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Martedì, 16 Aprile 2024
Editoriale

Se questa "africanella" vi potesse guardare negli occhi

Razzismo e violenza verbale anche nei commenti agli articoli su Fatoumata Diawara

La violenza dei commenti Facebook ai nostri articoli è un tema rispetto al quale non possiamo più tacere. Quest'ondata di razzismo non è più tollerabile. Non è una questione di opinioni, rispetto alle quali saremo sempre in ascolto. No, la faccenda è ben diversa ed è figlia di un clima che sta diventando ogni giorno sempre più irrespirabile. 

Questo violento razzismo, rispetto al quale tacere è omertoso, ha un colpevole e lo si deve dire. Averlo alimentato con la paura, con slogan elettorali degni del Medioevo, è una colpa gravissima attribuibile a una classe politica incapace di far crescere un paese civile. Cullare l'ignoranza, crescendo l'odio per il diverso, è una colpa enorme per chi ha l'ambizione di guidare un popolo. Non vogliamo riportare qui i commenti più cruenti, persino penalmente rilevanti, che abbiamo dovuto leggere prima di doverli oscurare 

Preferiamo fermarci a quello letto in seguito a un articolo su Fatoumata Diawara. Di lei ci siamo occupati in queste settimane prima per il suo concerto insieme a Jovanotti poi per il suo lavoro con Damon Albarn. Sia nel primo caso sia nel secondo sono piovute decine di commenti razzisti sulla nostra pagina Facebook, tutti ovviamente rivolti a Fatou per il colore della sua pelle, orgogliosamente nera. Ne abbiamo scelto uno ad esempio (quello che vedete sotto) perché ci sembrava chiedere una risposta. Allora lo facciamo qui, pur sapendo che il "signore" in questione non lo meriterebbe, solo perchè il suo non è certo un caso isolato. Commenti ben più volgari di questo si contano oramai quotidianamente a centinaia. La favoletta che gli italiani non sono razzisti purtroppo evidentemente non regge. Di più: qualcuno li ha autorizzati ad esserlo. 

africanella - fb-3

Dunque: "Chi è questa "Africanella"? Ora proviamo a spiegarlo. Questa "africanella", che lo scorso anno aveva tenuto al Teatro Sociale di Como una meravigliosa lezione politica a suon di canzoni, è una donna coraggiosa prima ancora che un'artista straordinaria. Una donna del Mali con una storia immensa sulle spalle: di dolore, di guerra, di povertà. Fatou è una donna con un grande carisma, con un sorriso magnetico e una gioia contagiosa. Un'artista che ha veicolato nella musica la sua incredibile forza, rendendo la sua voce un meraviglioso strumento per predicare la pace e ricordare che viviamo tutti con lo stesso sangue rosso. Non ha importanza se vi piacciono o no le sue canzoni, quel che conta è il messaggio che portano. Sarebbe piaciuta tanto anche a John Lennon. Invece qui, in un Paese in cui la cultura conta meno di un voto, Fatou la si copre di insulti. Persino a Como che è la città dove ha deciso di far nascere suo figlio. 

Qui dove "prima gli italiani" senza nemmeno conoscere l'italiano che si studia in prima elementare. Certi commenti andrebbero cancellati anche solo per questo. Proprio oggi un nostro lettore ci ha scritto lamentandosi di come i commenti odiosi e intimidatori siano sempre più frequenti a seguito di fatti di cronaca e persino negli articoli, appunto, scritti su Fatoumata Diawara. Caro Fabio, hai ragione: è una questione che ci assilla ogni giorno e complica il nostro lavoro di cronisti. Saremo sempre più attenti e intolleranti nei confronti di chi usa la nostra pagina Facebook non per esprire un'opinione ma solo per odiare usando un linguaggio violento e razzista. Dateci una mano, segnalateci ogni commento che sia offensivo della dignità delle persone tutte. Mai come in questo momento occorre porre un'argine a questa deriva che definire solo populista sarebbe un grave errore. 

Ci consola una sola certezza: se un giorno Fatou dovesse guardarvi negli occhi - a voi che usate la tastiera per odiare e insultare senza conoscere - abbassereste tutti lo sguardo e le chiedereste scusa per la vostra viltà, per le vostre miserie. Perchè dal 1939, l'anno in cui Billie Holiday cantò per la prima volta Strange Fruit, 80 anni sembrano passati invano. 

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