellissimo articolo di Philip Di Salvo, giovane talento comasco che da qualche tempo si è trasferito in Inghilterra. Una lunga e articolata riflessione in cui l'autore ripercorre la storia recente della nostra città. Un'analisi, per certi versi molto amara, che pone grande attenzione sulle contraddizioni di Como e sul rischio che si stia rapidamente trasformando in una piccola Venezia da sfruttare di giorno e lasciare deserta la sera. 

Difficile ribattere, sono parole che meritano grande attenzione fino all'ultima riga, dove inevitabilmente affiora anche il recente caso di Villa Olmo, il più grande e prezioso parco pubblico della città affittato per un mese a un ricco magnate d'Albione. Non ho molto da aggiungere a quanto affermato da Di Salvo, se non allargare il suo pensiero al lago di Como, diventato negli anni più una grande Nantucket che una piccola Venezia.

Chiunque abbia letto almeno qualche capitolo del Moby Dick, il capolavoro di Herman Melville, ricorderà la magica isola dei balenieri al largo del Massachusetts, dove Ismaele si imbarca sul Pequod ai comandi del capitano Achab. Sull'onda di quelle pagine, molti anni fa, sono andato due volte a Nantucket alla ricerca dello spirito di quell'epico romanzo. Durante il secondo viaggio, il primo fu solo un veloce respiro, mi fermai qualche giorno in più, ospite nella casa di un anziano medico dell'isola, forse uno dei pochi grandi vecchi rimasti ancora a raccontare la memoria di quel luogo. Già negli anni Novanta Nantucket si stava infatti rapidamente trasformando in un'isola sempre più esclusiva, con proprietà e alberghi tra i più importanti d'America. 

Un po' quello che sta succedendo al Lago di Como, che da popolare meta turistica si è trasformato nel giro di poche stagioni in un brand del lusso internazionale. Negli ultimi anni abbiamo assistito, anche con un certo orgoglio, a una vera e propria rivoluzione: i grandi marchi della moda, le star del cinema, della musica, dello sport, tutti i vip del mondo hanno fatto a gara per mettere in agenda un appuntamento al lago di Como. Una notorietà che all'improvviso ha messo in vetrina tutti i suoi gioielli, diventati set di vacanze, di matrimoni, film, eventi, campagne pubblicitarie che hanno fatto il giro del globo. Un Golden Lake, un magico specchio in cui riflettere e diffondere la propria luce.

Un patrimonio economico enorme, che via via ha moltiplicato gli alberghi a 5 Stelle, le residenze da mille e una notte. Insomma il vecchio Lario si sta sempre più affermando come un luogo dove si possono spendere diverse migliaia di euro anche per un solo weekend. Un fiume d'oro che tutti stanno inseguendo come fosse il leggendario El Dorado. Nulla di male, per carità. Tuttavia quella che si sta diffondendo è una dimensione che per certi versi potrebbe anche apparire fuorviante se non fugace. Soprattutto se non accompagnata da una visione in grado di offrire un panorama più complessivo e non esclusivo del lago di Como 

Che resta un bene enorme da conservare nella piena compatibilità del suo valore paesaggistico. Tutelato e non snaturato da un luccichio moderno che ne sta facendo il suo abito da sera in pailette. Un equilibrio da ritrovare proprio nel momento in cui la brama della sua fama lo sta "consumando". Attrarre il jet set internazionale è sempre stato nelle sue corde, si sa. Ma la nobiltà è solo un bel ricordo in bianco e nero cancellato dal colore abbagliante dell'era social. Un tempo il lago di Como ispirava poeti e pittori, oggi produce selfie e stories che lasciano alla polvere romanzi e tele. Realtà superficiali sull'acqua di un lago che resta molto più profondo del suo ricco velo d'oro senza leggenda. Polvere di stelle?

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